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Tra queerness, femminismo, ecologie e riti comunitari: il programma di Santarcangelo Festival 2022

Scritto da Salvatore Papa il 25 maggio 2022
Aggiornato il 7 giugno 2022

“Poco dopo il mio arrivo a Santarcangelo – racconta il nuovo direttore artistico del festival Tomasz Kireńczuk – sono entrato al Caffè Roma. La prima domande che mi hanno rivolto è stata: che progetti ci sono per la piazza?”.
Chi frequenta Santarcangelo lo sa bene: il festival senza Piazza Ganganelli non esisterebbe. Da lì passa tutta l’essenza di una manifestazione che si offre ancora una volta nell’impresa di proporre un racconto multidisciplinare e polifonico di un presente sempre più ridotto a brandelli.

Ecco allora il simbolo di questa 52esima edizione che si svolgerà dall’8 al 17 luglio: una grande tavola rotonda di 12 metri di diametro all’interno della piazza. Una tavola attorno alla quale sedersi, ascoltarsi, assistere insieme allo scorrere del festival, collegata alla storia della Polonia di Kireńczuk, salvatasi dalla guerra civile proprio grazie ai cosiddetti “Accordi della Tavola Rotonda”, dalla forma del tavolo che ospitò per mesi le trattative tra governo filosovietico e opposizione.

Il richiamo all’attualità è evidente, ma non è solo quello: “Abbiamo bisogno di spazi condivisi – afferma Kireńczuk. Luoghi nei quali dare vita a comunità temporanee per celebrare la nostra diversità, realtà di apprendimento che cerchino la loro forza nelle differenze dei corpi, delle voci, dei contesti e delle prospettive. In un mondo così dolorosamente colpito dalla disuguaglianza e dal conflitto, necessitiamo di ambienti dove sostenersi a vicenda, esserci l’uno per l’altra. Mi auguro che il 52esimo Santarcangelo Festival possa rivelarsi questo tipo di luogo. Un luogo. Attento, generoso, empatico e intimo”.

Mónica Calle – Ensaio para uma Cartografia © Bruno Simao

Can you feel your own voice è il titolo scelto, “non una spiegazione, ma un suggerimento per vivere il festival, per fermarsi e imparare ad ascoltare”.

Oltre 40 le artiste, artisti, gruppi e compagnie che tra performing art, teatro, danza e musica  affrontano temi come il femminismo, la natura, il corpo, la politica e le relazioni comunitarie.

E proprio attorno alla tavola rotonda si svolgeranno Jumpcore del performer emergente polacco Paweł Sakowicz, un’estenuante performance sull’azione del salto che traduce il tragico atto dell’americano Fred Herko, il quale nel 1964 portò a compimento una coreografia con il proprio suicidio, gettandosi da un palazzo di New York (15, 16 e 17) e, nel primo weekend (9 e 10), Siamo ovunque, lettura partecipativa dei collettivi svizzero-italiani Dreams Come True, Hichmoul Pilon Production, collectif anthropie con storie di attivisti, tattiche, strumenti e strategie volte a formare un archivio dell’attivismo contemporaneo.

Negli ultimi anni, il Festival si è confermato inoltre spazio aperto a un gran numero di giovani artisti con identità ed estetica queer. In questo solco si inserisce il progettone Bright Room (ribaltamento delle dark room) che per dieci giorni celebra la queerness cambiando il volto del Supercinema e ospitando balli, scenografie favolose, workshop dedicati ai costumi artigianali e ai diversi look delle sopracciglia, talk, wellness session, feste, trucchi, sedute spiritiche, tappeti, amuleti e molto altro.

Maria Magdalena Kozłowska – COMMUNE ©Anna van Kooij

Molto forte anche la presenza della prospettiva femminista e di tante artiste, a partire dalla portoghese Mónica Calle che in Ensaio Para Uma Cartografia (8 e 9) porta nel Parco Baden-Powell dodici ballerine non professioniste mettendo alla prova i loro corpi nudi nella ripetizione ossessiva dello stesso passo di danza, portando alla luce la tenacia delle donne contro gli stereotipi maschilisti della perfezione. Sul tema della vulnerabilità invece DOOM dell’austro-svizzera Teresa Vittucci che insieme al compositore e interprete Colin Self decostruisce l’immagine biblica delle donne (12 e 13); un cambio di prospettiva che riguarda anche COMMUNE della polacca Maria Magdalena Kozłowska in cui una gang di musicisti classici fa a pezzi il genere operistico trasformandolo in un linguaggio condiviso del dissenso femminile all’interno proprio di un teatro dell’opera di Rimini (9 e 10). E ancora, profondamente femministi, love me dell’argentina Marina Otero (15 e 16), tra le artiste più importanti della nuova generazione di theatre-maker sudamericani, My Body solo di Stefania Tansini (9 e 10) e Tutto Brucia dei Motus, incentrato sulla figura di Cassandra, insieme alla performer Silvia Calderoni e alla musicista R.Y.F (13 e 14).

Non manca, come successo nelle ultime edizioni, una panoramica sui lavori che indagano nuove forme di relazione con la natura. Così per Mom, I* am no longer Black (il 16) della performer mozambicana Marilú Mapengo Námoda, un rituale funebre di 9 ore in cui l’interprete offre il proprio corpo alla natura, ripetendo le medesime attività vitali in uno stato di trance; La notte è il mio giorno preferito di Annamaria Ajmone (8,9 e 10), che indaga le rotte dagli animali selvatici nel tentativo di prenderne in prestito lo sguardo; Altamira 2042 della brasiliana Gabriela Carneiro da Cunha che, mediante alcuni dispositivi tecno-sciamanici, porta all’attenzione del pubblico il problema della diga di Belo Monte, che ha messo a rischio la biodiversità del fiume Xingu, in Amazzonia, e la vita dei suoi abitanti (9 e 10).

Il corpo è ovviamente l’elemento onnipresente, in particolare nel solo coreografico di Catol Teixeira, interprete non-binary che in la peau entre les doigts muta i propri movimenti in base al modo in cui il pubblico si distribuisce nello spazio (8, 9 e 10) o in CLOUD_extended di Giovanfrancesco Giannini, riflessione sulla sulla rappresentazione mediatica dei corpi ispirata al manifesto del comunismo queer e alle idee di Georgy Mamedov e Oksana Shatalova, attivisti radicali del Kyrgyzstan (14, 15 e 16).

Teresa Vittucci – DOOM ©Byron Gago

E poi la politica: in 375 0908 2334.The body you are calling is currently not available Igor Shugaleev invita il pubblico a immedesimarsi nella condizione di violenza subita dagli oppositori al regime bielorusso: ore trascorse in ginocchio, le mani legate dietro alla schiena, la fronte poggiata a terra (9 e 10); in Violences la regista e performer franco-belga Léa Drouet ricorda la dolorosa esperienza di due bambine, tra cui sua nonna Mado, come emblema della violenza esercitata sulle donne delle classi emarginate(16 e 17); O Samba do Crioulo Doido del brasiliano Calixto Neto riproduce in scena gli stereotipi legati alla rappresentazione del corpo nero radicati in Brasile e intrappolati in un’accezione a metà strada tra l’esotismo e l’erotismo (15, 16 e 17); GO GO OTHELLO della performer sudafricana Ntando Cele affronta sul palco di uno strano cabaret i temi di razzismo e postcolonialismo (14 e 15).

Dopo due anni di assenza, torna infine la programmazione notturna di Imbosco, il tendone da circo aperto e nascosto tra gli alberi ai piedi del Parco Cappuccini, i cui party e concerti sono curati da Chris Angiolini di Bronson Produzioni. Già confermati i live-set di BAMBII, Ehua e POCHE Cltv e quattro concerti gratuiti allo Sferisterio:il duo SIKSA (il 9), Blind & Lame (il 12), Joan Thiele (il 10), WOW (il 15) .

QUI IL PROGRAMMA COMPLETO