L’Isola non è un quartiere, è una leggenda. Ogni centimetro dell’asfalto e dei marciapiedi di via Borsieri, via de Castilia, via Cola Montano, e dell’insolito sistema di piazze e slarghi che si aprono a ogni angolo – Lagosta, Minniti, Archinto, Segrino, Fontana, Fidia – è stato calpestato da schiere di storici malavitosi, artisti, writers, musicisti, attivisti, occupanti.
I pacifici dehors e tavolini stipati sotto gli aceri, la vita vibrante e multiculturale che affolla piacevolmente incroci e strade, l’incredibile offerta di gelati sublimi, panini bio, pizze napoletane, birre artigianali e spritz sono il derivato, il precipitato di anni di buona musica e buon fumo, di inseguimenti in stile guardie e ladri o fasci contro compagni, di cotolette pesanti nelle trattorie, di piattoni enormi di linguine all’astice alla Guinguette e stravecchi consumati al banco, di case occupate e concerti nei cortili senza comunicato stampa. Le saracinesche decorate con i tram, le piante, le madonne, Angela Davis sono la conseguenza del periodo glorioso della street art a Isola, quando Microbo, Bo130 e The Don facevano fiorire i muri grigi. Dove ora si vedono vicini sorseggiare calici di bianco affacciati alla loggia in stile toscano sorgeva il Pergola, o meglio La Pergola, centro sociale e fucina di serate spettacolari, culla del drum’n’bass in Italia, il parchetto Catella brulicante di bambini di fronte al famosissimo Ratanà è edificato sulle fondamenta de La Nuova Idea, il locale gay più straordinario di Milano, affollato di vecchini che ballavano il liscio e trans spettacolari, e dove svetta il Bosco Verticale c’era la Stecca, mecca dello spaccio ma prima ancora della produzione artistica, regno del grande artista e attivista Bert Theis che raggruppò intorno a sé le lotte e le feste di Isola Art Center.
Luoghi della comunità isolana, ma anche luoghi di apertura sulla città, isole nell’Isola che attirano persone diverse, veterani e giovanissimi
Passeggiando per via Pastrengo si può leggere una storia stratificata di spazi e persone che hanno prodotto, inventato, sperimentato, e sono poi sbocciati nel resto della città: partendo dal mitico Spazio O’, dove da 15 anni Sara Serighelli porta avanti un’intensa attività di ricerca attiva improntata alla più solida selezione, senza concessioni o morbidezze. Oltre a una scena musicale radicale, è da qui che è partito Sprint, il festival internazionale superunderground di editoria indipendente fondato insieme a Dafne Boggeri da poco approdato a Spazio Maiocchi. Nello stesso cortile, in una specie di casetta popolata da proteiformi strutture lignee di Duilio Forti, lavorano da anni Alessandro e Pierluigi di PROPP, una squadra di creativi in grado di produrre grafiche e video pazzeschi, collaborando anche con il dirimpettaio Pijama. A pochi passi da lì si fronteggiano il Botanical, perla dei gin bar milanesi che ha poi aperto in grane a via Tortona, e Anche, ex Blu, posto hipster che si è poi riprodotto in zona Cadore e a NOLO. Meta di veri e propri pellegrinaggi è il negozio di creazioni tra arte, gioielli e design di Monica Castiglioni, con un gemello a New York e uno in Sicilia.
I grandi detentori della memoria storica del quartiere, quelli che si ricordano il significato materiale del suo nome – prima dell’operazione Porta Nuova e della piazza Gae Aulenti e del collegamento con Corso Como, Isola era letteralmente un’isola, collegata al resto della città da due ponti, il cavalcavia Bussa e il Farini, affacciati su un fiume dove invece dell’acqua scorrevano i mille treni di Porta Garibaldi – hanno visto i flussi e i riflussi, i pieni e i vuoti che si susseguivano. Una delle figure centrali è Luca della Cantinetta: magrissimo, frenetico, scattante tra i tavoli e dalla battuta pronta. «Noi prima aprivamo di giorno, venivano moltissime persone soprattutto per pranzare al sole in primavera e in autunno e per farsi una chiacchiera seduti sotto gli alberi al pomeriggio. Poi da una decina d’anni è partito un afflusso di persone sempre più giovani, e abbiamo allungato all’aperitivo, alla sera. La piazza ha cambiato faccia, è diventata un punto d’incontro per tutta la città, e dopo i lavori esploderà». Personalmente ricordo ancora la serata memorabile di un mondiale di calcio, quando di fronte allo schermo esposto dalla Cantinetta i clienti storici esultavano per la vittoria della nazionale urlando “INDULTO! INDULTO!”, tra lo stupore entusiasta dei ragazzi in pantaloni corti.
La vita affluisce copiosa all’Isola perché sente l’energia sotterranea di un posto unico, ribollente di tensione eppure profondamente rilassato
Questo mix di nuove e antiche glorie, questa compresenza di coolness di diverso genere è la cifra nel tappeto: i nuovi baretti di via Borsieri e di via Garigliano si sono sovrapposti ai locali storici, Ghe sem di fronte a Blue Note e Nord Est, le pizzerie nuovo stile all’eterna Coccinella, il nuovo distretto della motocicletta accampatosi in via Thaon de Revel non ha scacciato la pizza alta e il pollo con patate della Trattoria Fontana, le vinerie con gli arancioni e i piatti sublimi di Ramen Super in via Ugo Bassi convivono con gli spazi strettissimi e frequentatissimi del Wasabi e quelli ampi e rumorosi del Frida di via Pollaiuolo. I giovanissimi si appostano negli spazi disegnati e fioriti del Parco Biblioteca degli alberi o nei recessi brutalisti del lungo ferrovia di via Pepe e del cavalcavia Bussa, skatano indifferentemente nel brutto e nel bello, ma soprattutto sciallano, chiacchierano, bevono e fumano a un tavolino di distanza – o a un metro di muretto – da altri sciallanti di tutte le altre età. Il creativo 35enne e la compagna madre di tante battaglie, il biciclettaio ex manager televisivo e il giovanissimo artigiano che ha trasformato la falegnameria di famiglia in uno spazio di elaborazione culturale 4.0 si salutano come fratelli.
La vita affluisce copiosa all’Isola perché sente l’energia sotterranea di un posto unico, ribollente di tensione eppure profondamente rilassato.