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Fritto FM

Abbiamo parlato con Andrea di Fritto FM di community building e spazi da abitare

Scritto da Carlotta Magistris il 10 luglio 2023
Aggiornato il 12 luglio 2023

Milano Re-Mapped Summer Festival è un festival multidisciplinare dedicato alla performance, alla musica, al video, alla parola poetica e ad altri linguaggi. La sua seconda edizione si svolgerà il 12 e il 13 luglio a Pirelli HangarBicocca e vedrà protagoniste tre realtà indipendenti altamente rappresentative del sottobosco culturale milanese, a cui è affidato l’intero programma: Zona K, spazioSERRA e Fritto FM. La coesistenza delle tre realtà permette di sviluppare il palinsesto in un’ottica interdisciplinare e di creare un’occasione di commistione seria tra linguaggi diversi: performance, video, poesia e musica in un melting pot che accade in uno spazio inedito per delle soggettività abituate fisiologicamente a costruirseli da sé. Le tre dimensioni sono state scelte da Pirelli HangarBicocca per la loro capacità di unire un lavoro di ricerca con una relazione costante con gli spazi e i luoghi, anche quelli non convenzionalmente dedicati alla cultura e all’arte. Con la loro attività, Zona K, spazioSERRA e Fritto FM hanno generato nuove dinamiche di produzione e fruizione culturale nella città, aprendo scenari che superano le barriere disciplinari e spostano gli immaginari urbani e le dinamiche centro-periferia particolarmente sentite in questo momento storico.

Abbiamo parlato con Fritto FM, una delle tre realtà coinvolte nel palinsesto del festival, web radio attiva su Milano ormai dal 2015 che ha portato innumerevoli nomi emergenti del panorama musicale internazionale a creare community condividere set e decks dentro e fuori lo spazio di Fondo.luogo, dove la radio ha attualmente base.

dimostrare allə artistə non rappresentatə che facevano parte di una collettività più grande che era guidata dagli stessi valori e da una visione comune.

Ciao Andrea, come stai? Da che esperienze nasce il progetto di Fritto FM nel 2015?

Fritto FM nasce originariamente come progetto di tesi per l’università, un progetto di branding che, oltre a essere stato sviluppato, è stato attuato concretamente. Inizialmente eravamo un collettivo, c’erano Yuri, Buzzi, Alice, Mimmo, Manga, Carlo e Martina, ed era l’emittente radiofonica della Galleria Opulenza. L’intento era di trovare un media in cui far confluire tutte le interazioni che avevamo con il tessuto sociale della città – e oltre –, prediligendo il linguaggio musicale anche quando adottato da personalità che non necessariamente erano legate a quel mondo, ma potevano tradurre la loro sensibilità.

Credi che sia cambiato molto il concetto e il ruolo delle web radio da allora?

A me sembra di fare la stessa cosa dal 2015, non trovo che la visione di Fritto sia cambiata da allora. Di mezzo ci sono state delle esperienze professionali e personali che mi hanno permesso di collaudare un sistema che lo rendesse sostenibile a livello di energie, tempo e progettualità. Questo mi ha permesso di rilanciare il progetto nel 2020, dopo alcuni anni di pausa in cui ci siamo manifestati solamente con episodi e attivazioni sporadiche.

Che ruolo ha / dovrebbe avere attualmente quindi una web radio in una scena culturale?

Ciò che mi ha portato a rilanciare Fritto è stata la mancanza di un connettore tra le realtà che esulano dal sistema riconosciuto dall’industria musicale, capace di dimostrare allə artistə non rappresentatə che facevano parte di una collettività più grande che era guidata dagli stessi valori e da una visione comune, di cui forse non erano neppure a conoscenza. Penso che la radio, come ogni altra realtà community-sourced, debba interagire con i tessuti subculturali che animano la città, il paese e le comunità a cui si è legati, per comprenderne i bisogni e le aspirazioni, mettendo a disposizione i mezzi, il tempo e le energie che si possiedono affinché fioriscano. L’R&D per come lo intendo io è la ricerca del talento e lo sviluppo del potenziale, guardando in basso dove nessuno ha ancora guardato.

So che hai vissuto per anni a Londra prima di tornare in Italia e dedicarti al progetto. Hai avuto modo di relazionarti in maniera diretta alla dimensione webradio lì? Cosa hai portato in Fritto e cosa hai trovato di inadatto di quel modello al contesto italiano?

Sì, è sempre la prima cosa che cerco in una città. La musica è l’unica motivazione che mi ha spinto a (ri)trasferirmi a Londra, sicuramente non è stato il clima, la cucina o la Brexit. Ho frequentato gli studi di altre web-radio, dancehall, club, talk e screening. Ho sempre interagito con persone che facevano musica, che avevano residency da Balamii, NTS. Con DJ Filippo e l’artista visivo e amico Lucasz Geida avevamo sviluppato l’identity e la strategia per rilanciare una sorta di spin-off di Fritto dove vivevamo, si sarebbe chiamato St St St perché con sede nei Cable Street Studios appunto. L’idea era di creare una radio dove l’esperienza fisica e personale si affiancasse all’output strettamente musicale, che sarebbe stata l’unica componente ad essere streamata, senza la pretesa di “confezionare” l’esperienza. Che poi è quello che sento succedere da Fondo.luogo, dove penso abbia avuto la naturale consequenzialità.

Che visione c’è dietro al palinsesto di Fritto? Valorizzazione della scena milanese o rete con tutto ciò che viene da fuori?

Investigare e rappresentare le scene sottorappresentate. Mettere lo spotlight dove non è stata messa luce. Fritto vuole riflettere tutte le scene locali italiane, non parlo neanche di Milano, ma di contesti locali di tutta Italia e i suoi legami con l’Europa e l’estero.

Con che approccio hai scelto lx artistx da coinvolgere nel Milano Re-Mapped Summer Festival?

La chiave di lettura penso ci sia già nel nome stesso del festival: successivamente ad una nostra mappatura della scena locale italiana e dei rispettivi contesti artistici internazionali, li abbiamo ricollocati, direi anche misplaced, in una cornice differente. Abbiamo scelto personalità seminali in realtà di provincia e periferiche come Rainy Miller con il suo operato a Preston, fuori Manchester. O i Train To Eltanin, che sono cresciuti all’ombra del ponte della Lambretta fiorendo come vegetazione spontanea, li abbiamo messi in una riconosciuta istituzione dell’arte contemporanea. Con Shannen SP è stata attuata una meta-curatela, come quella che HangarBicocca ha fatto con noi: una realtà curatoriale affida la curatela a un altro organico, così come abbiamo fatto con lei per la sua costante ricerca.Come A&R verso i sotto-generi musicali originati dalla Black Diaspora, se ne ha dimostrazione nelle compilation da lei curate per NTS sull’amapiano e il cumbiaton.

Com’è stato e come ti relazioni di solito nel lavorare con istituzioni come HangarBicocca? E nel creare palinsesti condivisi con realtà che operano sempre in contesti sottoculturali ma in altri ambiti?

Come ho sempre fatto: rispondendo alle mail sullo scadere delle deadline, non condividendo mai i piani che abbiamo, portando una proposta artistica che ci rappresenta. Che sia un cliente nella moda o un committente nell’arte, la nostra operazione rimane invariata: ti portiamo quello che puoi trovare nel nostro salotto in Ortica. Sono lusingato che HangarBicocca abbia pensato a noi per questo festival, mettere un piede nel mondo dell’arte era il nostro obiettivo, poter citare una collaborazione che venisse compresa immediatamente anche dai miei.

Come vedi dal punto di vista di un amplificatore media la valorizzazione delle realtà indipendenti cittadine?

Beh, senza di loro neppure sarei qui a rispondere a questa intervista. Non esiste un media, ancor di più una radio, senza le realtà che la animano. Sento che Fritto è community-built, senza la nostra – se non le nostre – community non esisteremmo.

Come vedi l’evoluzione futura di questo contesto a Milano: le realtà indipendenti sono destinate ad essere schiacciate o accorpate per rendersi sostenibili? Come evitare che diventi una questione di classe?

La sostenibilità dei progetti indipendenti, specialmente se legati a fenomeni musicali – figurati marginali come quelli trattati da noi –, è l’inevitabile preoccupazione. Ritengo che molti progetti che non hanno raggiunto il successo è perché non hanno trovato una maniera di rendersi sostenibili, ritrovandosi costretti a sospendere le attività. Io più banalmente ho deciso di non legare la mia sopravvivenza a Fritto, continuando ad avere un lavoro ordinario nel quotidiano, portando avanti Fritto senza la pretesa che mi ripagasse. Così facendo non ho dovuto scendere a compromessi, non sono costretto a fare branded content o attivazioni che non sento rappresentare la nostra mission, non ho bisogno di cercare artist* che ci diano visibilità. Poi sì, ovviamente dormo poche ore, non ho davvero una vita privata, ma in fin dei conti non ci ha chiesto nessuno di fare quello che facciamo. Se senti che interagire con la musica sia un bisogno, non trovo che sia necessario motivarlo. Non ti nascondo che spero di smettere di lavorare per gli altri il più presto possibile.

E nei macro contesti urbani in generale?

Trovo che nei contesti urbani internazionali, specialmente sulla scala di metropoli e megalopoli, si interagisca con circuiti che hanno una utenza molto più estesa rispetto a quello con cui ci possiamo confrontare su Milano. Trovo che l’Italia sia molto esterofila, basti guardare le line-up dei festival nazionali, dei club e delle web-radio stesse. Le scene estere vengono alimentate dalle nostre stesse attenzioni, creando un mercato che qui ancora non vedo. Quello che ci rimane è quindi provare a rovesciare questo ordine, prendere le distanze da dinamiche guidate dagli algoritmi o dal mercato, per affinare un qualcosa che si possa comprare da noi, non che cerchiamo di vendere.