«Se racconto cose che coincidono con cose che altri potrebbero attribuirmi […] è soltanto perché preferisco parlare in prima persona, e non perché io creda che sia sufficiente la facoltà della memoria perché qualcuno continui ad essere lo stesso in tempi diversi e in spazi diversi». Cito Marías perché, come Hamilton, è sempre stato affascinato dai meccanismi inafferrabili della memoria, oltre che dai movimenti autoritari. Entrambi gli oggetti, ricordo e fascismo, condividono lo stesso campo di battaglia: quello della costruzione del mito. Su questo terreno friabile si muove Ultramar Sur, esposizione che ci sfida a distinguere ciò che è vero da ciò che è solo verosimile, partendo dai numerosi racconti di fuga dei gerarchi nazisti in Sud America. È il terreno della distopia – e del suo contrario – che ci costringe a immaginare nuovi finali per film già visti. Un esercizio igienico e necessario.
Scritto da Enrica Murru