Un artista vive e crea nel suo studio. Un artista vive e cammina nella sua città, da cui riceve stimoli e suggestioni. Un artista espone in un museo o in una galleria. Un artista decide di “dedicare” un lavoro alla propria città, trasformando una via, una piazza o un muro per lui significativo, in una cornice che lo racchiuda. Moltiplicate il tutto per decine di partecipanti e avrete una nuova mappa della città: una nuova geografia urbana – o meglio, dell’Urbe. Ora, non aspettatevi di partecipare a una caccia al tesoro, alla ricerca di opere d’arte nascoste tra i cespugli o sui pali della luce. Immaginate piuttosto che i 49 artisti partecipanti ad A/rrivederci Roma abbiano fornito in digitale un contenuto al progetto (un’immagine, un video, una traccia sonora), che questi contenuti siano stati “stoccati” in un sito interattivo, che una mappa cartacea vi indicherà i luoghi scelti dagli artisti e che, una volta arrivati in loco, potrete fruire dei contenuti di cui sopra grazie al sito. Un’ audio-guida 2.0 ed espansa, ecco. Per farvi capire al meglio di cosa si tratta, abbiamo riportato – in collaborazione con A/rrivederci Roma – il contributo di 13 artisti, selezionati tra i 49 partecipanti: di ognuno troverete l’indicazione del luogo prescelto accompagnata da un’immagine, la motivazione della scelta e la descrizione delle suggestioni artistiche che l’incontro con tale luogo ha generato. Per l’intero elenco di siti e lavori vi rimandiamo al portale di A/rrivederci Roma, dove troverete anche info su dove ritirare la mappa con la quale affrontare il proprio viaggio nel ventre di Roma. Partenza fissata al 13 ottobre.
ADELITA HUSNI-BEY
Luogo scelto: CSOA Forte Prenestino
Sono cresciuta in luoghi come il Forte Prenestino, che mi hanno dato un’alfabetizzazione specifica. Alcuni luoghi persistono in noi perché abbiamo contratto un debito con essi. È un debito familiare, impetuoso, penetrante, del quale non ci possiamo liberare (fortunatamente) perché costituisce le coordinate dei nostri passi. Ho scelto allora di proporre un breve video, girato in occasione della festa per i 20 anni del Forte. Da sotto il palco si leva una polvere fine che si appiccica alle schiene sudate di chi, sfidando il caldo, si è sistemato nella grande arena centrale. Il discorso del primo maggio, intriso di retorica operaista, viene rotto da una frase che mi colpisce: “Un’occasione per cambiare gli altri, cambiando noi stessi”. Tra tutte quelle parole ferme, masticate così ossessivamente da essere ormai vacue come pozzi d’estate subentra un piccolo terremoto dialettico. Il mio intervento allora sta nell’esercizio di chiedervi: Chi è l’altro? Ma, soprattutto, in cosa potreste cambiare l’altro cambiando voi stessi?
BEATRICE MARCHI
Luogo scelto: Piazza San Pietro
Piazza san Pietro è il luogo che mi piace di più al Mondo. Vedere la processione incessante di persone che ogni giorno arriva come un fiume mi commuove molto. Tutto quel flusso di persone che arrivano a Piazza San Pietro cariche di sorpresa e meraviglia ha creato una densità di emozioni presente nella piazza, e si sente, va oltre l’aura ed è forte, unisce l’umanità, il passato e il futuro. Come le stelle. Una volta ero seduta sui gradini della piazza da sola e mi sono scese le lacrime. Ho pianto come una scema. L’immagine che ho associato a questa piazza è un video che ho trovato su internet. È un filmato amatoriale che riprende il momento dell’applauso di una folla radunata davanti a un tramonto in riva al mare. Non so se è spettacolo o celebrazione, in ogni caso non riesco a spiegarmi come l’uomo voglia stupirsi e condividere la sua sorpresa, anche davanti al semplice fatto che il sole esiste.
CESARE PIETROIUSTI
Luogo scelto: la mia bicicletta e la pista ciclabile lungo il fiume Tevere, in particolare il tratto prima e dopo Ponte Sublicio.
La pista ciclabile lungo il fiume mi dà il senso struggente della bellezza di Roma, senza il fastidio di cattivi umori, rumori e odori che sono inseparabili dall’esperienza della città. Il contributo che ho scelto per il progetto A/rrivederci Roma è un’immagine dei primi anni 80. Nei primi anni 80 utilizzavo varie immagini, spesso macchie informi, per degli esperimenti basati sui principi della psicologia proiettiva. Tra le cose che mi affascinavano c’erano le vecchie lastre di travertino fessurate o rotte, che si trovano in molte pavimentazioni della città. Questa immagine, in cui vedo un uomo che cammina in un reticolo di rapporti potenziali, l’ho spesso riprodotta all’epoca, in diversi modi e in diverse dimensioni. Questo è un dettaglio di un foglio A3 realizzato, fra il 1981 e il 1982, con matita e pennarello.
DIEGO MARCON
Luogo scelto: Via Po – ex sede dellʼAmbasciata della Repubblica Federale di Germania
Martha è un film del 1974 diretto per la TV tedesca da Rainer Werner Fassbinder. Martha contiene una delle sequenze tecnicamente più complesse girate da Fassbinder; si tratta di una ripresa circolare dellʼincontro fra i due protagonisti del film nel cortile dellʼAmbasciata di Germania a Roma. La cinepresa inquadra gli attori girando loro attorno, mentre entrambi, a loro volta, ruotano su se stessi.
ENRICO BOCCIOLETTI
Luogo scelto: Accademia dei Lincei/via della Lungara
Non sono mai stato all’Accademia dei Lincei anche se, come molti, il Lungotevere è una delle zone di Roma che amo. Ho scelto questo posto che non ho mai visitato, dove nel 1968 si è costituito il Club di Roma (The Club of Rome), come lo spazio negativo su una mappa di consapevolezza globale. The Club of Rome è un think-tank internazionale, la cui missione è stata (ed è) analizzare e confrontarsi con i macro-cambiamenti climatici, il superamento dei limiti fisici del pianeta, la scarsità di risorse conseguenti l’esponenziale curva di sviluppo tecnologico e crescita economica del secolo scorso, e l’individuazione di scenari possibili e soluzioni alternative su scala globale. Il gruppo pubblicò nel 1972 la prima edizione del celebre rapporto The Limits to Growth, simulazione al computer World3 che predice le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana. Il lavoro presentato per A/rrivederci Roma è un gioco di parole, che rigira il nome del gruppo in The Club of More, e reinterpreta liberamente il logo originale dell’associazione (un globo terrestre stilizzato) con cinque figure emoji, relazionate orizzontalmente: tre punti di vista del pianeta (America, Europa/Africa, Asia/Oceania), un reticolato astratto (IT, astrazione finanziaria), una fiamma (global warming, catastrofe).
GIULIO SQUILLACCIOTTI
Luogo scelto: via di Torricola
«La nostra casa in città è bella, ma le spese insostenibili ci costringono a venderla. All’interno del capannone costruiamo dei muri e tutto quello che serve per vivere e, nel 1982, la nostra vita cambia.» – Silvio Jovane.
INVERNOMUTO (Simone Bertuzzi, Simone Trabucchi)
Luogo scelto: Obelisco di Dogali/via delle Terme di Diocleziano
L’Obelisco di Dogali in via delle Terme di Diocleziano presenta un’affinità con il nostro lavoro, in particolare con il sistema narrativo di Negus, che ci ha portato a fare ricerche in Italia, Etiopia e Giamaica. Negus segue una struttura circolare e le sue location si mischiano costantemente, quasi sovrapponendosi e facendo perdere le coordinate geografiche. Più che nei luoghi, agisce nelle traiettorie che li collegano (e queste non sono a senso unico ma hanno movimenti tortuosi di andata e ritorno). La nostra ricerca nasce da un’indagine sui processi di trasformazione culturale e combina tra loro rituali popolari, simboli folkloristici e di matrice urbana, che esploriamo attraverso l’impiego di linguaggi eterogenei come immagini in movimento, suono e installazione. Nel 1937, ai piedi del Monumento ai Caduti di Dogali, fu esposto un Leone di Giuda in bronzo confiscato all’Etiopia durante l’occupazione, poi restituito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ras Alula Ras Alula Ras Alula.
MARZIA MIGLIORA/LUIGI COPPOLA
Luogo: Teatro Valle/via del Teatro Valle
Il luogo che abbiamo scelto come nostro prediletto a Roma è il Teatro Valle Occupato. Tante volte abbiamo dormito nei loggioni di velluto rosso, nel sacco a pelo e magari ci svegliava la voce di Antonio Latella che di prima mattina provava sul palco. Al Teatro Valle Occupato abbiamo incontrato la volontà del fare, di un gruppo di persone che credevano in un’avventura d’occupazione a pochi passi dal Parlamento. Uno spazio del possibile, dove immaginario e realtà spesso trovavano modo di incontrarsi. Un teatro-casa aperto, in cui convivevano artisti, attori, registi, critici, filosofi, giuristi e fotografi; in cui il lasso di tempo che trascorreva tra qualche cosa di immaginato e la sua realizzazione era il tempo di pronunciare l’idea a voce alta. Oggi, al posto di quello spazio aperto, resta un portone chiuso, un teatro settecentesco fermo, inerme, incapace di comunicare con la città, i suoi abitanti e chiunque abbia voglia di ascoltare una voce fuori dal coro. L’opera fotografica che abbiamo proposto come contributo al progetto, nasce da un’incursione performativa sul palco del teatro, complici le scenografie teatrali di un’opera di Visconti, in occasione di Cantiere Comune di Immaginario Politico: un laboratorio partecipato, nato con lo scopo di sperimentare il potenziale derivante dalle esperienze di occupazione, auto-attivazione, produzione dal basso e mobilitazione cittadina. Durante il laboratorio ogni partecipante costruiva il proprio copricapo in cartapesta. In questo modo semplici fogli di giornale divenivano manifesti personali da “mettere in testa”, portatori di desideri, proposte personali, simboliche, identitarie e di resistenza.
MICHELE D’AURIZIO
Luogo scelto: Foro Italico/viale del Foro Italico
La prima volta che ho visitato il Foro Italico era notte fonda e non ricordo se l’accesso fosse permesso a quell’ora. Era deserto. I mosaici di Gino Severini erano neri e arancioni. E le statue degli atleti nello Stadio dei Marmi parevano dei gargoyle. Quell’eleganza lugubre, per me, è diventata l’immagine del monumentalismo nell’Italia fascista.
NATALIA TREJBALOVA
Luogo scelto: Parcheggio IKEA Roma Anagnina/via Fattoria Rampa
In Da Kar Finale fa parte del progetto Bellagio Bellagio che stiamo portando avanti insieme con Matteo Nobile. Bellagio Bellagio è un archivio/work in progress diviso in vari argomenti che trattano l’impatto dell’immaginario stock sulla produzione amatoriale e l’omologazione dell’immaginario popolare in generale. In Da Kar Finale è la parte dell’archivio che è dedicata alla macchina come protesi: l’oggetto del potere e del desiderio. La Lamborghini dorata è un ideale. I pressi dell’IKEA di Anagnina sono da un po’ di anni uno dei luoghi culto per i raduni di autotuning a Roma. È emblematico che il luogo di omologazione per eccellenza come il supermercato IKEA di notte possa diventare ospitale per chi cerca di sfuggire all’omologazione, in questo caso automobilistica.
QUAYOLA
Luogo scelto: Chiesa del Gesù/via degli Astalli
Il contributo che ho scelto per A/rrivederci Roma è il video Strata #1, realizzato nel 2008 e ispirato a Il trionfo del nome di Gesù (1674-1679) affrescato da Giovan Battista Gaulli sul soffitto della navata della Chiesa del Gesù. Il termine strata definisce una formazione geologica fatta di molteplici strati rocciosi. Ognuno di questi strati ha delle proprie caratteristiche e una propria storia, e combinati producono delle bellissime e uniche formazioni. Il progetto Strata è articolato in una serie di film, stampe e installazioni che indagano le improbabili relazioni tra le contemporanee estetiche digitali e le icone dell’arte e dell’architettura classica. Come in un processo geologico, strati appartenenti a età differenti interagiscono l’uno con l’altro producendo nuove intriganti formazioni. Questo lavoro è stato d’ispirazione per una serie di opere e ricerche successive che hanno sia portato alla realizzazione di nuove produzioni long-term, che scandito diversi momenti creativi. In questo senso Strata #1 non solo è legato alla mia visione e al mio rapporto con la città di Roma, ma anche un inizio di percorso di ricerca visiva e digitale, sull’iconografia moderna e antica, e sull’intreccio tra estetica classica e dei new media.
VINCENZO LATRONICO
Luogo Scelto: Cimitero Acattolico/via Caio Cestio
Roma non è la mia città, ma è quella della mia famiglia. Perciò non ho mai potuto viverla da turista – in fondo, ci sono nato – ma neppure conoscerla come uno che ci ha vissuto; e l’immagine che ne ho è una flebile via di mezzo, fatta di ricordi di seconda mano e di pellegrinaggi periodici ai luoghi della mia infanzia. Uno di questi è il Cimitero Acattolico, che ho sempre conosciuto come “cimitero degli inglesi”. È un giardino cintato ai piedi della Piramide Cestia dove, in passato, sono stati sepolti i più facoltosi fra gli expat che da secoli si trasferiscono in città per moda, per romanticismo, per caso. Benché ora sia quasi pieno è lì la tomba di mia nonna, russa, capitata a Roma dopo essere scappata da due rivoluzioni – quella sovietica del 1917 e quella del Derg in Etiopia, del 1974. È sepolta a metà strada fra Keats, che di certo amava, e Gramsci che molto probabilmente no. La visito ogni volta che passo in città – più per la bellezza del luogo, a dire il vero, che per cercare una comunione con una persona sparita – e ogni volta ripenso a quella poesia famosa di Pasolini: Le ceneri di Gramsci.