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The Pills

Da un appartamento a Giardinetti e una fotocamera alle sale di tutta Italia. Il 21 gennaio esce Sempre meglio che lavorare, il film di debutto di Luca (Vecchi), Luigi (Di Capua) e Matteo (Corradini), meglio noti come The Pills. Gli abbiamo chiesto come ci si sente.

Scritto da Nicola Gerundino il 15 gennaio 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di A.Pirrello

Circa quattro anni fa, nel novembre 2011, viene caricato su Youtube un video in bianco e nero di tre ragazzi intenti a chiacchierare attorno al tavolo delle slavine sessuali che caratterizzano l’Erasmus e travolgono ogni rapporto di coppia. Piccolo dettaglio: la fidanzata di uno di loro ha appena vinto la fatidica borsa, con destinazione Madrid.
Inizia così The Pills, una delle serie web più fortunate realizzate in Italia – forse la più fortunata di tutte – giocata su ironia, citazione, parodia e paradosso. Spesso politicamente scorretta, al 100 percento legata all’universo-Roma, per linguaggi, modi di essere e di fare, luoghi fisici e luoghi comuni.
Dopo parecchia acqua passata sotto ai ponti – con tanto di approdi a Deejay Tv e Italia 1 – si arriva al 2016 e al primo lungometraggio, Sempre meglio che lavorare. I The Pills, omonimo trio creativo dietro la serie, sono Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini.
Li ho incontrati il giorno dell’anteprima per la stampa e quella con Zero è stata l’ultima intervista della giornata: stanchi io, stanchi loro, abbiamo iniziato con la domanda che nessun intervistatore vorrebbe sentirsi fare: «Ti è piaciuto il film?». Un po’ come quando una squadra abituata a fare il gioco si ritrova a subire il pressing degli avversari ancor prima che l’arbitro metta il fischietto in bocca. Per il poco tempo a disposizione non sono riuscito a fare tutte le domande previste, per cui questa breve introduzione è anche un invito a ritornare a fare due chiacchiere sui quesiti in sospeso, nonché un in bocca al lupo per chi, partito da Giardinetti e Cinecittà, è arrivato a un’anteprima all’Adriano.

The Pills: Ti è piaciuto il film?

Zero: Ni…
Matteo: Ok, che è un no.

Zero: No, è che ci sono cose che m’hanno fatto divertire, come la storia dei bangla o quella del padre (di Matteo, nda), altre no.
Luigi: Tipo? Raccontaci, dicci un po’, è tutto il giorno che ce stanno a di’ che è fico.

Zero: C’abbiamo poco tempo, avevo anche delle domande da fare…
Luigi: Ma che te frega!
Luca: Ormai sei l’ultimo.

Zero: Ok. Ho avuto un po’ l’effetto di Verdone che fa Viaggi di nozze.
Luigi: Cioè? Ma Viaggi di nozze è bellissimo! È troppo episodico?

Zero: No.
Luca: Che non va da nessuna parte, che ti lascia un po’ sospeso?

Zero: No. Che riprende qualcosa che aveva già fatto (intendevo un regista che riprende una sua formula e quindi sposta l’attenzione, sua e del pubblico, sul trascorso artistico piuttosto che sulla storia, ma l’ho detto malissimo – nda).
Matteo: Ho capito che intendi.
Luigi: Ti sembra una sorta di rimescolamento?
Matteo: È ridondante rispetto alla serie.

Zero: Ecco, sì.
Matteo: Vabbe’ dai, il secondo lo famo più completo!
Luigi: Poi, altre cose?

Zero: Questa è la principale. Poi la parte dei regazzini.
Luigi: Non ti piace?
Matteo: Lo vedi? Guarda che è pazzesco; noi abbiamo avuto persone che sono impazzite per la parte dei regazzini, ma ti capisco comunque.
Luigi: Ti sembra paracula?

Zero: No, semplicemente non mi ha fatto ridere. Ci sono delle parti ok, come quella con la polverina, come si chiamava…?
Matteo: Le Frizzy Pazzy.

Zero: Anche quella col Crystal Ball.
Matteo: «Ma proprio qui davanti a tutti!?» (Matteo cita il dialogo corrispondente alla scena in cui un ragazzino di neanche 10 anni gonfia il Crystal Ball come se stesse fumando crack – nda).

Zero: Sì, ecco, quelle parti fanno ridere. Poi per il resto poteva anche non starci, giudizio mio.
Luigi: Sono contento comunque, almeno abbiamo anche delle critiche, se no tutti dicono «Ah fico! Bello, bello, bello», anzi, ascolto con più curiosità qualcuno che dice «Ma guarda questa roba qua secondo me… ma non lo so… è un po’ così…». Ci sta.
Matteo: Tu quanti anni hai?

Zero: 34. Voi quanti ne avete?
The Pills: 29, 30 e 30.
Luigi: Ci sta comunque. Secondo me dividerà molto più l’opinione tra gente della nostra età, pischelli e quelli più grandi, capito che intendo?

Zero: Sì, anche perché dopo i 30 i riferimenti (tutte le citazioni del film e della serie – nda) si cominciano a perdere.
Luigi: Sì, però per paradosso per quelli dopo i 50 anni diventa esotico, un film insolito. A loro piace, racconta i loro i figli. I ragazzini, ad esempio, piacciono molto di più ai cinquantenni o ai ventenni.
Matteo: C’è gente che si è sentita male con i ragazzini.
Luigi: Magari ad altri a cui piace l’aspetto più crudo di The Pills, la parte con i ragazzini la sentiranno più lontana.

Zero: Parto con le domande?
The Pills: Vai, vai!

Zero: Ok. Allora, in generale mi interessava conoscere il rapporto che avete con la città, con Roma.
Luca: Diciamo che volevamo fare una sorta di anti Grande bellezza, portare al cinema quegli scorci che normalmente non vedi, quando pensi «Vado a vedere un film ambientato a Roma», ti aspetti di vedere certe cose.
Matteo: Era impossibile fare un film senza mettere in mezzo il kebabbaro ad Arco di Travertino!

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Zero: In che quartiere siete nati?
The Pills: Cinecittà (Luigi), Giardinetti (Matteo, Luca)

Zero: Ci vivete ancora?
The Pills: Sì.

Zero: Ci vivete da soli o in coabitazione?
Matteo: Io ci vivo coi miei… Anche se adesso ufficialmente abito a Milano.

Zero: Ero curioso di sapere se avete mai coabitato e se attualmente coabitate, visto che The Pills parte proprio da questa situazione.
Luca: Sì, sì, avoja. Un fiume de gente… Un porto di mare….

Zero: C’è una cosa peggiore del coabitare?
Luca: No, non c’è. Le tasse, forse.

Zero: No, no! Intendevo se c’è un aspetto della coabitazione che è peggiore degli altri.
Luca: Be’, quando hai voglia di stare solo, per conto tuo, non puoi perché devi creare un’atmosfera “serenità coabitativa”. Se vivi da solo nella tua torre d’avorio, che è la tua stanzetta, vieni visto dagli altri come una strega.

Zero: Di chi è la casa dove avete girato tutti gli episodi?
Luca: Mia.

Zero: Si trova a Giardinetti quindi?
Luca: Sì.

Zero: Passando dalle zone ai quadranti, c’è sempre un riferimento a Roma Sud in quello che fate, a questo punto vi chiedo una frase per definire Roma Sud e una per Roma Nord.
Luca: È difficile. Guarda il fatto è che, giuro, io Roma Nord non la conosco, è un altro pianeta, ogni volta che vi vado la vedo come se fosse un’altra città.
Luigi: Roma Nord è Roma che tenta di essere Milano.
Matteo: Non che tenta di essere Milano… Tenta di non essere Roma.
Luigi: Sì, esatto. Invece Roma Sud è la voglia “brutale” e anche un po’ scema di essere romani.

Zero: Quindi lo scambio Roma Sud-Roma Nord come con i fustini del detersivo non lo fareste?
The Pills: No.
Luigi: No. Piuttosto me ne vado a Milano. A ‘sto punto…

Zero: Torniamo un attimo indietro, da chi è partita l’idea di fare la serie web?
Luca: Da me.

Zero: Hai scritto tu il primo episodio?
Luca: No, in realtà c’erano delle idee che vagavano da un bel po’. Noi ci siamo sempre frequentati a casa mia, la sera, e quando uscivano fuori queste idee continuavamo a scriverle, ci facevano molto ridere. Certe volte le riprendevamo anche e le ampliavamo. C’era tanto materiale stipato, messo lì da una parte ed era un po’ un peccato. Abbiamo quindi cercato di realizzare quelli più fattibili prendendo anche dimestichezza con il mezzo, con quello che, ad esempio, vuol dire prendere l’audio. Uno non si pone mai il problema del fonico, invece è importantissimo, è cruciale che si senta bene.

Zero: Il primo episodio è stato quello sull’Erasums. È stato subito buono oppure c’è qualche episodio nascosto, un pilota nel cestino
Matteo: Sì, c’è un pilota mega greve. C’è questa ragazzina che va dal padre ad Halloween e gli dice: «Papà, indovina da che mi sono vestita?!». Lui dice «Da mignotta», gli dà una pizza, la chiude in camera e si mangia la chiave. Fine.

Zero: Mica male!
Matteo: Ecco, lo vedi?! A te piace ‘sta roba! Te non vuoi vede’ i regazzini, ma le pizze alle pischelle! Io te conosco, io t’ho capito!

Zero: Chi aveva la telecamera all’inizio, sempre tu?
Luca: Io. Una fotocamera
Luigi: La famosa 5D. No la 7D, la famosa Canon 7D.

Zero: L’hai utilizzata anche per il film?
Luca: No, però è ancora viva, ancora la utilizziamo per girare qualche episodio.

Zero: Invece l’idea del film a chi è venuta? É partita da voi?
Matteo: L’idea, intesa come soggetto del film?

Zero: No, no. L’idea di fare un film.
The Pills: Da Pietro Valsecchi, il produttore.

Zero: Che rapporti avete con lui?
Luigi: Devo dire la verità: poteva andare molto peggio, ma in realtà va benissimo.
Luca: Avevamo veramente paura ci mangiasse il cuore! L’ha solo assaggiato.
Matteo: La cosa positiva è che gli sono interessati alcuni aspetti che per noi erano fondamentali.
Luca: Nonostante non capisse determinate cose.
Matteo: «Se questa cosa la volete fare così, mi fido di voi», non di tutto, ovviamente.

Zero: Avete avuto difficoltà a passare da episodi da 5 minuti a un lungometraggio?
Luca: Be’ sì; un conto è fare uno sketch con tre persone con uno che sta in macchina e l’altro che prende l’audio, un conto è un meccanismo di 60 persone. Ad esempio, ogni volta che devi spostare la macchina da presa ti spareresti in bocca. È chiaro che nel cinema è tutto molto più lento, più pesante, più impostato, più certosino, è un prodotto diverso.

Zero: La cosa migliore e la peggiore di un set cinematografico?
Luca: La cosa migliore è che disponi di mezzi e hai tutte le possibilità affinché ogni cosa sia fatta bene, nulla è lasciata al caso. C’è una preparazione, ci sono dei reparti che devono pensare solo a determinate cose. La cosa peggiore è la lentezza: un set è un dinosauro.

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Zero: Quante persone avevate sul set?
Luca: Almeno 30. Più altre 20 o 30 di produzione.
Luigi: È veramente faticoso far percepire e gestire una certa spontaneità in questa situazione.

Zero: C’è la soggezione di 30 persone che stanno dietro la camera quindi?
Luigi: Un botto, tantissimo! L’atmosfera del film non era quella del cazzeggio, parlamo. Tutto l’aspetto di The Pills, che sono sicuro ti è mancato, il cazzeggio intorno al tavolo, le chiacchiere lunghe, prolisse. Quella parte lì non c’è nel film, non era adatta a un set, non puoi improvvisare.

Zero: Effettivamente le parti in cui questa componente riesce comunque a emergere sono le migliori, ad esempio quando insegni ad usare Facebook in carcere, che potrebbe essere uno sketch a sé stante.
Luigi: Sì, infatti quella parte lì è stata più improvvisata.
Luca: Esatto, ci sono delle parti in cui abbiamo cercato di reintegrare quel meccanismo lì.
Luigi: L’irrazionalità, il parlare sul niente al cinema non regge. Tu l’hai sentito più cupo per la mancanza di sketch?

Zero: Non lo so, forse in certi punti mi ha condizionato la colonna sonora, ma non saprei dirvi quanto fosse una drammaticità forzata e quindi comica, oppure no. Perché quando vedo qualcosa di vostro so di dover giocare sul registro dell’eccesso, della parodia. Secondo me qualche punto in cui siete seri c’è, ma diventa un po’ più difficile coglierlo, perché vuol dire che non mi state parlando in un modo solo, come di solito fate.
Luigi: L’obiettivo era anche quello. Non fare un film di un’ora e mezzo solo a ride’, a prendersi per il culo, ma fare una roba anche mezza triste, mezza “piagnona”, un po’ alla Verdone, prenderci anche sul serio, altrimenti continuavamo a fare gli sketch.


Gaetano di Calcutta è uno dei brani della colonna sonora.

Zero: Sì, l’ho pensata anche io quest’ultima cosa. Vi faccio una domanda sulla parte che mi è piaciuta di più, quella dei “bangla”: come li avete “reclutati”?
Luca: È stato faticosissimo. A un certo punto abbiamo cominciato ad andare in giro per il Pigneto a reclutare quelli ambulanti, quelli che vendevano le cartine, ma non è stato facile, si insospettivano appena dicevi qualcosa. In realtà ho sempre avuto un rapporto fantastico con i “bangla”; quello sotto casa mia mi ha visto crescere.

Zero: E non sei andato da lui a chiedergli se era disponibile per il film?
Luca: Sì, ci sono andato. Abbiamo girato anche da lui, la scena all’inizio, quando mi vedi andare a chiedere lavoro la prima volta. Lui non c’era, ma c’era tutta la sua famiglia.

Luca sta per essere rapito dai Tyler Bangla.
Luca sta per essere rapito dai Tyler Bangla.

Zero: Altro curiosità: nella camera di uno di voi ho visto un bel poster dei Band of Horses, vi capita spesso di andare ai concerti?
The Pills: Ogni tanto sì, ma molto meno di una volta. Ormai siamo vecchi.

Zero: Oltre ad Alì Babà, in cui avete girato una scena del film, c’è qualche altro posto dove andate a mangiare di notte?
Luca: Sì, ma guarda, una mia remora è che avremmo potuto mostrare più zone di Roma. All’inizio volevamo fare un film a tappe, una sorta di viaggio di ritorno da Roma Nord fino a casa, per mostrare davvero la città, una sorta di on the road, ma si è rivelato troppo impegnativo.

Riprese ai piedi della Tangenziale Est.
Riprese ai piedi della Tangenziale Est.

Zero: Quindi si può dire che The Pills e Roma sono imprescindibili?
Luigi: Assolutamente. A Roma succedono tante di quelle cose! Tu le senti le storie che gli amici tuoi ti raccontano, le cose pazzesche che succedono? Le mejo storie! Non è un caso che il cinema sia a Roma e a Napoli: le cose che succedono a Napoli in un giorno a Milano le vedi in un mese.

Zero: Vi hanno chiesto di “deromanizzare” un po’ il film?
Luca: In realtà abbiamo cercato noi di mitigare il linguaggio, non volevamo venisse fuori qualcosa alla Gomorra, con i sottotitoli, sarebbe stato un ulteriore problema di geolocalizzazione del prodotto. Però, obiettivamente, saremmo stati altrettanti falsi cercando di essere dissimili da quello che siamo.