Per molti milanesi i ricordi legati a questo luogo si confondono tra le gite scolastiche e l’orgoglio di un’identità che si fa prodotto. Per i designer è un infinito database di icone, stili e modelli su cui si è fondata l’evoluzione del sistema di oggetti dell’uomo moderno. Paragonabile al Victorian & Albert Museum di Londra per qualità e quantità, rispetto al cugino inglese sconta ritardi organizzativi, appeal allestitivi (seppur ci sia lo zampino di BPPR) e di immagine. Ceramiche, vetri, argenti, strumenti musicali, arazzi, gioielli e mobili. La sezione dedicata all’arredamento, di più recente restauro, continua a peccare nella presentazione, e la confusione regna padrona. Tuttavia, una visita regala emozioni e concretezza. La storia è fatta di ricorsi come di remix linguistici, e così ci si accorge di quanto abbiano in comune personaggi come Giò Ponti, Gianni Versace, Carlo Mollino e Ettore Sottsass, solo per fare alcuni nomi. Perdersi nei corridoi è facile, come scorgere Michelangelo e Canaletto, un cortile affrescato o l’antenna della Rai da una finestra sul parco.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2020-03-01