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Laura e Vittoria Cucchi

Le sorelle Cucchi sono l'ultimo tassello di una storia che si consuma al bancone di uno dei bar più importanti di Milano

Scritto da Martina Di Iorio il 24 giugno 2022
Aggiornato il 20 luglio 2022

La storia dietro la Pasticceria Cucchi è una storia che sa di epopea familiare e si lega imprescindibilmente con la città di Milano. Parte da lontano, quando la città era profondamente diversa e ne segue il corso fino ad oggi con una tradizione che parla di qualità e tenacia. Dietro tante persone, che di generazione in generazione arrivano ad oggi. Come le sorelle Cucchi, Laura e Vittoria, che troviamo oggi in questo posto che è storia. Le abbiamo intervistate, per capire anche dalle loro parole cos’è la Pasticceria Cucchi e cos’era: ricordi e aneddoti, dalla propria memoria e dalla memoria storica che rivive dietro la figura del mitico Cesare Cucchi, qui intervistato da ZERO anni fa.

Anni fa noi di ZERO intervistammo vostro padre, Cesare Cucchi, ne uscì una bellissima intervista.

Nostro padre era un vero padrone di casa, la sua casa era ovviamente la Pasticceria Cucchi, al quale dedicò la vita intera. Era la memoria storica di questo posto, era anima e corpo dietro il bar. Aveva una presenza scenica forte, accattivante, era interessante parlare con lui, aveva tantissimi aneddoti non solo su questo luogo e la sua storia, ma su Milano tutta. Nostro padre piano piano si inserì qui: diciamo che ha sempre contriubuito a dare una mano, da ragazzino faceva tutto quello che era necessario dalle consegne alla produzione, nel mentre aveva iniziato a studiare Giurisprudenza ma poi abbandonò per dedicarsi interamente all’attività.

Partiamo dalle origini: come è nata la Pasticceria Cucchi.

Era il 1928 quando il nonno Luigi venne qui con la nostra nonna e altri parenti dall’Oltrepò Pavese. Erano famiglie numerose, pensate che la nonna si è sposata a 16 anni, altri tempi ovviamente, e si trasferirono per cercare una dimensione diversa. Nello stesso anno e quindi nel pieno del Ventennio fascista, aprirono un caffè che ai tempi veniva chiamato “bar privativa” ovvero la licenza dell’epoca a vendere alcolici. Il bar del nonno sorgeva dove oggi c’è la Pizzeria Naturale, proprio qui di fronte. Poi nel 1936, anche se si ha memoria di una licenza originale che ha come data ’34 purtroppo perduta, i nonni si spostarono in questo luogo che rimase poi da quel tempo sempre il Bar Cucchi. Era un café chantant ovvero un caffè concerto, un posto di intrattenimento, luogo di convivialità. Si servivano vino, alcolici e si poteva assistere a dei piccoli spettacoli musicali. Si narra addirittura di un’orchestrina di sole ragazze spagnole che in quegli anni venne a suonare al Cucchi, quindi anche un posto d’avanguardia.

Com’era il bar in quegli anni?

Non era ovviamante come oggi, era un posto diverso anche se ci piace aver mantenuto alcune cose, che per noi hanno valore. Nacque come caffetteria, mescita di vino e luogo dove assistere a piccoli concerti di musica dal vivo, poi si spostò gradualmente sulla pasticceria. Il primo laboratorio era esterno, in Corso Genova, e papà ci raccontava che ogni giorno prendevano delle barelle e rifornivano di dolci il negozio. Poi la produzione venne spostata qui nel seminterrato (che era anche un rifugio anti bombardamento) e ora anche nel piano sovraelevato.

Si dice che a mezzanotte restassero ancora aperti e si buttava giù una pasta per gli intimi che rimanevano. Si apriva fino alla sera tardi, non ci si fermava mai, mai nessun giorno di chiusura tranne Natale e Ferragosto. Ci fu solo un periodo di stop durante il periodo caldo della guerra: Milano venne bombardata pesantamente,  una bomba cadde all’interno dell’edificio rendendo inagibile il locale per un po’ di tempo, papà e zio vennero sfollati nelle campagne, mentre mio nonno e la zia li raggiungevano ogni giorno si recavano in biciclette tutte le sere a Stradella. Nonostate il periodo nero di Milano dovuto alla guerra, mio nonno non si scoraggiò mai e anzi andò alla fiera di Sinigallia e comprò una macchina del caffè di seconda mano per ripartire all’interno del bar.

Anche Milano era diversa e il quartiere non era assolutamente come ci appare oggi.

Il papà ricordava sempre che durante la guerra qui affianco al bar c’erano coltivazioni di grano dappertutto, perché c’era questa politica di Mussolini che obbliga a coltivare ogni piccolo appezzamento con foraggiamenti per contrastare la carestia dovuta al periodo. La città non era assolutamente come questa di oggi. Papà ricordava sempre anche questo simpatico aneddoto: non molto distante dal bar sorgeva una scuola di borseggio, in via Scaldasole, per insegnare ai più piccoli i furti con destrezza. Ci diceva anche che Celentano aveva proprio preso spunto da questa zona per la realizzazione del film Mani di Velluto. Non sappiamo se sia proprio così, ma il papà lo diceva sempre e a noi piace ricordarlo.

Chi erano i clienti di Cucchi e chi sono oggi?

Originarimente qui era periferia di Milano, c’era un albergo popolare qui vicino che accoglieva i senza dimora e una serie di furfanti di vario genere. La clientela all’inizio era popolare, gente che comunque si guadagnava da mangiare onestamente, poi con il passare del tempo è divenuto un punto strategico per la città e di conseguenza anche la clientela è modificata. Più attenta, più esigente, più colta.

Oggi abbiamo tantissimi giovani che hanno riscoperto il bello di essere all’interno di posti come questo o anche in altri luoghi che hanno un valore storico, pensiamo ad esempio al Bar Basso di Stocchetto. Questo è possibile proprio perché pensiamo che si è riscoperto il bere di qualità, è tornato in auge da molti anni ormai l’aperitivo alla vecchia maniera che qui non abbiamo mai smesso di servire. Papà ci ricordava spesso come un tempo si serviva tantissimo vermouth, di gran moda, e lui insieme ai suoi amici bevevano il Milano Torino. Cocktail che sono molto richiesti anche oggi e che noi serviamo con una piccola pasticceria salata, perchè siamo del parere che l’aperitivo è un momento che precede la cena. E anche i giovani ormai lo sanno.

Parliamo dell'evoluzione di questo posto: quanto è rimasto di un tempo e quanto si è modificato? Pur sempre mantenendosi fedele a sé stesso.

Il cambiamento e l’evoluzione è avvenuta in maniera molto graduale, il Bar Cucchi ha assecondato lo sviluppo della città ed è cresciuto con essa. Questo cambiamento ha seguito anche il passaggio tra le diverse generazioni al suo interno, da nostro nonno a nostro padre e ora noi, le sorelle Cucchi. Anche il lavoro e la sua percezione è cambiato con il passare degli anni. Prima c’era una rigida impostazione gerarchia, supportata da un grande senso del lavoro e del dovere. Ruoli fissi, statici, proprio perché rifletteva il tipo di mentalità dell’epoca: uomini di vecchio stampo dal grande rigore e presenza. Con il tempo e con il miglioramento delle condizioni di vita di tutti questa rigida impostazione si è alleggerita, e il bar ha visto l’inserimento di altri dipendenti, anche aldilà della famiglia.

Inizialmente il bar era più piccolo, non aveva annessa la parte finale con i tavoli poi con il tempo si è ampliato. È cambiato anche in parte l’arredamento, i banconi non erano refrigerati, come lo sono ora, poi a causa della bomba che cadde proprio qui affianco parte del bar andò bruciato. Ma nonno e papà non si persero d’animo e andaro addirittura in provincia di Brescia a comprare i nuovi arredi da un’azienda che era di proprietà del marito dell’allora titolare del bar Saint Ambroues. I lampadari sono originari dell’epoca, tranne uno. Questa è una cosa carina da ricordare: nel 2013 quando abbiamo restrutturato ci siamo accorti che ne mancava uno. Allora abbiamo contattato l’azienda che ce li fece, Renzo del Ventisette, altra realtà storica di Milano, in Viale Piave. Corsero qui a prenderne uno orginale per farne una copia perfetta che ora è qui.

Il Bar Cucchi è una grande epopea familiare. Tante le persone che hanno contribuito a renderlo il posto che è oggi. Senza dimenticare i dipendenti. Ce ne parlate?

Tutte le persone della famiglia Cucchi hanno reso questo posto ciò che è oggi. Non solo il nonno o la nonna, che lavorava nelle retrovie, ma anche le zie e qualche zio. Poi con il tempo questo legame familiare si è gradualmente modificato, ci siamo noi ovviamente, ma il nostro organico è formato da tanti dipendenti che hanno sempre mostrato grande passione per il lavoro e stima per questo luogo e la sua storia. Oggi contiamo dai 25 ai 30 dipendenti, dipende dai momenti e dal carico di lavoro, e vi assicuriamo che non è facile come gestione, soprattutto in questi tempi di crisi dovuti al Covid.

Abbiamo avuto dipendenti con 30 anni di anzianità, alcuni li abbiamo accompagnati alla pensione. C’era anche un’altra etica del lavoro un tempo, forse una dedizione maggiore e si prendeva il lavoro in maniera diversa. C’era un barista storico, ricordiamo, che non ha mai preso un giorno di malattia. Non è che non si ammalasse, lui veniva comunque prendendo un’aspririna. Poi nostro padre aveva questa idea, che condividiamo anche oggi: le persone che lavorano qui devono avere un atteggiamento familiare, un modo accogliente di fare e non è oggi sempre possibile trovarle. Questo è un lavoro serio e faticoso, non tutti sono disposti.
I nostri figli non sappiamo cosa vorranno fare, chissà se un giorno saranno la quarta generazione al controllo.

Parliamo delle donne all'interno di Cucchi. Non solo voi, molte sono state le figure che direttamente o indirettamente sono parte di questa storia.

Assolutamente vero. Innanzitutto nostra mamma, una donna forte e accogliente, che ha sempre avuto il grandissimo merito di essersi dedicata aniama e corpo non solo alla famiglia, tenendola unita, ma anche al lavoro. Lei era sia fisicamente qui, al bar, e ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo di questo posto lavorando nelle retrovie con grande passione e dedizione. È riuscita a mantenere la pace non solo in famiglia ma sul lavoro. Una persona devota, in tutti i sensi. Pensiamo che è grazie a lei se siamo qui e se il bar è ancora un posto importante per Milano.

Poi c’era la zia, un personaggio incredibile. La zia era fantastica, faceva la commessa la potevi trovare ogni santo giorno dietro al banco, con gli occhiali brillanti, espansiva, una pubblicità vivente del prodotto. Era piccola e bionda, un po’ rotonda e sempre sorridente. Un elemento leggero che faceva la differenza. Tutti grandi lavoratori, ben coesi.

E poi ci siete voi. I primi ricordi al Bar Cucchi?

Da bambine passavamo un po’ di tempo al bar. Quando c’era il nonno venivamo a salutarlo, visto che era un lavoratore irreprensibile ed era sempre questo era uno dei pochi modi per vederlo. Ci viziava facendoci mettere il dito nella panna appena montata. Lui era una persona molto seria e austera e questi erano dei momenti molti teneri che ricordiamo con piacere. Non era una persona che esternava molto, tipico per l’epoca, e queste cose per lui erano delle bellissime espressioni di affetto, delle coccole alle sue nipoti. Ricordiamo che venivamo qui sempre prima della scuola a prendere la brioche con il tuppo, alla siciliana, ma noi preferivamo la focaccia dei compagni e facevamo sempre a scambio. Poi ricordiamo i dolci della domenica.

Non facevate questo lavoro. Come siete arrivate qui?

No, noi non abbiamo sempre lavorato qui e sinceramente non pensavamo di volerlo fare perché abbiamo visto sempre tanto sacrificio, orari difficili. Volevamo un futuro diverso, con una vita più slegata dal lavoro e più agile. Abbiamo frequentato Legge (Laura Cucchi, ndr) e Letteratura Americana (Vittoria Cucchi, ndr), abbiamo lavorato ambedue per un lungo periodo in ambiti diversi, ognuna il proprio. Poi con il tempo ci siamo riavvicinate al bar. I nostri stavano invecchiando e quindi siamo arrivate qui. Nostro papà ci disse, con la sua consueta diplomazia: “Qui ve lo sconsiglio, perché avete a che fare con tante persone, tanti dipendenti e questo vi può portare ad avere problemi, anche perché siete donne”. Una visione di altri tempi, sicuramente, ma non del tutto sbagliata anche oggi. Il fatto di essere donne si sente, tutti fanno leva sul nostro sentimento materno e con un uomo questo non sarebbe successo.

I nostri ruoli sono abbastanza separati: Vittoria amministrazione e personale, Laura eventi, normative da seguire, dipendenti. Anche il lavoro è cambiato, prima era molto più fisico ora piu mentale perché bisogna stare dietro a tante cose,
e quando manca qualcuno siamo noi a tappar buchi. Ma siamo contentissime.

Per finire: il futuro del Bar Cucchi?

Non sappiamo se i nostri figli vorranno seguire le nostre strade, è plausibile che scelgano anche altro e noi non lo impediremo. Speriamo che il futuro sia tanto bello quanto il passato.