Nell’incessante corsa all’oro dell’arte contemporanea, tra galleristi sempre più agguerriti, artisti più provocanti che mai e fondazioni pronte a tutto, anche a ricoprire la città, c’è chi punta sulla durata per rinnovare la visione convenzionale del mondo dell’arte.
In uno spazio non convenzionale, nel cuore di una Milano effervescente, quattro giovani artisti, provenienti da mondi diversi per origine, formazione e tecnica si incontrano, si affiancano e si mostrano per la sola durata di Miart. Da questo incontro intellettuale, curata da giovani insider del mondo dell’arte, Chiara Agradi e Valeria Biamonti, prende forma Mater Matter, mostra pop up, non convenzionale, non primaria e allo stesso tempo travolgente ed affascinante.
Accomunati dalla predilezione di linguaggi artistici che prevedono l’uso di materiali dalla forte componente tattile, i quattro artisti esplorano la materia alla ricerca di se stessi e della relazione ad una determinata comunità, non senza abbordare il confronto con la tradizione e con quelle storie che fanno la nostra memoria. Se nella serie fotografica Webmaking Rituals, l’artista Bianca Lee Vasquez interroga il rapporto tra corpo e natura, e in particolar modo il contatto fisico tra l’uomo e il paesaggio, è nelle fotografie di Jacopo Valentini e nell’opera di Isabelle Benshimol, Post Vexed of Kin; Meat Dog’s Friends, che questo aspetto relazione tra corpo e mondo esterno viene approfondito. La serie Volcano’s Ubiquity, realizzata a Napoli tra il 2016 e il 2017, indaga l’effetto che il paesaggio, (il Vesuvio in questa serie), provoca sulle persone e coniando il neologismo ‘vulcanicità’.
Nelle opere di Josep Barnadas é invece questione di rapporto con l’antichità, di tensione tra tradizione e ricerca di una cifra stilistica inedita.
Mater Matter esplora la dolcezza di storie già raccontate e luoghi conosciuti, in cui passato e presente coincidono in un caldo e naturale abbraccio, e dura il tempo di una fiera.
Scritto da Chiara Di Leva