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Le ballate principesche della comunità latina a NoLo

La Quinceañera, le feste di rito della comunità latina in via Padova

quartiere NoLo

Scritto da Piergiorgio Caserini il 26 aprile 2021
Aggiornato il 15 giugno 2021

La camminata principesca

Foto di Onefilm Production

Allora, premettiamo una cosa. In quest’articolo saremo vaghi, perché ci sono segreti che devono essere mantenuti, giusto giusto per riservare alla sorpresa la dignità dello stupore. Parleremo di cose vere, sia mai che mentissimo. Ma ci gireremo un po’ attorno, partendo da un’esperienza comune: ciò che superando le aspettative si dispone solo nelle iperboli del linguaggio. Nel senso, quando dite cose tipo: «è un altro mondo», «sembrava di stare da un’altra parte», tutta quella roba lì è un’insufficienza del linguaggio. L’unica cosa che può fare è costruire un’iperbole, gettando il reale oltre il mondo. Porgiamo un saluto al signor H., rassicurandolo che non useremo a sproposito citazioni di sorta – espressione di un narcisismo patologico che particolarmente presente nei paesi Occidentali. Lo sapevate? No? Bene, è anche per questo che saremo vaghi. Seguiteci. D’altronde io scrivo e voi leggete.

Prima di far cadere quelle iperboli di fronte a una realtà che le supera, cominciamo a immaginare tre posti. Uno è un baretto dove i cocktail ti costano il giusto e li accetti ben volentieri, la gente è accogliente e sostanzialmente vai lì con l’intento di stare bene e male assieme, consapevole che il divertimento è certo ma il mattino dopo un po’ meno. L’altro è un ristorante latino, e l’ultimo è un luogo di tutt’altra natura: un negozietto all’apparenza discreto, piccolo e magari alla prima occhiata vi pare un po’ confusionario, ché dentro c’è di tutto, bicchieri e piatti di plastica, peluche, striscioni, pignatte. Festoni. Ed è proprio su quest’ultima parola che chiudiamo la lista e ci soffermiamo un po’, perché in questi luoghi, a prescindere della loro diversità, il risultato è quello. Festoni.

Ora una storia, di quelle che accadevano circa un anno fa, intendiamoci. Siete per via Padova, e avete il sentore che qualcosa stia succedendo. Lo sentite dall’arietta frizzante che vi fa rizzare sull’attenti la peluria, scarsa quando siete fortunati. Come me. Qualcuno avrà la sensazione di essere sensibile all’arietta, alle vibes, perché sul momento vi sembrerà che nulla sia cambiato e che nulla stia succedendo, mancherà una marca sonora, visuale, che sia effettiva, insomma, che vi faccia capire il perché di quell’atmosfera frizzantina. Poi una piccola folla vi incuriosisce. Siamo animali sociali che desiderano divertirsi, Zero ve l’ha insegnato con pazienza nell’arco di 25 anni. Magari è pure un venerdì sera o un sabato, aspettate una serata, e per temporeggiare fate la scelta giusta: entrate nel baretto dai colori pastello con l’idea di prendervi da bere.

L’Hammer e la Principessa. Foto di Onefilm Production

Scontati. Solo una volta varcata quella soglia cominciate a capire quali contingenze vi hanno attratto lì dentro. Non la prospettiva dell’attesa, del perditempo, ma una strana forza gravitazionale che ai più attenti farà tornare in mente le iperboli lette poco più su, ecco: siete passati. Realizzate in quel momento, ma non è mai troppo tardi per vostra fortuna, che cos’è un ponte di Einstein-Rosen nella realtà. Un wormhole che dura una o due falcate in un corridoio e che sfocia da tutt’altra parte. C’è il Sudamerica in via Padova.

La Quinceañera in via Padova racconta un pezzo di vita e di cultura Latinoamericana con tutti i suoi crismi, ma ne rappresenta anche l’ostinatezza.

Vedete uomini e ragazzi vestiti con camicia e pettorina, nero su bianco, alcuni addirittura sfoggiano papillon e bretelle, ci sono donne e ragazze dai colori sgargianti, vestite con tubini di raso. Al centro, tra i tavoli, una ragazza di giovane età che sul momento vi pare una principessa, per tutta una serie di ragioni. È letteralmente incoronata e attorniata da fiori mentre dei baluginii colorati le svolazzano attorno. Oltre la finestra intravedete un Hammer lindo e liscio che piega l’attenzione su di sé, ma un clangore di spade vi devia un’altra volta. Per essere sicuri di quello che sta succedendo, bevete un sorso di Gin Tonic, l’ennesimo. E allora vi voltate ancora. Adesso tutti ballano, con due casse sgangherate e un dj che forse non lo è ma che alterna una cumbia e un valzer. Rimanete ostinatamente in quel tripudio di colori, fiori, musica e volteggiamenti. La gente sfreccia vorticosamente tra tavolini che alla luce del sole sono quelli di un ristorante, è una sala che cambia rito col calare del sole. E quel ballo, quella coreografia è una roba incredibile. L’occhio si bagna e si brucia insieme, non sapete se siete in un programma tipo My Sweet Sixteen o sul palco di High School Musical, l’unica cosa che riuscite a fare è rimanere a bocca aperta. La realtà è che siete capitati a una Quinceañera, il passaggio di rito Latinoamericano che vede protagoniste le ragazze di 15 anni. Capite, adesso, che quella sbobba di My Sweet Sixteen è una copia malfatta, che spettacolarizza la realtà? È un’iperbole. Ma al di là dei registri scherzosi, questa festa rappresenta un momento decisivo nella vita delle adolescenti, che è il passaggio nell’età adulta. Tipo i nostri diciotto, ma che passa dalle pantofole al tacco: è una fiaba. Ed è una cosa seria. La Quinceañera in via Padova racconta un pezzo di vita e di cultura Latinoamericana con tutti i suoi crismi, ma ne rappresenta anche l’ostinatezza. Qualcuno la chiamerebbe resilienza, ma diciamo che è una parola abusata.

La principessa dei quindici anni. Foto di Onefilm Production
Affissioni Hyperlocal 2021

Io ci sono stato a una di queste feste. Non era una Quinceañera, ma l’atmosfera era quella. E vi assicuro che non me lo sono sognato. Bazzicavo in via Padova, entro in un posto qualunque e voilà: una festa sudamericana, e crollano le iperboli. Abbiamo ballato assieme a tutti, almeno chi riusciva a superare quel naturale scalino che si pone tra chi volteggia con grazia e chi sbatte le ginocchia sugli spigoli dei tavoli. Ma anche loro, abbacinati dal clima ruspante, hanno messo in gioco i propri menischi. Chi preso per mano o invitato da un sorriso, chi pigliato da un vortice di colori. Immancabilmente tirati in mezzo. Io davvero non so bene come raccontarvi questa situazione. Mi viene in mente quando anni fa, in una notte d’estate nella birreria del mio paesello di provincia, dopo aver tamburellato e sbattuto qua e là tutto quello che c’era e quindi: bottiglie, posaceneri, bicchieri, telefoni e mani e teste cercando di costruire una roba che chiamavamo ritmo ma che alle orecchie dei sobri sarà parsa come clangori di pentolame, ecco in quel momento arrivarono dal nulla un trio di brasiliani con darabouka, chitarra e lei con una voce pazzesca, e si misero a cantare e ballare con noi. Gli unici che seguivano e sentivano il ritmo battuto sui tavoli, e trasformavano quella roba in musica, in vibrazioni. Lo stupore divenne subito la convinzione di averli evocati con qualche maldestra formula ritmica. Magico.

L’incoronazione della Quinceañera. Foto di Onefilm Production

Insomma, tornando con i piedi per terra. Al di là di questa inconfutabile realtà controintuitiva dei mondi affianco ai mondi. Si sa quali sono alcuni problemi di questo quartiere. Si possono fare i nomi dei luoghi e pure quelli di chi si è mosso per provare a sistemare le cose. A me hanno detto che sono stato fortunato a beccare una situazione così, festosa, con tutti i connotati positivi che quest’attributo porta con sé. Eppure non sono stato né l’unico né l’ultimo. Altri raccontano di simili situazioni nelle sale affittate dello Zodiaco, l’ex cinema porno, sempre in via Padova. Lì, per esempio, si riunivano in molti e ballavano, ballavano fino a notte fonda, e lo facevano assieme a quei fenomeni dei Sambos de Corazon, come ci raccontano i ragazzi di CURE. Quello che voglio dire, un po’ con loro, è che le situazioni sono tante, sfrigolano tra loro e se passi tra i lembi c’è bisogno di tutta una strumentazione adeguata, un po’ come His Dark Materials, se qualcuno l’ha visto o letto, ecco. Passaggi che a volte rischiano di far collassare tutto e altre sono l’unico modo di stare in piedi assieme. A braccetto, e magari ballando. Che dire a chi m’ha dato del fortunello. Probabilmente hanno visto soltanto l’evidente, che è innegabile ma, per l’appunto, esposto. Per tante ragioni. Ma di certo non sono stati in queste feste: gli manca il paragone, dove si affitta per una notte un mondo dalle pareti pastello e l’importante è saper volteggiare, chiacchierare e conoscersi. Evitando magari di sbattere le caviglie qua e là, si sa mai che rovesci il tuo Gin Tonic su qualche principessa.