Roma è la città in cui basta scavare una buca per trovare una cripta antica, un’anfora preziosa, una statua perfettamente conservata. Tesori nascosti di un passato che ciclicamente riemerge, a ricordaci la nostra decadenza e la nostra grandezza – o la grandezza della nostra decadenza, o la decadenza della nostra grandezza: invertendo i fattori il risultato non cambia. Oltre che quello antico però, Roma ha sempre avuto un altro doppio: quello sotterraneo. Un sottosuolo profano, a bilanciare l’abbondanza del sacro in superfice. Il sotterraneo come categoria dell’Urbe non funziona solo da un punto di vista geologico, ma anche culturale e creativo. Ci riferiamo a quel sottosopra di artisti, personaggi, musicisti, viveur e stelle comete che hanno fatto la storia della Capitale alternativa. Soprattutto a partire dagli anni dell’apparentemente inoffensiva Dolce Vita.
Sparsi per la città, alcuni dei luoghi appartenenti a questo universo capovolto resistono ancora: a volte intatti, come se fossero ancor dentro all’epoca in cui hanno regalato sogni a occhi aperti e squarci di irrealtà barocca; a volte abbandonati a loro stessi, mimetizzati in un panorama urbano che non gli appartiene più. Uno di questi è il Baronato Quattro Bellezze, il reame di Dominot: figura mitologica e fluida, attore, mimo, travestito, chansonnier e agitatore seriale delle notti romane. Un piccolo locale dalla storia ricchissima che ora rivive grazie all’impegno dei soliti (ig)noti del sottosopra romano di oggi e alla direzione artistica de i Salò.
Con il favore delle tenebre li abbiamo raggiunti per farci raccontare qualcosa di più di questo luogo, per ora aperto solamente i martedì dalle 18:00 alle 24:00, e questo è quel narrano:
“In una Roma fuori dal tempo, una sera alla settimana un aristocratico signore senza età, scarnito e diafano, si esibiva salendo sul bancone di una vecchia vineria in via di Panico – da lui trasfigurata in un minuscolo teatro. Come quinta fiabesca un cavalluccio da giostra antica, mentre in luccicanti abiti femminili interpretava il repertorio della sua musa Edith Piaf. Il suo locale diventa fin da subito una tappa leggendaria delle notti romane più surreali e alternative, con quel suo nome dal sapore misterioso: Baronato Quattro Bellezze.
Scelto da Federico Fellini per la scena finale de “La dolce vita,” Dominot fu un figura iconica di quella Roma sommersa degli anni Settanta e Ottanta. Mimo trasformista, drag queen e travestito, fu per molti anni tra i protagonisti dell’avanguardia romana. Oggi il Baronato Quattro Bellezze, ritrovato e restaurato esattamente come era in quell’epoca dopo tantissimi anni di chiusura, viene riaperto con l’intenzione di continuare la sua vocazione allo spettacolo dell’assurdo, il tutto sotto un’eccezionale direzione artistica: quella della band romana dei Saló.
Il Baronato vuole essere un’esperienza che supera il concetto di performance continuativa, di semplice luogo espositivo o di locale notturno di sperimentazione. Un luogo che accoglie il malcapitato spettatore e lo trascina nell’onirico e straniante mondo dei Saló. Un’osteria ottocentesca in chiave contemporanea dove musica dal vivo, performance e teatralità creano un microcosmo fatto di distorto folklore romano, sperimentazione e grottesche atmosfere dell’assurdo. Un’estensione dell’attività performativa dei Saló in cui serata dopo serata altri artisti vengono invitati dalla band per far scaturire dialoghi e jam sessions inaspettate e lisergiche”.
Ora che sapete dove e quando andare – e cosa vi aspetta – non vi resta che elaborare uno stratagemma per sfuggire all’occhio severo della guardia papale, che dall’alto di Castel Sant’Angelo osserva e controlla la città.