Uno dei problemi maggiori dei dj di oggi, che si trovano a passare da feste con 100 persone nell’Essex alle consolle di club ibizenchi, è che a un certo punto non sanno più da che parte della linea stare. Ibiza ti lancia nel firmamento dei raising dj e dall’altra parte i festival ti accolgono ma a patto che tu faccia divertire orde di ragazzini che vogliono ballare i pezzi che sentono alla radio. La riascesa della UK garage negli ultimi anni ha segnato diversi dj in questo senso: Eats Everything, Hot since ’82 e Duke Dumont in primis. Per Scuba, boss della Hotflush, la storia per fortuna è stata un po’ diversa: viene dalla dubstep inglese (Skream e Benga vi dicono qualcosa?) approda quasi 10 anni fa alla techno berlinese e al Berghain con la sua residency night Sub:Stance, per poi entrare nel magico mondo dei festival, dove cerca sempre di bilanciare le proprie sonorità con influenze più “mainstream”. In queste situazioni si distingue chi sa fare musica e infatti, dopo un viaggio tra i generi e i moniker (SCB tra i vari), il nostro Paul Rose lo scorso anno sforna l’album “Claustrophobia”: opera eclettica ma estremamente armonica, grazie alle diverse influenze raccolte negli anni. Il dilemma tra commerciale e underground è sempre ON, ma come diceva Aiazzone non ci resta che “provare per credere”, e quale posto migliore del nuovissimo Volt?