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Tommaso Cecca

«È un periodo florido, voce di una creatività da sempre insita nel settore e della voglia di rinascita che si respira a Milano. Credo molto in questa rigenerazione e spero possa portare a fare della città una nuova mecca del cocktail mondiale»

Scritto da Simone Muzza il 2 marzo 2016
Aggiornato il 19 giugno 2017

Tommaso Cecca (Santeramo in Colle, Bari, 1983) è il bar manager del Caffè Trussardi, tra i migliori cocktail bar di Milano nonché il luogo ideale dove fermarsi per un appuntamento di lavoro in centro.
Lo abbiamo incontrato qualche mese fa in occasione del lancio dell’Aperitivo Trussardi, quando ci ha raccontato del suo lavoro in questa intervista che abbiamo integrato con qualche nuova domanda in occasione della partecipazione di Tommaso a Zero Design Festival.

Zero – Come e perché hai iniziato a lavorare al bancone?
Tommaso Cecca – Un po’ per caso e un po’ per comodità complice la vicinanza a casa di un bar, un luogo molto attraente per un quattordicenne curioso.

Chi è stato il tuo maestro?
Non solo uno. A seconda delle stagioni della vita ho incontrato professionisti che sono stati non solo maestri, ma anche guide e, a seguire, amici. Penso a Fabio Ceglie, bar tender a cui devo la mia formazione teorica, e a Salvatore Calabrese. A lui ho letteralmente rubato il mestiere, osservandolo e facendogli mille domande, durante la mia esperienza a Londra. Un capitolo fondamentale della mia storia professionale che mi ha arricchito non solo in termini di esperienza e capacità, ma anche di abilità nel rapportarmi con il cliente.

Tommaso Cecca

Qual è il primo drink che hai preparato? Com’era?
Ricordo con il sorriso il mio primo Cuba Libre, il cocktail con la C maiuscola per chi si approcciava a questo mondo. Il risultato fu terribile: usai un rhum di scarsissima qualità a cui aggiunsi anche del cocco… se mi fossi fermato a quella sperimentazione non avrei dovuto proseguire.

Quando e come sei arrivato a lavorare al Café Trussardi?
Come talvolta capita il ringraziamento va a un amico – Goran Popandonov – che mi introdusse. Era la stagione sospesa tra il 2007 e il 2008 e il colpo di fulmine fu immediato. Mentre in tutto il resto del mondo l’aperitivo era sinonimo di buffet, cosa che non ho mai né apprezzato né condiviso, il Café Trussardi si chiamava fuori dal coro, manifestando già in questo la sua forza e la sua esclusività, in termini di originalità. Una scelta precisa che ancora oggi da i suoi frutti.

Com’è la linea del Trussardi?
Elegante, intuibile, priva di sovrastrutture. Utilizziamo solo prodotti autentici che ci rispecchiano e di cui apprezziamo il gusto e l’unicità. Come per il fashion, anche per il food&beverage crediamo nell’hand made: la frutta viene tutta lavorata al momento, gli sciroppi, che seguono un piano di autocontrollo rigidissimo, vengono preparati giornalmente, realizziamo del ghiaccio sempre trasparente e pulito capace di rendere brillanti i nostri drink. La filosofia che ci contraddistingue è quella dell’eccellenza in ogni scelta: penso alle nostre birre (10 sono super selezionate tra quelle prodotte da micro birrifici italiani e esteri), ai nostri 20 vini al bicchiere di grande ricerca, ma anche agli snack alla Carta, preparati su richiesta del cliente. C’è poi la linea di prodotti “made for Trussardi”, sviluppati con la collaborazione di partner che condividono i nostri valori e la nostra costante ricerca della migliore qualità: il Franciacorta Cuvée Trussardi Ca’ del Bosco, l’Aperitivo Trussardi, la nostra birra…

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Puoi parlarci della nascita dell'”Aperitivo Trussardi”?
Aperitivo Trussardi nasce da una sfida e da una necessità: avere un prodotto unico che rispecchiasse completamente il nostro gusto, il nostro sentire e il nostro approccio. Per realizzarlo ci siamo ispirati a ricette di base officinale che affondano le loro radici nella profumeria ottocentesca. A guidarci è stato l’alchimista Baldo Baldinini di Rimini, un’eccellenza in materia, un fenomeno per capacità, un visionario in grado di miscelare competenze e creatività. Pensato per essere inizialmente miscelato in base classica con bollicine e spiriti sapidi, come gin e tequila, Aperitivo Trussardi è stato concepito per contaminare qualsiasi preparazione, sempre allineandosi allo stile che ha fatto del nostro marchio un’icona.
Lo serviamo in purezza – freddo – e sarà valorizzato nella preparazione di cocktail e drink fortemente distinguibili: “Trussardi essenza” (Aperitivo Trussardi, arancia, miele, camomilla), “Trugroni” (Aperitivo Trussardi, Vermouth Rosso, Gin London Dry) e “Piazza della Scala n° 5” (Franciacorta Cuvée Trussardi, Aperitivo Trussardi, ghiaccio e zest d’arancia).

Quali sono i prodotti ai quali non rinunceresti mai?
Bollicine, purché eccellenti, il succo degli agrumi appena spremuto, il bitter Campari, erbe fresche e spezie selezionate, un ghiaccio purissimo. Ma soprattutto non rinuncerei mai ai miei clienti.

Al ristorante Trussardi Alla Scala è stata creata una nuova sake-list. Puoi parlarci del tuo rapporto con questo prodotto? Ti piace, lo usi nella miscelazione, con quali risultati?
Siamo stati scelti, unici in Italia, come vetrina di presentazione di 9 sake d’eccellenza prodotti da 5 aziende giapponesi di caratura internazionale. Un riconoscimento di valore di cui siamo orgogliosi. Il sake è un prodotto che è espressione di una cultura antica, che racconta la storia di un popolo e, correttamente proposto, è in grado di regalare emozioni al palato. Noi amiamo servirlo poco alterato con abbondante ghiaccio, abbinato con elementi che lo sappiano valorizzare senza coprirne il gusto. Un esempio su tutti: se ha una spiccata nota vegetale viene servito in brumble cocktails con erbe fresche e zenzero.

Beer Americano

Aperitivo Trussardi a parte, qual è il cocktail da provare?
Il Beer Americano, il cocktail che sta cambiando ancora una volta la storia dell’aperitivo come è accaduto con lo Sbagliato, il Negroni, il Milano Torino. Gli ingredienti sono tra i più semplici – Campari, Vermuth dry, Birra Bianca e una spruzzata di essenza d’arancia – ma il risultato sorprende il palato: conquista per il sapore cremoso e spiccatamente rotondo, per il gusto amabile e per la trasversalità stagionale. Nasce in estate perché fresco ma è sufficiente sostituire la birra bianca con una più tostata per farne un drink perfetto anche per l’autunno/inverno. Per esaltarne la cremosità lo serviamo con “Hamburger di manzo, maionese e chips di patate”.

Qual è l’oggetto a cui non rinunceresti mai mentre lavori, che hai scelto per la mostra “Bar Tools/Cose da bar” che stiamo allestendo alla galleria Plasma del Plastic?
Per anni barman ha fatto rima con shaker, ma oggi si nota una sensibile inversione di tendenza codificata dall’uso di recipienti destinati a mescolare come mixing glass, giare, botti, contenitori in vetro e rame. Non rinuncerei dunque mai a contenitori particolari, come confermano anche le mie ultime creazioni – Beer Americano e AppleTru – tutte non shakerate.

Puoi descrivermi l’oggetto che andrà in mostra?
Per la mostra ho puntato su un mixing glass di vetro Murano Torson prodotto da Zafferano, emblema di design perché frutto della migliore creatività italiana e realizzato con un materiale che assicura la massima qualità della miscelazione. Un prodotto unico anche per le sonorità che sviluppa durante il suo utilizzo capace di catturare l’attenzione dei clienti più attenti.

Puoi parlarci del rapporto tra il tuo lavoro e il design?
Esiste una forte contaminazione tra cocktail e design come conferma “Apple Tru”, dove il contenitore istituzionale è stato smaterializzato cedendo spazio a un prodotto fortemente riconoscibile ma lontano dall’utilizzo a cui è stato destinato: la
mela. Anche le scelte a corollario non sono state casuali: il vassoio in policarbonato nero a forma geometrica contrastante richiama la geometricità della quadratura del cerchio intesa come armonizzazione tra pieni/vuoti e forma/sostanza. Non secondario nemmeno il fattore colore: le cromaticità naturali della mela vivono in contrasto con quelle rigide innaturali del vassoio in policarbonato. A creare il perfetto equilibrio ci pensa poi il vero protagonista, il cocktail a base di Calvados giovane, bitter officinale Dibaldo, cannella zenzero e sciroppo bosco e menta. Design è lifestyle, interior, fashion, ma anche gusti, sapori.
Design è lifestyle, interior, fashion, ma anche gusti, sapori. Nella mia attività tutti fattori che convivono compenetrandosi. Nel segno della discrezione ma della forza dell’immagine. Una filosofia in cui mi riconosco appieno. Ecco perché punto su outfit discreti ma dalle linee naturalmente eleganti come quelli della Maison Trussardi. Gli attori principali devono però rimanere le mie creazioni, io solo la spalla.

Un altro dei temi Zero Design Festival è legato alla possibilià di bere bene di notte, nei club e nelle discoteche. Molti a Milano stanno lavorando in questa direzione, migliorando pulizia, bottigliere, ghiaccio e bicchieri. Altri ancora cercano di proporre drink molto difficili (dal Sazerac al Martini per fare due nomi). Come la vedi? È un progetto fattibile?
È tempo di cambiare passo considerando come si stanno evolvendo i luoghi della ricettività e gli obiettivi che si propongono. Una trasformazione che richiederà tempo e che per essere correttamente recepita dovrà ispirarsi alla politica dei piccoli passi, ma decisi. Qualche esempio? Non azzarderei cocktail troppo meditativi, punterei sull’accuratezza della pulizia e manutenzione delle macchine del ghiaccio, sceglierei dei bicchieri di “valore” per estetica e materiali, promuoverei una maggiore ricerca di distillati e soft drink e, magari, abolirei i cordialini color fluo e il succo di limone già pronto. Ma la strada è lunga, ci sarebbero molti altri step da fare…

Qual è il tuo drink da discoteca? Che cocktail preparerai al bancone del Plastic per la maratona di barman durante Zero Design Festival?
Scelgo una birra che mi assicuro di aprire personalmente, o, in alternativa una bottiglia di champagne. Il Gin tonic rimane comunque un mio must: per celebrarlo durante Zero Design Festival preparerò un Gin Tonic analcolico a base di una concentrazione di ginepro ed erbe amare, pepe rosso di Goja e acqua tonica al lime.

É un periodo parecchio favorevole per il mondo dei bar e dei barman a Milano: aprono sempre più locali, alcuni anche di qualità. Qual è il tuo punto di vista?
È un periodo florido, voce di una creatività da sempre insita nel settore e della voglia di rinascita che si respira a Milano. Credo molto in questa rigenerazione e spero possa portare a fare della città una nuova mecca del cocktail mondiale. Per darvi corso fondamentale è puntale su professionisti preparati, appassionati, umili e con una visione concreta.

Quali sono i locali di Milano che frequenti?
Il Bar Basso è una piacevole abitudine ma per curiosità e anche per un sano confronto cerco di andare a provare tutti i locali che aprono i battenti. In tema di food i miei indirizzi sono Rovello, Angosteria 10, Carlo Cracco, Smeraldo tra gli altri.

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Tu cosa bevi di solito?
Champagne cocktail, Negroni, Daiquiri, Bloody Mary e tutte le varianti che provo a realizzare con i liquori che testo in laboratorio.

Qual è il rimedio per riprendersi da una sbronza?
Quando si esagera la strategia è unica: mezzo litro di acqua freddissima e limone e un doppio caffè appena svegli, un succo di pomodoro naturale a metà mattina e a pranzo una birra pilsner con pasta o riso in bianco.