Archie Ferguson, il protagonista di uno dei romanzi più noti di Paul Auster, 4321 (2017), si comporta come una particella elementare in un campo quantico: cambia tantissimi stati e vive numerose vite. Fermo con il suo gesso in un’estate in cui è ancora troppo piccolo per reagire al dolore ma non per capire il senso di quell’immobilità temporanea, rimugina senza sosta sulle alternative possibili agli avvenimenti della sua esistenza. Archie è consapevole che la realtà consiste anche in «quello che sarebbe potuto succedere ma non era successo», che le strade sono fatte di bivi e che i piccoli incontri che si fanno agli incroci orientano tutto il resto del viaggio. Nella fisica quantistica questo fatto si chiama entanglement. Cioè, quando una particella incontra un’altra particella nello spazio, le due rimangono così legate che quello che accade a una condiziona l’altra, per sempre. Entanglement è anche il tema della programmazione di quest’anno di Volvo Studio Milano.
Dicono che le particelle siano quello che più c’è di misterioso intorno a noi: prima di comparire in un punto preciso dello spazio queste, infatti, possono viaggiare per secoli sotto forma di onde di probabilità, senza che ci sia alcuna possibilità per noi di poterle catturare o capire. Funziona così anche nella progettazione culturale. L’anno scorso Paola Dubini, presidentessa della Fondazione CRT, raccontava a Zero come nessuno prima di lei avesse studiato il settore dell’editoria da una prospettiva economica e Linda di Pietro, direttrice artistica di BASE, di quando era l’unica in Italia a fare management culturale. Harald Szeemann, mentre architettava mostre utilizzando opere e manufatti amatoriali come le lettere di un saggio visivo, non aveva di certo previsto che si sarebbe dato un nome e pure una professione al suo mestiere di libertà, che qualcuno l’avrebbe chiamato “curatela indipendente”. Questo fanno le particelle quando sono infinitamente piccole, “elementari”: fanno discutere, vengono dimenticate e poi riscoperte. Vivono sotto una forma potenziale, sono eventi per il futuro.
Volvo Studio, dal 2017, sembra cimentarsi proprio con la meccanica quantistica: osa appiccicarsi alle onde di probabilità, alle nuove tendenze un po’ dimesse e vedere dove lo porteranno. Come il protagonista di 4321, Archie Ferguson, anche l’hub culturale aperto dalla casa automobilistica svedese, ha vissuto tante vite e in queste si è scelto diversi partner, costruendo con ognuno una casa per pubblici e figli diversi. Volvo Studio negli anni si è consacrato come palco, come tavola rotonda, come spazio espositivo, showroom e pure hub per l’educazione alternativa. La Milanesiana, il festival ideato da Elisabetta Sgarbi, e La nave di Teseo, casa editrice, sono tra i partner storici. Così come Ponderosa Music&Art che, tra le altre cose, porta Piano City e JAZZMI dentro agli spazi di Volvo Studio. E quest’anno è approdata in via della Liberazione anche la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, aprendo al pubblico corsi di alta formazione in campo musicale. Pure Triennale Teatro torna in Porta Nuova con un progetto in collaborazione con la sua resident radio RadioRaheem. Mentre BASE e Viasaterna si riconfermano portatrici delle visioni dell’arte emergente a Milano. E il BAM – Biblioteca degli Alberi, il grande parco verde accanto a Volvo Studio, è pronto a generare una programmazione generosa.
«Le origini delle cose sono sempre piccole cose» scriveva Thoreau in Mirtilli (1860) e la programmazione di Volvo Studio per il 2024 si rivolge proprio al micro che influenza il macro, sotto l’ombrello dell’Entanglement quantistico. Con Zero partiremo proprio dalla programmazione e dalle sinergie tra Volvo Studio e i suoi partner per accennare a ciò che striscia sotto le granitiche fondamenta della progettazione culturale a Milano. Piccole tendenze e velocissime particelle: proviamo a catturarne alcune, finché sono latenti.
Quali sono, perciò, le onde di probabilità che oggi attraversano la musica, le arti visive, le arti performative, la letteratura secondo Volvo Studio e secondo i suoi partner culturali? Definire un popolo di spettatori che manca, oppure rivalutare la bellezza dei piccoli palchi. Ma anche, capire come l’immagine in movimento ha a che fare con la musica e viceversa. E poi, chiederci perché c’è ancora bisogno di parlare di educazione sentimentale e gentilezza. Da qui a settembre lo faremo noi per voi: vi terremo compagnia cavalcando queste onde e immedesimandoci in elementari particelle per capire su che spiagge, in fondo, desideriamo essere portati.