Due anni, otto grandi quaderni, un centinaio di oggetti, due grandi tavole che hanno oscillato da un capo all’altro: dalle mani di Caroline Peyron a quelle di Black Napkin, da quelle di Black Napkin a quelle di Caroline Peyron. Scambio di segni, di parole, di immagini, di cose per costruire atlanti di memorie nuove e ormai indistinguibili. Le due posizioni estreme del pendolo alla fine si sono infatti confuse, le memorie per segni e immagini non hanno più nè un inizio né una fine; le visioni sono diventate realtà incollate su carta e tutto il piacere di chi guarda è di essere in quella realtà o forse di non esserci.
Scritto da Alberto Asquini