Andando a braccio, personalmente ricordo di aver inseguito i cocktail di Pino da Litro, Settembrini, alla vecchia sede del Gambero Rosso e da Porto Fluviale. D’altra parte, quando uno è bravo e sa preparare degli ottimi Martini Cocktail lo rincorri un po’ ovunque. Nel suo curriculum c’è anche l’esperienza di ‘Gusto a fine anni 90 e quella dell’enoteca Santa Dorotea sul finire degli anni 80. Poi tantissima musica, con la gestione in prima persona del St. Louis Music Club. Al Momento Pino non è in attività a Roma, ma se ora in città si bevono ottimi cocktail il merito è anche suo. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare un po’ della sua storia.
ZERO: Iniziamo un po’ dalle origini. Quando e come hai scoperto il mondo della miscelazione?
Pino Mondello: È stato nel lontano 1978, all’epoca lavoravo l’estate, finite le scuole, al Gran Caffè Roma in piazza dell’Ara Coeli, dove hanno girato il film Febbre da cavallo. Sempre qui ho preparato i miei primi cocktail.
Ti ricordi qual è stato il primo in assoluto?
Credo sia stato un White Lady, lo beveva il nipote del proprietario.
Qui a Roma c’è stato un barman e/o un bar che per te è stato un riferimento nei primi anni di attività?
Ricordo con piacere Pippo Sergenti che andavo a trovare da Rosati mentre serviva intellettuali e artisti piazza del Popolo alla fine degli anni Settanta, speso anche Sandro Pertini e moglie. Mi ha dato sempre dei buoni consigli.
Chi sono stati i tuoi maestri?
Diciamo che sono un autodidatta.
Quali sono le esperienze lavorative che ricordi con più piacere qui a Roma?
Sono molte le esperienze che ricordo con piacere, tutte mi hanno lasciato qualcosa di importante.
Dietro quale bancone ti trovi al momento?
Al momento nessuno: mi occupo di eventi privati, formazione, divulgazione scientifica, cucina molecolare.
Visto che hai diversi anni di lavoro alle spalle qui in città, posso chiederti un giudizio sull’evoluzione che c’è stata a Roma rispetto alla miscelazione. Che idea ti sei fatto?
In questi 35 anni è davvero cambiato molto il mondo del bere miscelato. Sarebbe lungo e complesso descriverlo. Allo stesso modo, i cambiamenti della società sono enormi.
Sarà un settore che crescerà ancora?
Credo che crescerà e si modificherà di continuo, come tutto il mondo legato all’accoglienza e alla ristorazione.
Che ne pensi delle nuove leve dei barman?
Le nuove leve sono molto preparate: oggi si trova di tutto sul mercato, molti prodotti che noi vecchietti facevamo davvero fatica a trovare. Le nuove mode e tendenze del bere miscelato fanno sì che i nuovi barman siano sempre aggiornati su tutto. Una piccola critica che devo fare riguarda un po’ la mancanza di umiltà e la carenza di attenzione all’accoglienza e al cliente.
C’è qualche barman attualmente attivo su Roma il cui lavoro ti piace particolarmente?
Massimo D’Addezio, Angelo de Valeri, Leonardo Leuci, Emanuele Broccatelli, Patrick Pistolesi, e tanti altri.
Hai mai incontrato un barman del quale hai pensato: «Ecco, lui è veramente il numero uno!»
Senza ombra di dubbio Mauro Lotti è il numero uno. Con lui ho avuto il piacere di fare qualche programma televisivo e alcune manifestazioni.
Quali sono i bar di Roma dove ti piace andare quando non sei al lavoro?
Ultimamente, per motivi di lavoro, esco molto poco. Quando posso vado a trovare gli amici o cerco qualche posto nuovo che mi incuriosisce.
Oltre che per la bravura, sei abbastanza noto per la tua passione per il Martini Cocktail. È stato il primo cocktail di cui ti sei innamorato o è un gusto che hai maturato nel tempo?
Il primo cocktail di cui mi sono innamorato e stato il Whisky Sour. Poi, con il tempo, mi sono appassionato al Martini Cocktail.
Ti ricordi il primo Martini veramente buono dove e quando l’hai bevuto?
Il primo Martini forse lo bevuto da un barman che adesso non e più con noi, nei primi anni ottanta.
Ci puoi raccontare questo cocktail, quali sono le caratteristiche e le peculiarità?
Il Martini è un abito fatto su misura: ogni cliente ha il suo Martini, ci vuole una grande sensibilità nel preparalo.
Personalmente ti affascina più la preparazione o ti cattura più il gusto di questo drink?
Il Martini ha la sua ritualità, fa parte del suo fascino che ha stregato artisti e potenti del mondo.
Qual è il segreto di un buon Martini?
L’attenzione con cui lo si prepara, ogni piccolo particolare ha la sua importanza.
Oltre che al tuo bancone, dove consiglieresti di andare a chi volesse bere un buon Martini?
I nomi che ho citato prima sono una garanzia. Come ho già detto, ultimamente non esco molto. Poi i barman si spostano di continuo.
Di solito chiedo il drink che si preferisce bere e quello che si preferisce preparare. Ma immagino che nel tuo casco la risposta sia “scontata” e coincida nelle due domande: il Martini.
Cerco sempre di capire quale è il cocktail adatto in base alla persona e al momento.
Scorrendo un po’ la tua bacheca su Facebook ho visto che ti piace molto la musica e il jazz in particolare. Ti piace avere della musica in sottofondo quando lavori o preferisci il silenzio?
La musica, come avrai capito, fa parte delle mie esperienze lavorative, per cui preferisco sempre avere della buona musica, anche qui in base ai momenti e spaziando tra vari generi, ma sempre su un buono impianto hi-fi altissima qualità.
Sei mai stato ispirato dalla musica per la creazione di qualche nuova ricetta?
Sì, spesso è stata fonte di ispirazione.
Sul tuo bancone cosa non deve mai mancare?
Il sorriso e la voglia di comunicare.
Quali sono i segreti di questo mestiere?
Umiltà, sacrificio, pazienza, aggiornasi continuamente.
Che consigli daresti a che vorrebbe entrare nel mondo della miscelazione?
Avere una vera passione.