Perché fare Edipo oggi? Cosa c’è di così necessario in questa tragedia?
Le risposte possono essere molteplici ma la più potente, secondo me, rimane la seguente: perché ci pone davanti alla semplice domanda se noi, umani, agiamo liberi o guidati da un destino già scritto.
Ferdinando Bruni e Francesco Frongia decidono di mettere in scena il mito del Re di Tebe in una chiave favolistica, l’estrazione del mito a favola ci porta allo stesso tempo in una dimensione terrena, quasi reale e altra.
In questa contrapposizione, che altro non è quella dell’umano e del divino, della storia e del destino, la scena ha gli elementi terreni, sabbia, pietre, legno mentre sullo sfondo vengono proiettati dei video immaginari, macabri, neri, non identificabili con un solo significato ma simboli plurimi.
In questa atmosfera recitano gli attori, quattro attori uomini, che, indossando delle maschere e diversi costumi, interpretano tutti i personaggi della tragedia.
Entra Edipo in fin di vita, Valentino Mannias, che, come l’Edipo pasoliniano, si trascina sul palco e si addormenta, il suo sonno viene disturbato dal coro, Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia, che, come uccellacci del malaugurio, annunciano la profezia.
Il mito prosegue nell’ordine cronologico degli eventi, l’uccisione di Laio, la soluzione dell’enigma della Sfinge, lo sposalizio con Giocasta, con i meravigliosi costumi di Antonio Marras, l’arrivo di Tiresia e la scoperta dell’oracolo e infine l’accecamento di Edipo e la sua morte. Non ci sono segreti, tutti, bene o male, ricordiamo la sua storia, ma nonostante questo lo spettacolo riesce a creare una tensione emotiva e a rallentare il tempo dello spettatore.
Si prova con Edipo il suo sgomento e la sua rabbia, si pensa non è colpa sua e si giustifica il fatto che si accechi per non vedere più. Si prova la sofferenza di Giocasta per aver perso il marito e aver ritrovato un figlio, si capisce che l’uomo non ha mai una sola strada davanti a sé e allo stesso tempo ne ha una inevitabile. La bravura degli attori e la riscrittura del testo hanno aiutato ad entrare in tutto questo turbinio di eventi ed emozioni e resta fino alla fine l’idea di questa danza macabra che tutti stiamo ballando.
Scritto da Francesca Rigato