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Terraforma: una questione di spazi e di palchi

La musica è una componente necessaria ma non sufficiente per definire il festival, che fonda il suo concept anche su architettura e ambiente

Scritto da Laura Caprino il 22 giugno 2022
Aggiornato il 23 giugno 2022

Mi sono trasferita a Berlino da un paio d’anni e quando racconto cosa mi manchi dell’Italia, solitamente l’elenco comprende tre cose: il meteo, i pomodori che sanno di pomodoro, e Terraforma. Proprio mentre scrivo questo pezzo, veglia su di me incorniciato e appeso alla parete il poster dell’edizione 2020, mai avvenuta – ma bramata – e bloccata dalla pandemia. Ho raccontato ai miei amici internazionali di Terraforma, ho mostrato le foto degli anni passati come fanno gli sposi con l’album del matrimonio; ho cercato di spiegare la magia di questa capsula spazio-temporale di tre giorni, invitandoli a credere al sogno che diventa realtà varcando le soglie di Villa Arconati. Negli anni Terraforma ha costruito una dimensione in cui l’arte, il suono, l’architettura e l’ambiente si fondono armonicamente per offrire agli ospiti un viaggio esperienziale. La musica segue gli orari e le abitudini del giorno, accompagna il ritmo biologico del risveglio, del riposo, della danza. 

La natura è omaggiata dalle strutture dei palchi e del campeggio, che perseguono la visione sostenibile e comunitaria che rappresenta lo spirito con cui Terraforma si rinnova anno dopo anno. Il campeggio è, di per sé, la prima tappa d’ingresso ad un’area del bosco piuttosto raccolta, dove alla fine del weekend più o meno ci si conosce tutti, ci si sorride al mattino come vicini di casa e, se si attende abbastanza a lungo, si può godere della sorpresa di un final ed unannounced set quando le porte del festival chiudono alla mezzanotte di Domenica. Le docce, costruite senza barriere e lasciate aperte, trasmettono un senso di libertà e familiarità collettiva: siamo tutt* abitanti di questo pianeta parallelo. Tutto attorno ci si lascia incantare da giardini e alberi della Villa, costellata di sculture settecentesche tanto magnifiche da ispirare un artista di Macao che qualche anno fa si offrì per tatuarle a chi ne avesse desiderio. 

L’unicità di Terraforma sta nel non puntare sugli headliner, o sulla crescente attesa dell’orario in cui il nome più famoso raccoglie la folla.

Al contrario, è un percorso che segue gli stati dell’animo e presenta al pubblico l’artista in un contesto scelto su misura, perché compatibile con le sonorità o la performance che andrà a proporre. Leggendario rimane, ad esempio, il set che Vladimir Ivkovic ha suonato all’Alpha Stage (disegnato da Matteo Petrucci), nel 2018, in un pomeriggio afoso in cui bpm lenti e tribali hanno trasformato il dancefloor in una savana di corpi posseduti. O quello che l’anno successivo ha presentato al palco Carhartt WIP, act completamente diverso, spiazzante ed onirico, che ha ideato ispirato da alcuni dei suoi sogni notturni. Prova che la scelta del palco offre all’artista la libertà di esprimere la narrazione che sente più adatta e personale, materializzando qualcosa di irripetibile (vedi alla voce closing di Plo Man nel 2017, che a fine set ha distribuito CD masterizzati con le sue tracce ai raver sulla via del ritorno alle tende).

L’Alpha Stage, poi, è magnetico, ipnotico: una sontuosa struttura geometrica triangolare composta di metallo (a riflettere i colori del cielo e del verde circostante), e Pvc sostenibile che lascia intravedere come le piante, gli alberi, la foresta dietro il palco non fungono semplicemente da sfondo, ma siano parte integrante dell’esperienza proposta al pubblico. Le costruzioni architettoniche dell’uomo trovano il proprio posto nello spazio lasciato dalla natura; i live e i set si fanno più intensi, emozionanti, circondati dalla bellezza dell’ambiente.

Main Stage

Un altro caso d’eccellenza è quello di Paquita Gordon e Donato Dozzy, sovrani incontrastati e amici di lunga data del festival, che quando suonano a Terraforma suonano a casa loro e suonano qualcosa di assolutamente esclusivo per l’occasione. Paquita sciamanica e dub, acid, naturale nel senso di connessa alla Terra; Donato ambient, downtempo, scuro e mistico. Donato che tutto può e che nel 2019 ha concluso tre mastodontiche ore con Tonada De Ordeño, ballata latina popolare e contadina, che ha commosso occhi e cuori estasiati e fatto scrosciare una pioggia di applausi in standing ovation.

Terraforma sperimenta e introduce organicamente elementi creativi come l’installazione site-specific del Planetario – curata da Caterina Barbieri – nel 2018, o l’incredibile Labirinto, parte del progetto di ristrutturazione dei giardini della Villa e rivalutazione di un vero labirinto storico composto oggi da 500 esemplari botanici. Dal nucleo centrale, il pubblico si diffonde lungo una spirale vegetale composta da cinque cerchi concentrici che, livello dopo livello, si amplia e quasi impedisce la vista lasciando agli altri sensi l’immersione nell’esibizione – una fra tutte, lo spirituale live di Monolake (al secolo Robert Henke), di tre anni fa.

Labirinto

Siamo quindi al 2022, finalmente i festival e la musica live ripartono, Terraforma riprende e mette da parte talk e panel per dare spazio assoluto alla musica. Per consacrarla al massimo delle potenzialità, nasce un quarto palco, il Vaia Stage, realizzato in collaborazione con lo studio di architettura e ricerca Space Caviar. Un palco sostenibile che incarna l’idea stessa di rinascita post-pandemica, costruito interamente utilizzando il legno di alcuni dei 42 milioni di alberi tragicamente abbattuti dalla tempesta meteorologica Vaia, avvenuta nel 2018 nel Triveneto colpendo i boschi delle Dolomiti. Lo stage, supportato da Carhartt WIP, si preannuncia come uno dei più stupefacenti alternando in line up proprio Paquita e Donato (astri della giornata di Domenica), MC Yallah e DEBMASTER, DJ Nigga Fox e, ancora, l’attesissimo ritorno di Voices From The Lake. Sia sul Vaia che sull’Alpha stage non poteva mancare degli show di luci che chiudessero l’involucro dell’atmosfera unica che si respira durante i set di Terraforma, studiati e sviluppati ad hoc da Feliciano Musillo, in arte FELIX, lighting e show designer dello studio Expect Nothing. Nebbia e fasci di luce sono pronti a valorizzare l’architettura dei due stage attraverso show geometrici ed effetti di luce e controluce. Ultima stazione a cui dirigersi quella del Lake Stage, in cui il cerchio del festival si chiude con la performance conclusiva di quest’anno,  supportata da Kuboraum, con DJ RED.

Dicevo che dell’Italia a lungo mi è mancato Terraforma, ma la nostalgia volge al termine. É il momento di aggiornare i racconti del passato con quelli di una nuova, scalpitante edizione.

Workshop di Space Caviar per la costruzione del Vaia Stage