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Le Guess Who? 2023: quindici live da non perdere

Una breve guida per affrontare una delle line-up più ricche d'Europa

Scritto da Nicola Gerundino & Matteo Quinzi il 18 ottobre 2023
Aggiornato il 24 ottobre 2023

Con l’edizione numero 20 nel mirino (quest’anno siamo alla sedicesima), Le Guess Who? si riconferma uno degli appuntamenti musicali più solidi e universalmente trasversali: nello spazio, andando a pescare a piene mani dalla produzione di ogni continente, e anche nel tempo, proiettando il passato nel futuro e viceversa. Anche per quest’anno, oltre ai canonici lanci e rilanci della line-up, abbiamo deciso di presentare alcune performance particolarmente rilevanti: una selezione di live da segnarsi in agenda – o di dischi da ascoltare a casa, l’importante è nutrire spirito e mente, sempre – costellati da altri suggerimenti sparsi qua e là. Appuntamento a Utrecht dal 9 al 12 novembre.

GIOVEDÌ 9

African Head Charge

Bonjo Iyabinghi Noah ha deciso di piantare la sua bandiera nella nella terra dei tre confini: tradizione africana, dub e psichedelia dilatata. Percussionista originario del Ghana, è attivo da oltre quarant’anni, ha partecipato a numerosissimi progetti e altrettanti sono stati i musicisti che hanno staccato un biglietto per viaggiare assieme a lui, dal vivo come in studio. Bonjo dice di andare avanti esclusivamente a erba, ma “Microdosing”, ultima traccia del suo nuovissimo album datato 2023 – “A Trip To Bolgatanga”, uscito per la On-U Sound di Adrian Sherwood – promette ben altro tipo di visioni sonore.

 

 

“Jarak Qaribak” by Dudu Tassa & Jonny Greenwood

Lo sguardo e il ciuffo extra Radiohead di Jonny Greenwood da molti anni puntano a Est. Prima l’India con “Junun”, ora il Medio Oriente con “Jarak Qaribak”, tradotto “Il tuo vicino è un tuo amico”. Titolo quanto mai attuale e profetico, purtroppo al contrario. Oggi può sembrare uno sterile augurio o una provocazione artistica, ma sicuramente in origine il progetto creato insieme all’israeliano Dudu Tassa e una serie di cantanti dell’area mediorientale aveva come obiettivo quello che da sempre la musica ha in quasi tutte le sue declinazioni: creare un esperanto di ritmi, melodie, parole per cancellare le barriere che l’uomo ha creato per motivi politici, religiosi o economici.

 

 

W.I.T.C.H.

Un viaggio nel passato dell’Africa, riattualizzato nella Mitteleuropa. Anni Settanta, Zambia, i W.I.T.C.H. fanno il loro debutto e diventano un fenomeno di culto per una nazione che, improvvisamente, riesce a vivere la sua favola rock’n’roll come fosse l’Inghilterra o gli States – il frontman della band, Jagari, prende in prestito il suo nome da sir Mick Jagger. Dopo anni di oblio, una reissue della Now Again Records li riporta in auge, coadiuvati da due pezzi da novanta della scena alt-rock olandese che li accompagnano in zona live: Jacco Gardner e Nic Mauskoviç.

 

 

Lost Girls

Dopo un avvio con un piede stabile nel folk (e l’altro nella sperimentazione vocale), Jenny Hval ha abbracciato sempre di più la via dell’elettronica, arrivando, nel 2021, a un uscita sulla mitica label di settore Smalltown Supersound con il progetto Lost Girls, in condivisione con Håvard Volden. Tutti e due norvegesi, come del resto l’etichetta. L’album si chiamava “Menneskekollektivet” ed era un’inedito tentativo di destrutturare la forma canzone, diluendola in ipnosi da dancefloor lunghe anche dodici minuti. Di questi giorni il secondo disco: stessa etichetta, ma nuovo cambio di direzione, stavolta verso orizzonti decisamente (new) wave. Una data che sa di anteprima assoluta.

 

 

VENERDÌ 10

dragonchild x Sunken Cages

Una scheggia impazzita. Una gemma preziosa. Africa, America e Asia. Da una parte il sax di dragonchild, al secolo D.A. Mekonnen, musicista di Boston di origini etiopi fondatore della Debo Band, capace di mescolare tradizione statunitense, afrobeat, soul e funk; dall’altra la batteria di Sunken Cage, moniker dietro il quale si cela il batterista e musicista elettronico indiano Ravish Momin. Dal vivo sul palco solo loro due, a duettare e rincorrersi, tra percussioni acustiche, battute elettroniche e assoli spacca polmoni.

 

 

Kali Malone’s ‘Does Spring Hide Its Joy’ ft. Lucy Railton & Stephen O’Malley

Dopo “The Sacrificial Code”, Kali Malone ha piazzato quest’anno un altro disco capolavoro, “Does Spring Hide Its Joy”. Un album che parte da lontano, essendo stato concepito (a Berlino) durante i mesi di vuoto e silenzio del lockdown Covid. Un tentativo di contemplazione profonda e minimale, specchio di quell’abisso rigido e isolante in cui il mondo ha vissuto all’unisono per settimane. Un’impresa compositiva che si è avvalsa di due altri (e alti) officianti del culto del Dio Drone, Lucy Railton e Stephen O’Malley, che saranno assieme a lei sul palco, rispettivamente al violoncello e alla chitarra, mentre Kali guiderà la parte elettronica.

 

 

Tom Skinner

Nella scena inglese la sua batteria sta diventando un marchio di fabbrica. Tom Skinner infatti è l’asse portante ritmico della creatura a tre teste The Smile – progetto condiviso con Thom Yorke e Jonny Greenwood, i classici “due di passaggio” – nonché del quartetto-uragano Sons of Kemet, in cui militano Shabaka Hutchings, Theon Cross ed Eddie Hick, l’altro batterista. Lo scorso anno è uscito per Brownswood Recordings – come a dire, tutto torna – il suo album di debutto solista, “Voices Of Bishara”: un bella lezione di composizione afro-soul-spiritual jazz, data da uno che è ormai bisogna inserire nella cerchia dei maestri.

 

 

SABATO 11

Sofie Birch & Antonina Nowacka present Languoria

Nel 2022 Sofie Birch, compositrice danese, ha scalato la classifica degli artisti feticcio per gli amanti dell’elettronica e, in particolare, del nuovo e ricco filone ambient. Nello stesso anno ha fatto uscire in solo l’album “Holotropica”, mentre in tandem con la cantante sperimentale Antonina Nowacka ha licenziato l’altrettanto celestiale “Languoria”. L’album sarà riproposto integralmente: un’apnea estatica per grandi animi.

 

 

The Necks

Un culto che cresce a ogni album. L’ultimo, “Travel”, uscito proprio quest’anno per Northern Spy. Difficile dire a quale genere appartenga il flusso sonoro del trio australiano composto da Chris Abrahams, Tony Buck e Lloyd Swanton (rispettivamente piano, batteria e basso), se jazz, ambient o sperimentazione d’avanguardia. L’unica certezza è che la bellezza e intensità delle loro performance hanno la capacità di manipolare lo spazio e il tempo, facendo sembrare un loro live non più lungo di un respiro.

 

 

Marta Salogni performing Pauline Anna Strom

Pauline Anna Strom è stata una delle pioniere dell’elettronica: meno nota della coetanea Suzanne Ciani, ma altrettanto ispirata. Pauline purtroppo ci ha lasciato tre anni fa, proprio nel momento in cui la sua produzione veniva riscoperta e riapprezzata in tutto il mondo. L’indefessa e preziosa RVNG Intl.ha deciso di ripubblicare i suoi primi tre album, “Trans-Millenia Consort”, “Plot Zero” e “Spectr”, affidando i nastri originali a Marta Salogni – ingegnere del suono che a Le Guess Who? si esibirà anche in un’altra occasione con Valentina Magaletti – che sono stati poi restaurati e remixati. Il box si intitola “Echoes, Spaces, Lines”: un riassunto perfetto della cosmicità elettronica che ha abitato il corpo e la mente della compositrice di San Francisco.

 

 

Bill Orcutt Guitar Quartet

Bill Orcutt ha una frequenza di uscita discografica pari solo a quella dei King Gizzard. Dire iper prolifico è poco, dire iper ruvido (e rumoroso) è scontato, dire estatico vuole dire riassumere la sensazione che si prova a ogni ascolto e a ogni esibizione live. Le sue geometrie minimali e ripetitive saranno protagoniste di due live in questa edizione de Le Guess Who?: imperdibile quella in cui presenterà il suo album del 2022 “Music For Four Guitars”, ma non meno ricca di pathos sarà quella che lo vedrà di fianco alla sassofonista Zoh Amba.

 

 

ESG

Uno dei gruppi preferiti e più campionati dagli artisti hip-hop e uno dei culti assoluti, insieme ai concittadini Liquid Liquid, per tutti gli amanti di quel crocevia tra dance e rock denominato punk- funk. Dal 1978, Emerald, Sapphire e Gold da South Bronx, New York, continuano imperterrite a far muovere culi, formare coscienze e ispirare nuove generazioni di musiciste. Il loro groove, ossessivo e irresistibile, ha attraversato i decenni e tipologie di ascoltatori senza venirne scalfito, arrivando potente e in purezza fino a oggi. Un “UFO” sonoro ipnotico quanto inafferrabile. Quello a Le Guess Who? sarà l’unico e forse ultimo concerto in Europa in occasione dell’uscita del loro documentario “Are You Serious?”. Non credo occorra aggiungere altro.

 

 

Moin

La “nostra batterista del cuore” Valentina Magaletti sarà una delle protagoniste assolute di questa edizione de Le Guess Who?. Tra i diversi progetti che presenterà, i Moin sono probabilmente quello più atteso. Il trio di base a Londra e composto insieme a Joe Andrews e Tom Halstead (Raime e Blackest Ever Black), rappresenta la quintessenza dell’immaginario “post”, dove tutto sembra provenire da passati musicali, ma riassemblato secondo nuove e futuribili possibilità. “Paste” (2022) non è stato solo uno dei migliori album “rock” della scorsa stagione, ma anche una bolla sonora nella quale destrutturazione, memoria e melodia trovano un magico equilibrio. Dal vivo dovrebbe esserci spazio anche per nuovi flussi di ricordi e collage dal futuro che andranno a comporre il prossimo disco.

 

 

DOMENICA 12

Nala Sinephro

A due anni di distanza dall’uscita lo possiamo affermare senza il rischio di smentite: “Space 1.8” è uno degli esordi più belli e importanti degli ultimi anni. La bellezza, si sa, è soggettiva, ma quando viene supportata da un plebiscito di pubblico e critica si trasforma in altro. In qualcosa che colpisce e rimane impresso nella collettività, l’opposto dell’effimera viralità tanto in voga in questi tempi virtuali. Una suite ambient jazz placida e interstellare, immaginata e suonata nella mente dell’allora poco più che ventenne Nala Sinephro, resa realtà con l’aiuto di amici e colleghi come la sassofonista Nubya Garcia, e infine presentata al mondo tramite un’etichetta di qualità come la Warp. Ascoltarla finalmente dal vivo sarà un piacere: un viaggio meditativo a base di sintetizzatori modulari, arpa e ricordi ancestrali, che unirà la Sinephro, le sue divinità – Alice Coltrane in primis – e il pubblico, formando un’ideale costellazione in una galassia remota.

 

 

Stereolab

Addentrarsi nella rigogliosa discografia degli Stereolab è l’esperienza più vicina a una versione musicale del multiverso. Ogni disco, per non dire ogni brano, è un salto spazio-temporale alternativo e rivelatore attraverso le possibili versioni di quella che potremmo definire la cult band perfetta. Dal 1990 al 2009, Tim Gane, Laetitia Sadier e soci hanno trasformato in pop music evoluta praticamente qualsiasi cosa, unendo krautrock e poesia francese, lounge music e pensiero sociale, elettronica e surrealismo, musica brasiliana e situazionismo. Il tutto sempre con un’allure positiva e giocosa. Col senno di poi sono stati una delle band fondamentali degli anni Novanta e degli abilissimi manipolatori dei passati musicali ai quali attingono, molto meglio e molto prima dell’ondata retrò che sta caratterizzando in lungo e in largo il nuovo millennio. Tornati in pista nel 2019 dopo dieci anni di pausa, gli Stereolab sono tra i curatori ed headliner dell’edizione 2023 del festival.

 

 

The Harvest Time Project: A Tribute to Pharoah Sanders

Ok, con questo i live diventano sedici, ma essendo Pharoah Sanders puro spirito e trascendenza, possiamo dire che qui siamo fuori da ogni logica matematico-algebrica e che dalla prima all’ultima nota si andrà oltre i corpi dei musicisti che suoneranno e dei materiali di cui saranno compositi i loro strumenti. Pharoah Sanders ha lasciato questa terra un anno fa e questo tributo non solo vuole essere un omaggio alla sua figura, ma anche al suo seminale album d’esordio “Harvest Time” che lo scorso luglio è stato ristampato dalla Luaka Bop di David Byrne. The Harvest Time Project girerà il mondo, con protagonisti ogni volta diversi. A Le Guess Who?, prima tappa, gli interpreti saranno Irreversible Entanglements, Domenico Lancellotti, Hamid Drake e Tisziji Muñoz, chitarrista di Pharoah, sotto la direzione di Joshua Abrams.

 

 

Visto che quindici live (più uno) in quattro giorni possono sembrare ragionevolmente pochi, ecco cos’altro vi suggeriamo di segnare sul taccuino: Ak’chamel, aya, Alan Sparhawk (of Low), Bitchin Bajas, Bixiga 70, Bala Desejo, Backxwash, Caterina Barbieri + Space Afrika with MFO, Colleen, Holy Tongue, Irreversible Entaglements, James Holden, Le Cri du Caire, Maya Ongaku, Model/Actriz, Mong Tong, Nah, Nihiloxica, Phelimuncasi, Richard Dawson, Slauson Malone 1, Special Interest, Voice Actor, ZULI & Omar El Sadek present λ