Mio zio, uno che arriverebbe anche alle mani, qualora venisse messa in discussione l’integrità artistica e morale di Robert Zimmerman (alias Bob Dylan), sostiene che la qualità della colonna sonora realizzata da questi per “Pat Garrett & Billy The Kid” (in cui l’intoccabile appare anche nelle vesti di attore) superi grandemente quella della pellicola prodotta dal probo Peckinpah. Film in cui, al di là dei discutibili gusti personali, certi aspetti speculari, come quelli della brutalità e della violenza, tendono ad essere rappresentati con sentimento non meno lampante, rispetto a quello manifestamente riscontrabile in un altro celebre capolavoro come “The wild bunch” (“Il mucchio selvaggio”). Pare ovvio che “Bloody Sam”, così maledettamente autorevole nel saper confutare l’ineluttabilità dell’esistenza, preferiva guardare – piuttosto – a quell’appetito per la distruzione, per la disgregazione e per il caos, insiti e ben radicati nel nefasto individuo, sia che questi vesta i panni del vincitore oppure del vinto. Il cinema di Peckinpah è un cinema legittimamente bisunto, onestamente crudele, come innegabilmente lo è la forza contenutistica – piuttosto massacrata, a suo tempo, dalla censura – di cui è permeato l’angoscioso “Straw dogs” (“Cane di paglia”). Altra visione, direi imperdibile, per il quale potremmo essere indotti – come qualcun altro aveva, di fatto, precedentemente suggerito – a porci la seguente domanda: ma la civiltà, è a tutt’oggi ferma allo stadio tribale? Presuppongo di si, a giudicare dal delirio di rumori che, per esempio, genera costantemente quello zotico del mio vicino soprastante.
Scritto da Simöne Gall
