Pensate alle sensazioni abissali di un racconto di Lovecraft e mettetevele nelle orecchie, anzi: considerate l’udito alla stregua di una porta d’accesso per realtà a n dimensioni. Pensate alla storia del pane di segale cornuta ad Alicudi, e immaginate cosa fossero i suoni della tempesta in avvicinamento. Provate a figurarvi Mandelbrot sotto acido che vede le linee costiere spazializzarsi in tre dimensioni, e i bordi epidermici seguire con naturalezza gli stessi schemi.
Questa ci pare la prima uscita al Cox18 per quelli di A.R.X. (uscita che è preview di un evento che si vedrà a maggio), la cui finalità pare quella dell’astrazione massima, con un occhiolino strizzato alla Mente Estesa di un Andy Clark.
Gli sciamani chiamati al viaggio cominciano con Tybet, la cui capacità rabdomantica è nota, a cui basta un accordo storto per far polverizzare ogni mente in una nube piroclastica; ci sarà poi Black Zone Myth Chant che annega il sistema vestibolare con linee acquose e metalliche; Tyco Kavei che del trasporto sonoro fa dissociazione: avete mai sentito un pensiero vostro arrivare dall’esterno? V’è mai capitato di pensare pensieri non vostri? E infine Primordial OOze: ticchettii e cascatelle elettroniche che fan smuovere ogni micron di materia attorno agli ascoltatori, ronzii fin troppo eloquenti che s’accompagnano a linee di basso palustri intenzionate a smembrare quella sottile membrana che separa il corpo dai fenomeni che lo attorniano.
Insomma, A.R.X. ha il compito senza tempo di costruire paesaggi onirici, acquosi e profondi, puntando dritto al trasporto del viaggio e allo scorporamento; è rito: l’uno e il tutto e il tutto è l’uno, solve et coagula dicevano gli alchimisti, che ancora però non avevano ben presente l’incantesimo vibrazionale del suono.
Scritto da Giacomo Prudenzio