Pensavamo di parlare con Alessandro Onori, e invece abbiamo parlato con La Boum. Ci dicono che è una e trina. E infatti ci sono anche Riccardo Marinangeli e Giuseppe Pisano. È molteplice, è liquida. A quanto pare, è anche una governante severa ma giusta, che ci fa divertire montando a neve balere, milonghe e performance drag, con un savoir faire da commedia italiana. Il suo palco è l’Arizona 2000, i suoi compagni e pretendenti non hanno età, ma è quasi sicuro che levitano ballando un liscio tête-à-tête tra parrucche e cartonati, mentre la sua voce suona inconfondibilmente come italodisco.
Alessandro, chi e cosa è La Boum, come vi comanda?
Lo dico sempre: La Boum è un’entità a parte, l’abbiamo fatta noi ma poi è andata da sé.
E sì, confesso: ci comanda, ma è una sudditanza piacevole e condivisa da tutti noi. La sua storia risale a cinque anni fa, quando nell’aria c’era voglia di qualcosa di nuovo. Sentivamo il bisogno di raccontare qualcosa di diverso, e io ero affascinato dalla scena queer londinese. Pensavo poi alla Nuova Idea in Isola, già chiusa all’epoca, dove raccontavano che davvero trovavi il muratore vestito da donna, arrangiato e con la barba. Un po’ come se tu ti tenessi i baffi e tutto ma ti vestissi da donna.
[Mi ci immagino e arrossisco] Insomma, come una festa in casa. E pure a tema.
Lì sta l’idea. La Boum oltre a essere il titolo de Il Tempo delle Mele in francese significa “festa in casa”. Volevamo liberarci di tutto e fare una festa tra amici senza troppe pretese, tipo il tema animalier delle amiche ai diciott’anni, di giovedì sera. Ma non è andata così, e il successo è arrivato con gli anni.
Poi io sono ossessionato dalla cinematografia italiana e di quell’italianità lì. Ti dico, sono cresciuto con due miti. Ti farai due grosse risate. Uno è Il Salone Margherita, con Leo Gullotta che faceva Leonida: una stella scesa dal cielo. Ma il film per antonomasia che uno si deve vedere se vuole capire La Boum è Belli Freschi. Ci sono De Sica e Lino Banfi che ammazzano un uomo per sbaglio, scappano a New York e fanno una vita travestiti da donne. Finiscono in questo ristorante, la Traviata, e nonostante siano due carampane le assumono perché cantano bene la lirica, finché un uomo ricco s’innamora di uno dei due… insomma c’è un po’ tutta la commedia italiana, e noi volevamo essere quello: La Commedia Italiana. Raccontare l’italianità per quella che è: una scarpa e una ciabatta. E ogni volta La Boum racconta una storia che ognuno può prendere come vuole. Le serate a tema film, a tema viaggio, dove chi voleva si prendeva i biglietti e aveva la priority al bancone dell’Arizona.
Ecco, tra l’Arizona 2000, il liscio e la milonga in NoLo, ci pare che le performance di La Boum abbiano un buon sostrato da balera, con tutto quello che c’è intorno.
Guarda, comincio ricordando una frase di Sandra Milo quando raccontava la sua gioventù. Vado a memoria: la cosa che manca ai giovani d’oggi è andare a ballare il liscio nelle balere, non per nostalgia o che altro, ma perché, dico io, quando balli con un uomo e senti il cazzo di quello sulla coscia, lì capisci che ti desidera. Poesia. Qui il fascino dell’Arizona, la possibilità di mettere insieme due mondi in quell’ora in cui liscio e La Boum si sovrapponevano, tra le nove e le dieci.
Pensa che la prima volta che ci entrai era per una ricorrenza di matrimonio. Mi innamorai subito di questo mondo fantastico che non conoscevo. E anche se il liscio è rimasto un po’ a sé, come diceva la Milo, appena metti di fianco ai vecchi due giovani a ballare, a loro pare d’essere nel paradiso terrestre, e forse ci sono. Oltretutto, il locale già aveva la sua storia e i suoi eventi, come la festa del Fuorisalone.
Insomma, che dire. Mi ha folgorato. Pensa che quando siamo andati a parlare con Dinha, la proprietaria, si dimostrò entusiasta, perché sapeva che c’erano diverse coppie di omosessuali che frequentavano la balera. E probabilmente non aspettavano altro.
E quindi milonghe, balere e drag queen a NoLo: una storia italiana.
Allora, le drag queen sono arrivate dopo, io sono stato uno dei primi. Volevo raccontare quello che succedeva a Londra, e il giovedì andavo a ballare vestito da donna. Niente trucco. Poi sì, negli anni le drag sono diventate padrone del mondo. Roba che per me andrebbero pure aggiunte alla bandiera lgbt, c’è tutto un mondo in quelle maschere.
I personaggi di La Boum sono cresciuti con noi negli anni, e sono tanti. La prima arrivata è stata la Minny Hill, la signora borghese e ricca, piena di palazzi e tanti affittuari. La Frida, padrona autoritaria piena di schiavi che faceva burlesque, o ancora la Labou, la più chimica, che chiede l’autostop al riccone e se lo va a scopare in San Babila.
In questo contesto la balera ci dava lo spazio, e noi abbiamo messo generazioni a confronto, pensando un corale enorme. È lì che poi scopri quanto i vecchi (che poi li chiamo vecchi io) siano aperti, molto più di tanti altri. Si sanno divertire, e non gliene frega niente che sei vestito da donna, anzi: ti dicono che sei bella, sei simpatico, si complimentano e si balla assieme. Tête-à-tête. Ma non è il nonnetto che va a mangiare il gelato con il nipotino, no. È quello che si imbosca dietro alla colonna a limonare con l’amante o con la moglie, e prima di tornare a casa si cambia nel bagno. Gli piace farsi belli, hanno una cura elegante, sono curiosi, educati… cioè se tu vai là dentro alla domenica pomeriggio è il paese dei balocchi. Divertendosi, La Boum ha tirato fuori una semplicità libertina che vale per tutti, altro che la rava e la fava.
Si trova tanto quel “popolare” che oltre ad andare a braccetto con un’immagine tutta italiana dell’italianità si lega pure al quartierino, no?
Guarda, con La Boum siamo stati un po’ i primi rispetto al popolare. Il punto di vista della scena queer era molto più noir. In zona trovavi altri tipi di serata, giri underground o roba più “pulp e splatter”, capisci? La Boum è un’altra roba.
E lì noi siamo stati tra quelli che a un certo punto hanno rianimato il tutto. Prima si parlava di NoLo come scena underground, degli spaccini e del buio. Poi sono arrivate le sceme, siamo arrivati noi con i festoni. In poco tempo poi sono arrivati tutti, le pizzerie, Gianni No.Lo.So, la via che si sta popolando, il Ghe Pensi Mi, le piazzette, Radio NoLo per cui io vado matto (la radio mi sembra talmente antica che pare squisitamente moderna) e tutto il resto.
Dopo quest’anno in appartamento, l’idea di una festa in casa è un bendiddio, un balsamo sudato, nell’attesa che si torni a gocciolare ballando.
Guarda, andare a ballare sta diventando una cosa diversa. In città ormai ci si muove principalmente tra le quattro vie sotto casa (io pure), e poi le nuove generazioni sono tutte healthy. Che gliene frega di andare a scatenarsi di notte, che il giorno dopo loro devono viaggiare e andare in giro per il mondo?
Io penso che quando arriverà il momento della rinascita, dopo questo periodo, partirà dalle case. Mica dai grattacieli. Dico, a me già pare così bello parlare con il pizzicagnolo, e non credo a quelli che dicono che il futuro sarà sempre più dipendente dai social e compagnia bella. Piuttosto il contrario. Tipo un neo-neorealismo, la nuova Anna Magnani, questa roba qua.