Bogotà è una di quelle città antiche quanto la cultura europea. È anche una di quelle concentrazioni urbane cresciuta in brevissimo tempo: una metropoli con otto milioni di abitanti esplosa in mezzo secolo. Ed è da Bogotà che arriva l’ultimo guest del Chiringuito Doña Valentina (chiringuito senza mare più bello d’Italia, e di certo con la meglio programmazione musicale), che chiude così le line up degli ultimi mesi all’insegna del consueto sudore e della sfrenatezza del clubbing latinoamericano incistato e nutrito dalla scena milanese. Se ancora qualcuno non sapesse di Doña Valentina, pentitevene. Malissimo. In tal caso recuperate leggendo in ordine qui, qui e qui, ma in poche parole parliamo dell’unico ponte spaziale e sonoro che lega la scena del clubbing latinoamericano nativa a quella latinoamericana di seconda e terza generazione nelle nostre città.
Per questa serata all’Artefact, dopo gli scorsi set arrivati da Caracas e Buenos Aires, è il momento di Bogotà, rappresentata da Francisco Corredor, aka CRRDR, dj e artista multidisciplinare che anima la scena underground della capitale colombiana da diversi anni, con una ricerca sonora svelta e serrata che mescola la tekno alle sonorità latine, fondatore di Traaampaaa e cofondatore e producer di Muakk – entrambe etichette discografiche della scena.
Dembow, Guaracha e ritmi tribali destrutturati a una latitudine sonora molto precisa: l’eclettismo del clubbing e delle voci storte, dei ritmi da bacino psicotici e da canicola costante.
Immaginate, sentite: timbrature ritmiche popolosissime come ci si immagina i club in Bogotà, con quelle stanze sonore occluse tanto son piene e frequentate, tanti sono i clap e le maracas e le flautate elettrizzate che si lanciano con gradienti irrequieti a circoli di battute in tre quarti con casse da dancefloor, finché a un certo punto ecco una battuta di raucedine in piena postura rave anni Duemila far capolino assieme a un timbro vocale da ballo meccanico con recrudescenze tribali – questo è pressappoco il Latin Tekno di CRRDR. Una mistura di generi latini, tra Dembow, Guaracha e ritmi tribali tutti destrutturati a una latitudine sonora molto precisa, che è quell’eclettismo del clubbing e delle voci storte, dei ritmi da bacino psicotici e da canicola costante.
Questo è il chi vi troverete, il guest. Ma questa volta, questa che è l’ultima tappa geografica dell’anno, dopo Caracas con la Raptor House e l’onomatopeico tuki-tuki-tuki-tuki di Dj Babatr, con la sua mescola di salsa e merengue disco sound system; dopo la Buenos Aires del Neo-perreo di Sassyggirl e i suoi spazi sonori capricciosi che accrocchiano con danzereccia sapienza techno e cumbia; con questa Bogotà da turboravers, la line up all’Artifact tira le somme dello spazio sonoro creato dall’etichetta – suona tutta Doña Valentina, uno via l’altro e in quest’ordine: Guayaba (Colombia), St. Grimes (Italia), CRRDR (Colombia), Condoii (Ecuador/Italia), Wiqha (Perù, Colombia, Italia) Youkhttps (Perù).
Per l’occasione, trovate pure una mostra fotografica di Nicolàs Garrido a cura di Carolina Chari: El Mundialito, lavoro che prende le mosse dal famosissio Mundialito de El Porvenir, un torneo di calcio di strada che avviene ogni anno per Lima, all’inizio sfidando pure per dieci anni la persecuzione poliziesca (era vietato giocare per strada, fino al 1960), e considerato “il campionato mondiale di calcio più pericoloso al mondo”, per il semplice fatto che a fare il campo sono i corpi delle persone e a volte la polizia in antisommossa. Torneo in cui per altro, quest’anno, Doña Valentina ha fatto da sponsor a una squadra. Alé. Si suda a Milano come se si fosse a Bogotà, finalmente. Poi si va al mare.
Scritto da Piergiorgio Caserini