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Un nuovo incontro - mostra - happening di c-r-u-d + A place where... il 24 maggio nello studio di Cola Montano

Scritto da Lucia Tozzi il 22 maggio 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Passeggiare con Daniela Rossi nel quadrilatero Via Cola Montano-Via Pepe-Via De Castillia-Via Volturno-Via Porro Lambertenghi è un’esperienza ai limiti dell’assurdo: i tempi si dilatano, e una persona su due si ferma a parlare con lei sospendendo qualsiasi attività. Nessuno vuole perdersi uno scambio di battute con questa persona sorridente ma provocatoria, dotata di una sapienza arcana – sembra -, di un gatto e di una casa studio ex officina con saracinesca che è un luogo mitico dell’Isola. Tra le sue mura è nato c-r-u-d, uno studio di comunicazione visiva, e A place where…, un’associazione che autoproduce progetti culturali bellissimi, spesso effimeri e site-specific, che coinvolgono sempre moltissime persone, del quartiere Isola ma anche di posti altri, esotici. Abbiamo intervistato le 4 donne che in questo momento rappresentano il nucleo attivo di c-r-u-d + A place where…, in occasione della prossima apertura del 24 maggio, un incontro di presentazione del progetto A5 “Tacquini”. Un invito, uno scambio, un archivio dove si potranno vedere e sfogliare i taccuini inviati ad artisti, grafici, designer, intellettuali, compilati e trasformati in opere-mondo. Il meccanismo è semplice: una serie di taccuini cuciti a mano, una lunga lista di persone a cui spedirli, e infine il Tacquino manipolato e rispedito al mittente.

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Chi siete voi di c-r-u-d? come vi siete incontrate?
Siamo Daniela Rossi, Francesca Ceccoli, Beatrice Arenella, Marta Comini e altri che qui non diremo ma che se serve ci sono.
In ogni incontro c’è un inizio. Tutto parte dalla scuola bottega di A G Fronzoni a Milano dove Daniela Rossi frequentava il corso di inscape e graphic design. La scuola bottega era un luogo aperto dove si passava con “leggerezza” dalle 2 alle 3 dimensioni.
A quel tempo A G Fronzoni stava progettando la ristrutturazione del loft del figlio di Armando Testa di via Ludovico il Moro e Marta Comini collaborava come architetto: primo incontro. Daniela, dopo alcuni anni inizia ad insegnare alla scuola R Bauer e lì conosce Francesca Ceccoli, già laureata in architettura, sua studentessa nel corso di graphic design: secondo incontro. Beatrice invece Daniela l’ha voluta incontrare per conoscere il suo lavoro, aveva l’esigenza di un fotografo/video-maker per il progetto d’identità di “cerrutibaleri”: terzo incontro. Poi nel 2009 ha incontrato un gatto.

Come avete deciso di creare c-r-u-d e come funziona? lavorate sempre insieme? 
Nel 2011, con animi differenti, avevamo tutte l’esigenza di fare progetti a largo respiro e di rispondere ad una domanda: “Quali sono i luoghi con cui desideriamo legarci?”.
La piattaforma c-r-u-d acronimo di: create – read – update – delete nasce da un’idea di Daniela Rossi dopo la ventennale esperienza sul progetto e la didattica della comunicazione visiva. La sua casa/studio, un ex-officina con affaccio su strada in via Cola Montano nel quartiere Isola a Milano è diventato naturalmente lo spazio fisico di c-r-u-d il 22 febbraio 2012.
Le anime che nel tempo hanno attraversato c-r-u-d sono state tante, ma sin dall’inizio ad oggi siamo in 5 con il gatto Rocco.

Quando siamo lo studio c-r-u-d progettiamo strategie visive > identità dinamiche > contenuti e copy-writing > visual design > foto e video > interior design > sound design > web application > interaction design per committenze pubbliche e private. 
Ma quando apriamo il nostro spazio di lavoro ad altri ci trasformiamo in A place where…, la nostra associazione dove lavoriamo su progetti autoprodotti, oltre ad indagare e divulgare la cultura del “Progetto” con laboratori e interventi site-specific nel contesto urbano. c-r-u-d + A place where… progetta le connessioni tra gli individui, le aziende, gli artefatti, gli strumenti e i luoghi, sempre con un approccio “tailor-made”. E poi no, non lavoriamo sempre insieme. Noi a volte siamo in (2) a volte (7) o di più… Questo dipende dalla strategia del progetto, in base alle esigenze e agli obiettivi del cliente.
Ci piace cambiare la scala. c-r-u-d è in grado di offrire una consulenza: piccola (play’s one’s card per cba design), media, (le compagnie malviste, metodi e strumenti) grande (cerrutibaleri).

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Qual è il rapporto che vi lega al quartiere Isola? Ci raccontate i progetti più importanti che avete fatto all’Isola?
Due di noi ci vivono da anni, le altre hanno imparato a conoscerlo, Rocco lo salutano tutti. Il quartiere ci ha sempre stimolato.
Agire per modificarlo è stata una conseguenza “effimera”. All’inizio abbiamo realizzato piccoli interventi che ci piace definire di “poesia urbana”. La formula è stata semplice: individuato un luogo, abbiamo inviato ad amici le regole del “gioco” dandoci poi un appuntamento. Per qualche giorno quel luogo anonimo diventava originale. Le persone, per qualche secondo, si fermavano ad osservare…. Il progetto più importante è stato Soglie- Tresholds. L’idea è stata di segnare gli spazi e raccontare le relazioni che tale azione di – scrittura urbana – attiva tra persone tra di loro contigue. Definite le regole, le persone sono entrate in gioco e per tre anni il quartiere si è colorato di Magenta Flou.

Quali sono le persone, i negozi, le gallerie, gli spazi con cui avete collaborato in questi anni?
Sara Serighelli della galleria O’, Valentina Picariello, Valentina Kastlunger e Silvia Orlandi di zona k , Alessandra Arnò e Paolo Simoni di [.BOX] Videoart project space, tutti i partecipanti dei III anni di Soglie – Thresholds e un ringraziamento particolare a Raum che ruba tesori dei palazzi dei re e li trasporta dove vuole.

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La cosiddetta gentrificazione del quartiere secondo voi ha agito veramente nel profondo della composizione degli abitanti? chi sono i furbetti del quartierino? Chi continua a fare cose interessanti?
Sola Marta è nata a Milano, le altre vengono da Napoli, Matera e San Marino. Capirete che ognuno ha uno sguardo diverso sulla trasformazione di un luogo nel quale non è nato. Marta pensa che l’Isola ha dentro di se anticorpi sani, suo malgrado. Daniela durante la trasformazione pensava alle buche che ci sono a via Manzoni a Napoli dove abitano i suoi genitori. Beatrice alla luce che in alcuni punti del Quartiere è diminuita. Francesca pensa: «Perché dopo l’Erasmus non sono rimasta in Belgio?».
In quanto agli abitanti, a noi sembra che siano sovrapponibili a quelli di tanti luoghi del mondo “evoluto”, magari solo un po’ in ritardo su mode e tendenze, nei pensieri… chi può dire.
I furbi? Sempre poco originali. Il quartierino? Quanta retorica serve per sentirsi sazi, visibili, trasformando tutto solo in profitto? I progetti interessanti, sicuramente quelli di chi è concentrato a lavorare su di un progetto che regge il trascorrere del tempo. E poi ci piace ricordare che all’improvviso tra Via F. Confalonieri e Via de Castillia ci trovammo in un passaggio sospeso…

Perché vi piace il colore magenta (che i comuni mortali scambiano per un rosa shocking)?
D’istinto perché è come i colori del cielo all’imbrunire al quale abbiamo aggiunto un po’ di chimica che lo rende Flou per riuscire
a colorare chi guarda. Come a dire “Pink Power” per tutti.

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Cosa vi ha spinto a formulare un nome come a place where…?
Un ex-officina affacciata su strada è fatta per essere attraversata. I puntini dicono che siamo pronte a fare o disfare con facilità.
La trasformazione architettonica ideata in c-r-u-d ci ha dato la possibilità di vivere in una scatola magica, che d’incanto accoglie
i contenuti nostri e quelli degli altri per immergersi nel fluo.

Che cosa sono i Tacquini? 
Ogni taccuino (ribattezzato però “Tacquino”, come da “errore rosso” alle elementari) è interamente fatto a mano utilizzando gli sfridi della carta. Le uniche costanti sono il bianco e le grammature, da 50 a 80g. La copertina è composta da due tessuti di rinforzo [quello usato per irrigidire il colletto della camicia] di colore bianco. Le pagine sono assemblate in modo non-lineare e cucite a filo singer con un cotone di colore Magenta flou. c-r-u-d con l’artefatto A5 – “Tacquino” dà forma al progetto: A5 – “Tacquino” un invito, uno scambio, un archivio.

Perché il formato A5?
Perché è un formato unificato che ne contiene altri 2, l’A4 e l’A6.
L’A4 potrebbe volare e l’A6 riesce ad adattarsi a tutti i fomati di tasche. L’A5 per noi risponde all’invito di “prendersi del tempo” per poi fermarlo in un “Tacquino”. Il formato piccolo e il numero limitato di pagine offre la possibilità di sintesi. Un grande occasione,
in un’epoca di eccessi comunicativi e spazi virtuali illimitati.

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Come avete scelto le persone a cui mandarli?
Le persone contattate sono state scelte senza alcuna specializzazione comune e per attivare uno scambio di contenuti tra persone tra di loro “sconosciute”.

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Cosa diventeranno tutti i tacquini ricevuti?
Una volta tornati in c-r-u-d gli A5 entrano a far parte del progetto “editoriale” ed. Rosa Maggio, dove vengono custoditi, archiviati, accostati ad altri per dar forma ad un mosaico di tessere una vicina all’altra. L’obiettivo è di far viaggiare i contenuti archiviati negli A5, esponendoli in più luoghi. Solo un contatto diretto e una visione d’insieme degli A5 potrà restituire a chi osserverà un racconto che si svolge in orizzontale in alternativa ad uno scorrimento luminoso verticale degli occhi. A5 – “Tacquino” ed. Rosa Maggio è per noi un modo per uscire dagli “illimitati limiti” del web e di puntare sui “limitati illimiti” della carta.

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Se Nicolas Bourriaud si imbattesse in c-r-u-d non esiterebbe a classificare il vostro lavoro come estetica relazionale. Vi riconoscete in qualche modo in questa definizione, o comunque trovate delle affinità con il lavoro di quegli artisti che hanno lavorato sull’interazione, sulle soglie comportamentali?
Potrebbe dirlo solo se vedesse alcune delle modifiche effimere fatte nel “quartierino” dal quale ti rispondiamo. Forse dai piccoli progetti di scrittura/poesia/urbana, comparsi e scomparsi dopo poche ore, Bourriaud sorriderebbe. A noi piace citarti il Ka, lo spirito dell’eterna erranza o Josef Albers con il suo poema:
Calm down
what happens
happens mostly
without you.

Di Bourriaud ci piace l’idea che l’artista (uomo) contemporaneo è nomade, esiliato, emigrante, sémionauta, in viaggio tra i segni delle diverse culture che incontra… A noi piace parlare di “deriva” artistica, ma non ci dimentichiamo mai che il nostro lavoro è di organizzare le informazioni e se il Comune di Milano ci commissionasse un progetto di segnaletica noi ne saremmo onorate.

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Spesso organizzate feste bellissime, con mostre o performance. Ce ne raccontate qualcuna che vi è piaciuta moltissimo?
Grazie del complimento. Noi pensiamo sarà La prossima! Abbiamo sempre aperto c-r-u-d per festeggiare il suo compleanno e
condividere dei contenuti. Il 24 Maggio presenteremo gli A5 ritornati in c-r-u-d.

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Pensiamo sarà bello avere un contatto diretto e una visione d’insieme degli A5 e partecipare al battesimo del “catalogo” di ed. Rosa Maggio. In merito alle feste del passato, la più viva è stata Diamo la parola a… dove la voce di A G Fronzoni è entrata in c-r-u-d e l’ultima performance Acqua sfocata, utilità del fuoco e altre risposte concentriche, performance sonora a cura dell’artista italiano Alessandro Bosetti per Danae Festival e O’.

Dove andate a comprare i libri?
Li prendiamo in prestito dalle biblioteche. Che fatica l’accumulo, poi ti tocca spolverare. Tra tanti oggetti si può rischiare anche di inciampare…