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Jack Jiang

Micromedia, la videosfera che copre la distanza tra Oriente e Occidente

quartiere Chinatown

Scritto da Marco De Lucia il 8 settembre 2021
Aggiornato il 20 settembre 2021

Foto di Carolina López Bohórquez

Jack Jiang vive a Milano da quando aveva 14 anni e l’essere “straniero” ha sollecitato la domanda: perché ci si conosce così poco? Ma soprattutto, perché ci si fraintende così tanto? Nasce così Micromedia, agenzia di comunicazione sino-italiana che guarda al lifestyle, alla moda e alle innovazioni, ben sapendo che è da qui, dagli interessi “strambi” delle vecchie e delle nuove generazioni, da quell’attrazione ballerina, che le generazioni si formano.

«Il Drago di Romagna comincia con una curiosità: perché a quelle persone piace così tanto giocare a mahjong? Come si è diffuso in Italia?»

 

Ciao Jack, cosa ti ha spinto a venire a vivere in Italia e cosa ti ha portato a fondare Micromedia?

Sono venuto dalla Cina in Italia che avevo 14 anni, col desiderio di ricongiungermi con la famiglia. Il fatto di essere stato considerato “straniero” mi ha reso profondamente consapevole del duro lavoro e delle difficoltà dei cinesi che vivono qui a Milano. Diverse erano le difficoltà di integrazione dei cinesi, in particolare dettate dalla barriera linguistica o a causa delle diverse abitudini di vita (spesso veniamo fraintesi o trattati ingiustamente). Un giorno, mentre realizzavo questa cosa, presi segretamente una decisione: avrei fatto del mio meglio per diventare un portavoce e un aiuto solido della mia comunità. Chiaramente questo ha creato poi il desiderio di conoscere meglio la Cina e la comunità cinese che vive in Italia. Tutto ciò, unito al mio desiderio di diventare regista, mi ha portato a fondare Micromedia, una società di comunicazione con particolare focus sul medium attinente al video. L’attività poi si è consolidata grazie a migliaia di amicizie cinesi ed italiane che mi sono state vicino e mi hanno aiutato a crescere nel tempo. Spero che in futuro Micromedia possa diventare un ponte tra la cultura cinese e quella italiana e una finestra per gli italiani per conoscere meglio la Cina, in modo che possano vedere le informazioni più recenti, più interessanti e più utili sulla Cina dalla nostra piattaforma. Su questo obiettivo ci stiamo muovendo, giorno dopo giorno.

Il quartiere Sarpi è il luogo per eccellenza a Milano di condivisione tra la realtà cinese e quella italiana e ovviamente Micromedia ha sede qui. Come descriveresti Sarpi? Pensi che il quartiere sia destinato a diventare un luogo di incontro tra molte culture oltre a quella italiana e cinese?

Quartiere Sarpi è un quartiere vivace e umano, una culla e conforto psicologico per noi cinesi. Ci sono molti street food e prodotti di specialità cinesi che arrivano dalla Cina e perciò si può dire che tutte le cose di cui necessita la mia comunità si possano trovare qui. È inoltre il punto di partenza per molti imprenditori cinesi in Italia, ed essendo luogo di condivisione è anche il luogo perfetto dove far sentire a loro agio studenti internazionali, cinesi e non. Nel tempo il quartiere attira sempre di più tutti gli altri cittadini. Ricordo che gli italiani in passato non erano molto ricettivi nei confronti, ad esempio, del cibo cinese ma negli ultimi anni hanno iniziato sempre più a provare ad amare i piatti cinesi.  Ma anche sul lato della cultura vi è stato un netto miglioramento, ad esempio tramite l’incremento di coloro che venivano a vedere le danze del drago e del leone. I costumi, il cibo e i dialetti delle varie regioni sono molto diversi in Cina, esistono addirittura 56 diversi gruppi etnici, pertanto, i cinesi hanno sempre accettato e sono interessati a culture e abitudini diverse dalle nostre. E personalmente, qua a Milano, ho incontrato italiani molto aperti e capaci di accogliere la nostra cultura e le diverse culture asiatiche (considerando quanto il quartiere stia diventando sempre più multietnico). 

Esistono, a tuo parere, altri quartieri di Milano in cui diverse realtà cinese coesistono con quella italiane?

Penso che i cinesi che vivono, studiano e lavorano a Milano non siano più circoscritti a un certo quartiere, sempre più cinesi si stanno integrando nella società italiana. In passato, a causa della comunicazione e dei trasporti sottosviluppati, i cinesi avevano bisogno di vivere in comunità, ma ora esistono diversi modi per loro con cui possano comunicare ed informarsi (tant’è che la seconda e terza generazione dei cinesi a Milano ha praticamente le stesse abitudini culturali degli italiani). La scelta della residenza è basata ormai su una posizione strategica rispetto agli impegni scolastici e lavorativi, come per gli italiani stessi.

In quale ambito, secondo te, la cultura cinese e quella italiana si incontrano maggiormente? Perché? Quali prospettive ci sono per un'eventuale integrazione tra la tradizione italiana e quella cinese?

Secondo me, si incontrano in particolare sul cibo. Ad esempio sulla pasta ci sono diverse similitudini. Il cibo è uno dei “metodi di comunicazione” più semplici e diretti tra lingue e le culture. Penso che la cosiddetta “integrazione” sia una volontà a doppio senso: solo quando otteniamo una certa comprensione reciproca possiamo accettare, tollerare e comprendere la cultura, i costumi e le abitudini dell’altro. Negli ultimi anni sono venuti in Italia molti più studenti, lavoratori e investitori cinesi rispetto agli italiani che sono immigrati in Cina. Tuttavia la Cina ha subito cambiamenti sconvolgenti negli ultimi anni: sempre più informazioni e prodotti legati alla Cina compaiono nella vita quotidiana degli italiani. Credo, e mi auguro, che molti più italiani e molta più italianità (anche in termini di know-how) possa essere esportata in Cina in futuro a completamento di questa integrazione!

Quali sono le tematiche e i personaggi focus di Micromedia? Cosa pensi che possa interessare maggiormente ai ragazzi cinesi e ai ragazzi di seconda generazione dell’Italia e dell’ambiente mediatico italiano (personaggi, lifestyle, moda ecc.)?

Micromedia collabora con professionisti italiani e cinesi in ambito fiscale, legale, immigrazione, consulenza, politica e affari (e devo ringraziarli tutti per il loro lavoro e la loro disponibilità).
I ragazzi cinesi penso che siano interessati a moda, design, architettura e lifestyle, perché il Made in Italy è famoso in tutto il mondo. La cultura tradizionale italiana e la sua lunga storia hanno plasmato l’unicità del design e dell’architettura italiani. Lo stile di vita italiano è diverso dallo stile di vita cinese, questa diversità crea attrazione. Ho notato, inoltre, che sempre più bambini cinesi di seconda e terza generazione hanno abbandonato l’attività inaugurata dai loro genitori per dedicarsi alla creazione di nuove realtà e a innovative start-up. Hanno un livello linguistico, un’istruzione e una base economica migliore e pertanto le loro scelte sono più inclini a specializzazioni pratiche. Il loro background linguistico e culturale gli donerà un terreno fertile sul quale costruire un futuro lavorativo solido.

Parliamo del film "Il drago di Romagna" – che purtroppo sappiamo essere attualmente stato rallentato dal covid – di cui Micromedia è produttore. Perché Micromedia ha deciso di contribuire alla produzione di questo film?

Rispetto alla produzione del film Il drago di Romagna devo ringraziare una mia amica, la quale ci ha messo in contatto con la casa di produzione bolognese intenzionata a costruire il film. Non sapevo che esistesse una città in Italia dove gli italiani amassero così tanto giocare al Mahjong cinese. Quando ho sentito per la prima volta questa notizia ho sviluppato immediatamente una grande curiosità: mi sono chiesto “perché gli piace così tanto giocare a mahjong? come si è diffuso in Italia?”. Quindi una volta ricevuto l’invito a produrre il film, spinti da questa curiosità e dal desiderio di far appassionare a questo lato della cultura cinese, abbiamo subito accettato. In principio abbiamo pensato che fosse una perfetta rappresentazione di uno scambio culturale sino-italiano e la nostra agenzia persegue appunto questo obiettivo. Inoltre – rispetto al mio sogno di diventare regista – ho visto  l’opportunità di creare, attraverso il mio media preferito, un racconto sui temi cinesi e di proiettarlo nelle sale italiane. Insomma, un sogno che diventa realtà!