Avvolto dall’aura misteriosa e psichedelica della recente release Departing Like Rivers, il suo primo album solista in nove anni, Sam Shackleton atterra con le sue macchine al San Fedele. Ed è un bene lo faccia qui, che forse non c’è a Milano “casa” migliore per godere a pieno dell’ascolto immersivo della sua musica.
La produzione recente di Shackleton ben si adatta infatti all’ascolto immersivo nel teatro: deep, arcaica, ambigua, perturbante: sempre in bilico tra la tensione di attraversare una foresta misteriosa al calare del sole e il sollievo all’intravedere una radura dove riparare per la notte.
Abbandonata da tempo l’onda lunga dubstep, il produttore inglese si è fatto più intimista, quasi mistico, andando a scavare tra le tradizioni folk e le tonalità drone, il basso profondissimo e i sample vocali tribali, frullati e adoperati con la classica consapevolezza.
A inaugurare la serata, una diffusione acusmatica di un’opera audiovisiva in quattro parti, Glares of Infinity, commissionata da San Fedele Musica al musicista austriaco Christian Fennesz con la partecipazione del videoartista Andrew Quinn. Noi, ricordandoci del live di Fennesz in questa sala poco prima del disastro Covid, vogliamo pensare che, suonando la sua (nuova) musica a distanza di due anni, come in un rito purificatore ancestrale, ci si liberi finalmente da ogni recente angoscia, e da questo lunghissimo inverno.
Scritto da Raffaele Paria