Secondo Google Maps per arrivare da Sydney al Pigneto bisogna sorvolare, in ordine: Indonesia, Malesia, India, Pakistan, Iran, Iraq, Siria, Turchia e Grecia. Tanta roba, ma sono convinto che sia comunque più complesso e stressante trovare parcheggio nel quartiere.

Ne vale la pena però quando il Trenta Formiche tira fuori perle così. Dalla vivacissima città Australiana arriva questo trio tutto matto per il quale improvvisazione, registrazioni, prove in studio e live sono la stessa cosa. I brani dell’ultimo “Chop Wood, Carry Water” (uscito per Disasters By Choice/Grupo come l’album “Saint Albans”) sono flussi di suono composti principalmente da batteria, sintetizzatori ed effetti. Un set-up minimale ma allo stesso tempo ricco di sfumature, che finisce per toccare territori diversissimi: dal beatmaking sperimentale al punk-jazz, passando per atmosfere immaginifiche, ma sempre meravigliosamente analogiche.

A tratti ricordano l’approccio da jam band dei primi BADBADNOTGOOD, se questi ultimi fossero cresciuti in uno scantinato ammuffito di New York invece che nel ricco e gentile Canada. Il che è sensato, visto che in qualche modo l’Australia è lo scantinato dei paesi anglofoni – in senso positivo si intende. New York comunque non è citata a caso, perché il trio si avvicina anche a progetti come Standing On The Corner o le cose più minimali di Nick Hakim.

È musica che acchiappa l’ascoltatore trascinandolo con leggerezza e humour, ma allo stesso tempo stregandolo in modo serio. Insomma, con le parole dello stesso Adam componente del trio: “Music is so dumb and I love it more than anything.”