Ci sono luoghi a cui ci si affeziona più facilmente che ad altri. Per motivi tangibili. Nel caso delle gallerie sono diverse le carte da valutare e le più evidenti si capiscono sul campo: l’impegno, la ricerca, la serietà e la passione nella selezione e cura degli artisti sono valori abbastanza rari. Soprattutto in un momento economicamente complesso come quello di adesso, dove si tende a mostrare artisti storici, più sicuri sul mercato. Per questo la mostra sviluppata in occasione del Miart che sta per arrivare va presa in considerazione seriamente: trattasi di una collettiva di artisti consolidati della galleria che presentano dei pezzi inediti, realizzati ad hoc per questo momento. Tuttofuoco e Sala, ad esempio, svelano un nuovo corpo di lavoro sviluppato recentemente.
Questa collettiva visione sul futuro però non è delle più floride. In questo group show Salvatore Arancio, Svenja Deininger, Jay Heikes, Ishmael Randall Weeks, Andrea Sala e Patrick Tuttofuoco non indicano rosee prospettive, ma fanno riflettere sulla contemporaneità ripensando a modi di fare, usi e abitudini del passato. Parlano di cose semplici che non ci sono più, perché, come dimostrano le sculture di Arancio, vince un’ibridazione dall’apparenza piacevole, ma che tutto confonde. Così come la pittura della Deiniger che, con un gioco visivo tra vuoti e pieni, racconta dei passaggi della memoria passata. E poi il dialogo di opere diverse per supporto e materiali come quelle di Heikes o
Ishmael Randall Weeks, il primo più ironico, ma in armonia con il raffronto tra passato e presente dell’altro. 02.74.75.76 è dunque un confronto tra artisti appartenenti alla stessa generazione, ma di luoghi diversi, a dimostrare che, di fatto, respiriamo tutti la stessa aria.
Scritto da Rossella Farinotti