Portare a Milano un’opera cult come The Happy End of Franz Kafka’s “Amerika” di Martin Kippenberger è un’operazione, oltre che meritevole, particolarmente proficua, perché mette a nudo le radici di un fortissimo immaginario che quell’installazione ha fondato e nutrito negli anni, contaminando anche il mondo del design. Mettendo in scena un paesaggio di sedie e tavoli tutti diversi, vintage o assemblati o di provenienza casuale, Kippenberger rappresenta un’improbabile finale positivo del romanzo Amerika di Kafka, un finale fatto di tantissimi colloqui di lavoro per il protagonista che aveva invece subito un processo di grave disillusione sul mito delle opportunità e dell’apertura che già allora connotava il Nuovo Mondo. Facendo astrazione dal senso dell’opera, è impossibile non rivedere in moltissime opere successive, d’arte e design, la rivisitazione di questo assemblaggio formale.
Il curatore Udo Kittelmann, uno dei personaggi più istituzionali del mondo dell’arte tedesco – che ha da poco inaugurato anche la mostra sempre da Prada Storytelling- Liu Ye – ha voluto affiancare all’opera di Kippenberger anche il film di Orson Welles del 1962, Il processo, e l’album Franz Kafka The Castle dei Tangerine Dream, del 2013, diffuso negli ambienti della cisterna. Una giustapposizione forse un po’ didascalica, ma sicuramente piacevole.
Scritto da Lucia Tozzi