Nella percezione dei milanesi, nessun quartiere ha un’estensione paragonabile a quella di porta Venezia: a ovest di Buenos Aires arriva a comprendere tutta l’area fino alla Stazione centrale e a Repubblica e a est si spinge fino a inglobare il Bar Basso, Polpetta e pure la Belle Aurore in via Castel Morrone. A sud si pappa anche l’intero parco (che a dispetto di Montanelli tutti chiamano giardini di Porta Venezia) e il PAC di Gardella e più giù la bellissima Villa Necchi disegnata da Portaluppi, e a nord va oltre Loreto, molti ci mettono anche un certo pezzo di via Padova.
Gli scenari cambiano completamente a seconda degli obbiettivi. La zona che per anni è stata più selvaggia, e ne conserva ancora il sapore, è quella multietnica e pansessuale intorno a viale Tunisia: via Lazzaro Palazzi, ancora piena di kebab e ristoranti eritrei, la via Lecco, epicentro del gay pride, che sbuca nell’ultima traccia del manzoniano Lazzaretto, e, risalendo, le due parallele via Benedetto Marcello (ancora ricca di traffici) e la coltissima via Tadino, invece, che in pochi metri infila Fondazione Marconi, Gio’ Marconi, Studiolo, Cabinet e Fondazione Mudima.
La zona che per anni è stata più selvaggia, e ne conserva ancora il sapore, è quella multietnica e pansessuale.
Scavallando l’arteria commerciale Buenos Aires (e il teatro dell’Elfo) verso destra, si trova la parte più signorile intorno alla verdissima via Morgagni, che a pochi passi aggrega la libreria Spazio, perla della ricerca internazionale sull’architettura, lo Spazio Maiocchi, culla della ricerca tra arte e culture della moda, le tre vetrine della galleria Raffaella Cortese su via Stradella, il Futurdome con la nuova sede di Le Dictateur. Tornando ai bastioni, dominati dalla torre Rasini di Gio Ponti, è pressapoco da lì che si imbocca via Melzo, cuore della notte di Porta Venezia, sede del Picchio e del LOVE. Che volete di più?