Fino a qualche anno fa a Roma non si andava oltre il mojito e il vodka tonic e ora eccoci qui con gli speakeasy che proliferano, alzando di tantissimo la qualità media del bere in città grazie a cocktail sopra le righe. Nascosti in una paninoteca, mimetizzati tra i portoni in strada o celati all’interno degli stessi bar, sono angoli appartati dove il barman si trasforma nel migliore amico mai avuto: quello con cui fare chiacchiere sui massimi sistemi a notte fonda, mentre ti versa drink che mai avresti immaginato di bere.
La loro origine è fissata agli inizi del 1900, quando negli Stati Uniti si misero in testa di proibire la vendita pubblica di alcolici. Una follia che non riuscì minimamente a modificare i comportamenti, ma solo a far proliferare attività clandestine in retrobottega, sottoscala e altri posti reconditi. Speakeasy il nome in codice: parola che la leggenda attribuisce Kate Hester, gestore di un saloon che si era ribellato già decenni prima a un aumento di tasse sugli alcolici passando all’illegalità, per cui nel suo locale si doveva parlare a voce bassa, e si doveva parlare della sua esistenza in maniera blanda. Altra cosa ancora erano i blind tiger e i blind pig, dei falsi luoghi d’attrazione in cui dietro pagamento di un biglietto veniva “offerta” una consumazione alcolica.
Ecco a voi cinque destinazioni clandestine dove siete caldamente consigliati di andare, previa parola d’ordine.