SABATO 3 DICEMBRE
EG: Il sabato si comincia con la proiezione di A magical substance flows into me, film di Jumana Manna, regista israelo-palestinese ispirata dagli studi dell’etnomusicologo Robert Lachmann, alla scoperta delle tradizioni musicali attraverso la regione di Israele e nei territori palestinesi. Si prosegue con la talk che vedrà Jace Clayton aka DJ Rupture dialogare con Simone Bertuzzi e Andrea Girolami rispetto al modo in cui le tecnologie digitali stiano modificando la nostra idea occidentale di cosa significhi fare a ascoltare musica oggi, a cui seguirà la talk di cui parlavo prima con Don’t DJ.
https://www.youtube.com/watch?v=PzEJlLAygGA
La chiusura del programma diurno del sabato è affidata ai Primitive Art e alla listening session intitolata “Kimera Zones”. In questo senso, la grafica di questa edizione di #MASH (di cui parleremo più avanti, NdR) curata da Invernomuto e la listening session dei Primitive Art sono idealmente interconnesse. “Kimera Zones” parte da una ricerca sui videogiochi anni Novanta, dall’interesse in primo luogo per il suono che le caratterizzava, perché nelle colonne sonore dei videogiochi di quegli anni trovano spazio due aspetti interessanti: il fatto che ci abbiano lavorato producer anche molto famosi come Derrick May, e i numerosi riferimenti all’esotismo, l’utilizzo di suoni esotici. Sempre rispetto a quel meccanismo di transizione che avviene in qualsiasi ambito, trovo che il mondo dei videogiochi si sia avvicinato moltissimo con le sceneggiature a quello del cinema, che a sua volta è stato molto avvicinato dal mondo delle serie televisive e quindi della televisione, che a tutti gli effetti è entrato nel mondo di internet. C’è quindi una totale transizione tra le cose, per cui un prodotto degli anni 90 come i videogiochi possa sparire e riapparire in un festival di musica nel 2016 senza che nessuno si stupisca troppo. Questo – riferendoci alla grafica di #MASH – anche perché sul piano della comunicazione ci si aspetta di tutto, è un po’ il side effect dell’arte contemporanea – qualunque cosa giustifica se stessa – ma anche perché i linguaggi si elaborano e contaminano. Linguaggi, per l’appunto, 2.0 che a mio avviso legittimano la presenza dei videogiochi all’interno di un programma come quello di #MASH, che ricerca nella musica e nell’estetica visiva che utilizzano nuove forme di comunicazione. Per tornare ai Primitive Art, il duo proporrà una listening session audiovisiva, qualcosa di vicino all’opera d’arte: faranno una selezione che sarà un flusso continuo ibrido tra suoni dal mondo alieni e cinematica tratta dai videogiochi, per cui prepareranno una info sheet, un testo critico di presentazione, come da opera d’arte. E questo credo sia totalmente mash, un incontro tra linguaggi e prassi.
Da un punto di vista dell’excursus del programma dell’intera manifestazione, il sabato ha un ritmo diverso rispetto al giorno precedente. Il venerdì sarà molto impegnativo sia dal punto di vista sonoro ed emotivo sia da quello fisico, anche perché dopo i set da BASE si continuerà con un after a Macao che faremo in collaborazione con Communion. Se il venerdì è più scarico di giorno e più impegnativo la sera, il sabato è costruito inversamente, con una programmazione diurna più fitta e una parte performativa in cui mi piaceva fare la classica esperienza da club jazz di Londra, easy e divertente senza la struttura dell’evento elettronico – cosa che comunque è un po’ difficile da proporre il sabato a Milano. In apertura al Biko avremo Sixtus Preiss, musicista austriaco legato al giro Brainfeeder: la sua è una lettura del jazz fatta in chiave elettronica, come batterista ha quel tipo di formazione e in “formato band” si esibisce con un taglio più jazz, mentre nella versione da solista è più una performance vicina all’elettronica. E poi Yussef Kamaal. Yussef Dayes e Kamaal Williams, con l’aiuto di qualche amico sul palco, sono una delle rivelazioni più gustose e promettenti di quella galassia sonora che si può far ricadere attorno a Gilles Peterson: la parte jazz è molto contemporanea, fresca, stile South London con delle radici forti.
Scritto da Chiara Colli