Quando i trentacinquenni di oggi avevano 5 o 6 anni, il parco Indro Montanelli non era adornato dalla statua dorata del noto giornalista, e si chiamava Giardini di Porta Venezia. C’erano lo zoo, i cavallini, il trenino elettrico, il bar della Centrale del Latte e il Museo di Storia Naturale. Quest’ultimo, nel suo scafandro di laterizio lombardo e intonaco giallo polenta, è passato indenne attraverso il generale snaturamento della città. E ha continuato a valorizzare le sue collezioni, alcune delle quali risalgono alla prima metà del 1800, arricchendosi di nuove curiosità scientifiche e spolverando le gigantesche teche in vetro, gli animali impagliati, i coleotteri coi loro spilli, i numeri di archivio.
Ciò che impressiona di più i visitatori comuni è ancora lo scheletro di cetaceo sospeso nel salone, ma, tralasciato il pittoresco, lo studioso e l’appassionato possono godere di collezioni importanti. Da quella del nobile milanese Giuseppe De Cristoforis, donata al Comune nel 1838 e nucleo originale del museo, a quelle del Museo Mineralogico Borromeo, acquisite nel 1913. Fino alle più recenti sezioni di Paleoetnologia e di Botanica, entrambe fondate tra gli anni 60 e 70.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2020-03-01