Il termine ambiente associato all’arte contemporanea può essere fatto risalire a Lucio Fontana, che lo utilizzò per descrivere l’evoluzione del suo lavoro nel momento in cui decise di scavalcare la singola opera, andando invece a intervenire sullo spazio, (ri)creandolo e trasformandolo. “Al confine tra arte, architettura e design, gli ambienti sono opere tridimensionali e immersive, che si attivano grazie all’interazione del pubblico e vengono completati dalla presenza umana”, come suggerisce la nota introduttiva della mostra.

Il progetto espositivo curato da Andrea Lissoni e Marina Pugliese – al MAXXI anche con il contributo di Francesco Stocchi, direttore del Museo – non solo indaga questa peculiare forma d’arte, tra le meno “battute” e storicizzate, ma consegna all’universo femminile un ruolo chiave nella sua diffusione e maturazione. Così, dopo una prima tappa alla Haus der Kunst di Monaco focalizzata sul periodo 1956–1976, si arriva al secondo capitolo tra le mura del MAXXI, che dilata fino al 2010 lo spettro temporale analizzato.

Un esperimento decisamente interessante, essendo già l’edificio progettato da Zaha Hadid un ambiente autonomo e indipendente rispetto alla sua funzione di museo. Un’ambiente di ambienti, che diventerà una sorta di ecosistema al quadrato. In mostra opere di Micol Assaël, Monica Bonvicini, Judy Chicago, Lygia Clark, Laura Grisi, la stessa Zaha Hadid, Aleksandra Kasuba, Kimsooja, Christina Kubisch, Léa Lublin, Nalini Malani, Marta Minujín, Tania Mouraud, Pipilotti Rist, Martha Rosler, Esther Stocker, Nanda Vigo e Tsuruko Yamazaki.