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Uno sguardo sulla nuova leva contemporanea italiana, con Gaia Bobò

Il ciclo espositivo Portfolio promosso dalla Quadriennale e co-curato da Gaia è l'occasione per un giro di periscopio nel panorama under 35 nazionale

Scritto da Nicola Gerundino il 8 marzo 2023

Foto di Marta Scotti

Luogo di nascita

Noto

Luogo di residenza

Roma

Attività

Curatrice

Nonostante abbia una ciclicità solenne, da grande happening sportivo come i Mondiali o le Olimpiadi, La Quadriennale di Roma ha deciso di scendere in campo prima del grande evento del 2024 con una serie di appuntamenti di avvicinamento. Molto interessante è il programma, attualmente in corso, di mostre a cadenza mensile dedicato agli artisti italiani under 35, scelti dalla direzione artistica in collaborazione con la curatrice in residenza Gaia Bobò. Gli artisti di Portfolio, questo il nome della rassegna, sono introdotti attraverso una sola opera (o progetto) e, appunto, un portfolio critico. Parallelamente, sempre la classicheggiante e “inconsueta” sede di Palazzo Braschi sta ospitando un altro ciclo, questa volta a cadenza bimestrale, intitolato Paesaggio e dedicato all’approfondimento del lavoro di artisti già affermati, chiamati a esporre a partire dalla scrittura di un saggio commissionato a curatori italiani e stranieri. Ci siamo fatti guidare in questo palinsesto molto ricco da Gaia stessa attraverso questa intervista, parlando anche di Roma e dei tratti comuni nelle poetiche della nuova leva contemporanea italiana.

 

 

Iniziamo dal progetto Portfolio. Ci puoi raccontare com'è nato e come sei stata coinvolta?

Portfolio nasce da un’esigenza di ricerca e monitoraggio continuativo sugli artisti della scena emergente italiana. Si tratta di mostre-capsule della durata di un mese, in cui artisti e artiste under 35 sono invitati a esporre un singolo lavoro o progetto. Per ogni mostra viene sviluppato un portfolio critico, inteso come percorso attraverso opere significative della loro produzione. Si tratta di uno strumento analitico pensato per costruire uno scenario attorno al singolo lavoro esposto, ampliando l’esperienza focalizzata e sintetica della mostra. Il progetto fa parte del ciclo espositivo Quotidiana, in corso a Palazzo Braschi da settembre 2022, parte della programmazione 2022-2024 della direzione artistica di Gian Maria Tosatti. La mia partecipazione al progetto inizia a seguito della vincita del bando per curatrice in residenza indetto dalla Quadriennale lo scorso anno.

Cosa hai voluto raccontare con Portfolio?

Il panorama artistico in Italia è estremamente variegato e credo che questo si rifletta nelle scelte e nella conformazione generale del progetto. Il focus rimane quindi sul singolo artista e sulla qualità del suo lavoro, anche se inevitabilmente ogni mostra incide nella definizione di una narrazione d’insieme.

Come hai selezionato gli artisti coinvolti?

Credo che la sfida sia quella di rimanere in ascolto dell’opera e provare a entrare nel linguaggio dell’artista senza lasciarsi influenzare da pregiudizi su ciò che l’arte dovrebbe fare, o su come questa dovrebbe presentarsi ai nostri occhi.

Conoscevi già di persona tutti gli artisti o questo progetto ti ha dato anche la possibilità di sviluppare nuove relazioni?

La seconda, e in questo senso è sicuramente un’esperienza umana e professionale molto arricchente. Quello che apprezzo particolarmente è la possibilità di impostare un confronto più ampio in merito alle peculiarità e criticità dei percorsi degli artisti, in relazione soprattutto ai diversi territori di provenienza.

Gli artisti invece si conoscevano tra di loro? Mi incuriosisce sapere se esista una rete tra i giovani artisti contemporanei italiani: come si cerchino e come si trovino.

Sì, si conoscevano quasi tutti tra loro, anche se spesso a distanza. Raramente è capitato il contrario. In generale, mi è sembrato ci fosse grande attenzione e interesse reciproco.

Per quello che hai potuto constatare, quanto è importante per questa nuova leva di artisti la rete (internet) e, soprattutto, l'utilizzo dei social, sia per fare comunità che per promuovere mostre e opere? Mi sembra che ormai il 99% di loro abbia un profilo Instagram, per esempio. È questo il social che più utilizzano?

Indubbiamente, Instagram è lo strumento che più agevola le connessioni di cui parlavamo sopra. È un’utile risorsa di aggiornamento e consolidamento, dal momento che consente di seguire percorsi artistici continuativamente, rimanendo aggiornati anche sulle diverse progettualità in cui gli artisti sono coinvolti.

Anche per il tuo lavoro di curatrice i social sono importanti, dal punto di vista delle relazioni e dello "scouting"?

Uso spesso Instagram come strumento ausiliario per fare ricerca sugli artisti, in particolare sugli emergenti. Lo trovo utile soprattutto per un primo inquadramento generale, ma non per una ricerca esaustiva, per cui continuo a prediligere un confronto diretto, idealmente in studio. Per le relazioni sono meno “diffidente”, mi fa piacere usarlo per rimanere in contatto con artisti e colleghi fuori dal mio contesto di riferimento.

Come accennavi anche tu in precedenza, Portfolio è in seno a un progetto più ampio, Quotidiana, che vede in tandem la Quadriennale di Roma e la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Intanto ti chiedo una tua visione generale su questa iniziativa.

L’aspetto più interessante di Quotidiana, a mio avviso, è che incarna uno schema di ragionamento spaziale. Si sostanzia negli strumenti di approfondimento teorico – il portfolio critico per il progetto Portfolio e il saggio di contesto per il progetto Paesaggio, affidato di volta in volta a curatori italiani e stranieri – ma rimarca la centralità dell’eloquenza dell’opera. Mi piace essere spettatrice interna, confrontarmi costantemente con gli artisti, i critici e i curatori coinvolti nella programmazione, e naturalmente con il pubblico. La formula light delle mostre mi sembra adatta a essere letta più come proposta che come imperativo, e questo mi sembra agevolare un dialogo più disinibito e continuativo. Dal punto di vista del suo posizionamento sul territorio, credo sia uno strumento di ricerca utile per un pubblico interessato a confrontarsi con nuove proposte di artisti che spesso non hanno avuto occasioni recenti di presentazioni in quest’area geografica.

In secondo luogo ti chiedo, a partire dalla tua esperienza più recente, quale potrebbe essere il ruolo della Quadriennale all'interno del panorama contemporaneo cittadino e anche nazionale.

Ho sempre sostenuto che il problema principale delle istituzioni deputate al contemporaneo, non soltanto a Roma ma più generalmente in Italia, fosse quello dell’impermeabilità. Spesso la permeabilità è vista come deriva generalista, foriera di un abbassamento del rigore e della qualità scientifica. Per me invece è un termine che coincide con quello di inclusività, uno strumento per evitare esclusioni aprioristiche e per ridurre quel pregiudizio di cui parlavo prima. Credo che il percorso intrapreso dalla Quadriennale stia insistendo proprio su questa criticità e questo potrebbe posizionarla come interlocutore dinamico, in particolare nel contesto della città di Roma. Portfolio mi sembra un buon esempio per sostenere pratiche ancora in divenire e di cui si intravede un potenziale concreto. Mi sembra esemplificativo il fatto che gli artisti non siano valutati in base ai curriculum, ma esclusivamente sulla base del lavoro.

Parlando di città, cosa ne pensi di Roma dal punto di vista contemporaneo?

È certo che le criticità sono molte e correrei il rischio di banalizzarle con un’eccessiva semplificazione. Roma è estremamente contraddittoria, ma dalla grande energia. Sul contemporaneo ci sono esiti molto divergenti, ma forse quello che manca realmente è una visione comune sulla città e su come i diversi attori del contemporaneo, ognuno con le proprie peculiarità, possano concorre alla definizione di un sistema in salute.

In città c'è stato un fenomeno negli ultimi due/tre anni, quello degli spazi Indipendenti, che ti ha visto anche protagonista attraverso l'esperienza di SPAZIOMENSA. A cosa abbiamo assistito, dal tuo punto di vista?

L’emersione di spazi indipendenti è un fenomeno ciclico, che altre città prima di Roma hanno attraversato. Abbiamo quindi dei casi di studio già disponibili per vedere come, senza adeguate garanzie di continuità, sia a conti fatti un processo fragile e instabile. Questo è perfettamente in linea con la natura del fenomeno, anche perché molto legato alle caratteristiche dei singoli gruppi. Nel caso di Roma, più che di un fermento legato agli “spazi indipendenti” – ce ne sono molti altri non rientrati nelle più frequenti mappature – si è assistito alla sistematizzazione e organizzazione di gruppi di artisti, spesso già esistenti, che hanno manifestato la volontà di far ascoltare la propria voce nel contesto cittadino. Questo ha sicuramente avuto un impatto positivo.

Tornando a Portfolio, ancora per pochi giorni sarà in mostra il lavoro di Andreas Zampella. Ce lo puoi raccontare?

Il lavoro di Andreas è molto articolato e si espande su diversi linguaggi, mantenendo un atteggiamento prevalentemente pittorico. Ci sono alcuni elementi ricorrenti che affollano i suoi dipinti e le sue opere tridimensionali, come delle ossessioni personali che si sviluppano e combinano tra loro nel corso di tutta la sua pratica, generando una particolare tensione: questa si esprime a livello materico, ad esempio nelle sculture realizzate con la carne cruda e sigillate dentro forme in resina, ma anche con la giustapposizione disorientante di diversi soggetti internamente alla costruzione dei dipinti. In mostra Andreas ha portato un lavoro pittorico di piccole dimensioni che ha scelto di installare con un particolare dispositivo di illuminazione, che quasi ricorda una luce solare che entra da una porta socchiusa. L’utilizzo della luce come elemento straniante è un elemento di raccordo nella sua produzione, sia internamente che esternamente al singolo dipinto. In questo caso è riuscito a costruire un ragionamento ambientale che si espande oltre il perimetro pittorico.

Il 17 marzo invece aprirà al pubblico la mostra di Irene Fenara, artista che si è molto concentrata sul tema della sorveglianza.

Irene sarà in mostra con un lavoro della serie “Supervision”, progetto che porta avanti già da diversi anni. L’artista accede attraverso regolari sistemi di log-in ai circuiti di videocamere di sorveglianza collocate in diversi contesti, ricercando situazioni in cui queste, a causa di difetti di fabbricazione o per l’insorgere di fattori esterni, vengono deviate dalla loro funzione originaria, virando verso immagini poetiche e disfunzionali. Spesso il glitch è determinato dalla presenza di elementi e fenomeni naturali, che si confermano referenti importanti anche in altre opere da lei realizzate, come “Struggling for Life”. Irene parla del suo lavoro riferendosi alla “specificità” dello sguardo delle macchine, e questo termine mi sembra interessante per evidenziare il suo interesse verso la singolarità degli strumenti di visione delle stesse, che affermano un loro potenziale poetico.

Oltre all'età “giovane”, c'è qualcosa che secondo te accomuna la produzione di questa nuova leva di artisti? Oppure siamo di fronte ad approcci poliedrici e differenti che si muovono in maniera indipendente?

Rispetto al linguaggio utilizzato, ci troviamo di fronte a percorsi estremamente diversi. Da un punto di vista della narrazione comune, mi sembra che tutti gli artisti con cui stiamo dialogando, a modo loro, si stiano confrontando con un senso di precarietà che riflette in diverse sfumature: uno sguardo malinconico, la necessità di mettere in discussione la propria centralità ristabilendo una relazione con gli elementi della natura, un tentativo di ristabilire una prossimità con gli oggetti e con i luoghi, di “salvare” le cose del mondo dal flusso di velocità, consumo e oblio a cui sembriamo ormai per statuto condannati.

Oltre a Portfolio a cosa stai lavorando e a cosa lavorerai in futuro?

Il mio impegno con la Quadriennale, non solo per quanto riguarda Portfolio ma anche per gli altri aspetti della programmazione che mi vedono coinvolta, è certamente centrale in questo momento. Riesco comunque a dare continuità all’attività di scrittura e sto lavorando ad alcuni progetti espositivi per il prossimo anno.