Ad could not be loaded.

Enrico Togni

"Rispetto a mio nonno e a mia madre, io faccio vino con maggiore coscienza dei processi produttivi, senza delegare nulla a nessuno, così se sbaglio so chi è il colpevole"

Scritto da Simone Muzza il 28 gennaio 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Dal 21 al 23 febbraio al Palazzo del Ghiaccio di Milano andrà in scena Live Wine, Salone internazionale del vino artigianale con piccoli e grandi vignaioli italiani e europei. Ma che cos’è un vino artigianale? Abbiamo deciso di chiederlo direttamente ad alcuni dei produttori coinvolti, in una serie di interviste che vi accompagneranno da qui all’evento. Oggi è la volta di Enrico Togni (Lovere, BG, 1978).

Hai un ricordo d’infanzia legato al vino?

I sabato mattina passati in cantina a imbottigliare la damigiana per il ristorante di mia nonna.

Puoi presentare la tua azienda? L’hai ereditata dai tuoi genitori?

L’azienda nasce ufficialmente nel 2003, apertura partita iva a mio carico, ma i vigneti erano di mio nonno materno che li faceva curare da alcuni dipendenti, in quanto non rappresentavano la sua principale attività. Io ne faccio il mio unico lavoro, primo in Val Camonica a provare e vivere di sola viticoltura. I vigneti sono condotti in regime biologico non certificato con incursioni biodinamiche.

Hai apportato delle modifiche sostanziali nel modo di fare il vino?

Rispetto a mio nonno e a mia madre, io faccio vino con maggiore coscienza dei processi produttivi, senza delegare nulla a nessuno, così se sbaglio so chi è il colpevole.

Che uve coltivi, che vini produci, in che quantità?

Le uve coltivate sono Nebbiolo, Merlot, Barbera ed Erbanno, un vecchio vitigno tradizionale che ho riscoperto e che è un biotipo di Lambrusco Maestri, produciamo vini in purezza dalle suddette uve, solo vini rossi a eccezione di uno spumante dalla Barbera. Al momento produco circa 8000 bottiglie, ma la capacità aziendale e pieno regime sarà di circa 15000.

togni-rebaioli

Quante persone lavorano in azienda? Accogli richieste di giovani che vorrebbero lavorare in un’azienda vinicola? Ne ricevi molte?

Una, io! Con l’aiuto di mia madre quando può e se riesce, alcuni aiutanti stagionali ma solo all’occorrenza. Annualmente ospito ragazzi per stage in collaborazione con la scuola agroforestale del territorio.

Naturale, biologico, biodinamico, artigianale… Le definizioni sui vini si sprecano, e il consumatore è sempre più confuso. Come definiresti il tuo vino?

Artigianale, rispettoso, digeribile e vero, nel senso di ottenuto senza alcun ricorso a correzioni.

Il tuo vino contiene solfiti aggiunti? Se sì, perché?

Sì, perché al momento non esiste sostanza capace di sostituire il metabisolfito di potassio nella funzione antisettica. Utilizzando il legno, ed essendo questo una potenziale fonte batterica, è necessario tutelarsi. Comunque in quantità strettamente necessarie.

Live Wine 2015 si definisce “Salone Internazionale del Vino Artigianale”. Che cos’è un vino artigianale per te?

È un vino fatto con professionalità, intesa come saper fare, frutto di un sapere contadino e non solo, frutto di una specifica annata e di una specifica terra, l’unione tra terra, uomo e clima.

erbanno

Ma un vino artigianale è migliore a prescindere da uno industriale? O è solo più sano? E poi, sei sicuro che zolfo e rame sono più sani per l’organismo?

No per tutte e tre, il vino è buono e sano quando è fatto bene, con uve buone e sane, e con buone e sane pratiche agricole ed enologiche. Lo zolfo non crea eccessivi problemi, il rame di più ma basta saperlo dosare bene, utilizzarlo se e quando necessario, in questo consiste la buona pratica agricola. Chi li usa per partito preso e non sa cosa sta facendo è solo un ciarlatano, idem chi si ripara dietro i prodotti di sintesi, il buon agricoltore deve sapere come e quando intervenire.

La maggior parte dei vini sul mercato sono prodotti con diserbanti, concimi di sintesi, pesticidi, ingredienti di originale animale… Sei favorevole a una normativa che costringa i vignaioli a scrivere tutto quello che c’è nelle bottiglie e come viene ottenuto il vino?

Sinceramente non ne vedo l’utilità, non sono contrario anzi, ma se scrivessi “ottenuto con uve trattate con rame idrossido” o “ottenuto con uve coltivate con dimetomorf” credi che la gente conosca la differenza? Oggi il consumatore ha già tutti gli strumenti per conoscere e capire, gli manca solo la voglia!

3 bottiglie che porteresti sulla Luna.

Porterei dell’acqua, anche se la NASA dice che c’è io non mi fido.

Cosa bevi a parte il vino?

Birra, tanta e buona, artigianale, possibilmente agricola. Poi acqua e succhi di frutta bio di amici che conosco molto bene.

Cosa significa per te bere responsabilmente? Bevi tutti i giorni?

Significa bere bene, nel senso di bere del buon vino, che sia cibo per lo spirito, che dia gioia e sia fonte di armonia. No, non bevo quasi mai.

togni_rebaioli

E se ti è capitato di non bere responsabilmente, qual è il rimedio per una sbronza?

Bere acqua, starsene a letto e pregare di non aver combinato cazzate!