I posti migliori sono piccoli e nascosti. Quante volte avete sentito questa frase? Mai abbastanza, perchè è un consiglio che bisogna sempre seguire. Ad esempio, lo hanno seguito i tanti appassionati di sapori nipponici autentici che a Roma hanno frequentato Waraku, centro nato con l’obiettivo di far conoscere a 360° la cultura del Giappone, passando anche per la cucina. Visto che le richieste di ramen e affini stavano diventando tantissime, Maurizio Di Stefano ha deciso di dedicarsi (per il momento) interamente alla cucina, spostando Waraku dal Pigneto a Villa Gordiani e facendolo diventare un ristorante vero e proprio. In questa ci siamo fatti raccontare questa nuova avventura, partita da un dojo di karate.
ZERO: Come nasce la tua passione per la cucina giapponese?
Maurizio Di Stefano: Nasce quando, a soli tre anni, iniziai a mangiare giapponese presso un notissimo ristorante di roma, complice la curiosità dei miei genitori per le cucine estere.
Qual è stata la prima occasione in cui assaggiato qualcosa di veramente autentico di quella cucina e non un qualcosa che fosse una riproposizione all’europea?
Penso che sia stato quando ho conosciuto Miwako, mia moglie: è stata lei a farmi conoscere per prima i veri sapori della cucina giapponese “rustica”, quasi venti anni fa.
Qual è stato il primo piatto giapponese che hai provato a cucinare da te e con quali risultati?
Taaaanto tempo fa, avrò avuto 15-16 anni, provai a fare del sashimi. Non sono morto avvelenato, credo si possa considerare un buon risultato, dopo tutto.
Ti sei trovato a tuo agio nel preparare questo tipo di cucina fin da subito o c’è stato un momento in cui hai pensato che non fosse per te?
Se una cosa ti piace, la fai senza dubbi e senza rimpianti.
Qual è la storia di Waraku?
Il primo Waraku nasce perché volevo aprire il mio dojo di karate: volevo che fosse un centro dedicato alla cultura giapponese in toto. Sono laureato con lode in Studi Orientali, parlo correntemente il giapponese, ho dedicato la mia vita al Giappone. Aprire un posto nel quale potessi mostrare al pubblico italiano numerosi aspetti della tradizione nipponica reale era il mio sogno. Ora ho deciso di mutare il vecchio circolo in un nuovissimo ristorante, per far fronte alle sempre crescenti richieste. Ma l’intento culturale, lo vedrete, rimarrà immutato. Anche se il dojo verrà riaperto altrove e in un secondo momento…
Ti chiedo allora come sarà il nuovo Waraku.
Saremo a poche centinaia di metri dal Pigneto, in zona Villa Gordiani. La location sarà molto diversa: per lo stile ci ispiriamo all’estetica Showa e, nel tempo, incrementeremo nel tempo l’offerta del menu. Ancora non posso dire nulla di preciso, però.
Tra i vostri piatti migliori c’è sicuramente il ramen. Ci puoi raccontare la storia di questo piatto?
La storia del ramen è lunghetta, anche se, in soldoni, il ramen nella forma attuale nasce grosso modo agli inizi del XX Secolo. A tutti gli effetti si è imposto come il piatto principe per i giapponesi. Un po’, credo, come la pizza per noi italiani: non la cuciniamo moltissimo a casa, ma, dopo tutto, per noi resta la colonna portante del concetto di “piatto unico” italiano, .
Ci puoi raccontare anche la ricetta del ramen: ingredienti e, soprattutto, il procedimento di preparazione?
E rivelare a tutti i miei segreti? Giammai! Comunque, di base, si tratta di un brodo di carne, pesce e verdure complesso da preparare: eichiede ore e ore di bollitura.
In Giappone esistono delle varianti regionali del ramen?
Ne esistono molte, da Nord a Sud. Le più comuni sono comunque quattro: Shoyu, Miso, Tonkotsu, Shio. Non ho notizia di ricette “tradizionali” vegane, ma nel tempo sono apparsi ramen davvero originali. Ricordo che anni fa, in Giappone, andava di moda il Tomato Ramen: provai a proporlo da Waraku, ma non riscosse grande successo…Da Waraku proponiamo comunque altre varianti, comprese alcune ricette del tutto vegetariane che stanno riscuotendo un enorme successo!.
Il ramen, correggimi se sbaglio, mi da l’impressione di essere uno di quei piatti in cui ognuno può aggiungere un proprio tocco personale, partendo da una ricetta di base. Il tuo qual è?
Uhm… tanta passione? Scherzi a parte, da Waraku evitiamo di usare il glutammato monosodico: questo rende la nostra zuppa più delicata e digeribile di tante altre, meno raffinate. Solo ingredienti naturali, insomma, come mi è stato insegnato in Giappone.
Continuerete a puntare sul ramen anche nel nuovo waraku? Quali altri piatti proporrete?
Come ho detto sopra, ce ne saranno, ma non rivelo nulla per ora. Niente sushi, comunque. Forse.. Boh…
A Roma arrivano i primi ramen bar e alcuni ristoranti iniziano a considerarlo come piatto di punta, che ne pensi di questa cosa?
Alla buon ora! A condizione che siano ben fatti e adattati nel modo migliore al gusto e ai prodotti locali.
Oltre al cibo ci sarà uno spazio per qualche chicca nel bere?
Abbiamo già una nutrita scelta di distillati e sake. Di sicuro nel tempo ne proporremo altri. Stiamo anche pensando di inserire qualcosa in termini di cocktail. Magari più in là, vedremo…
Sarete aperti sia a pranzo che a cena come nella vecchia sede?
Certo. Probabilmente aggiungeremo una sera a settimana.
Se dovessi usare dieci parole al massimo per descrivere l’essenza della cucina giapponese quali sarebbero? E altrettante per delineare le differenze con quella italiana?
Potrei dire che è delicata, elegante, dal raffinato gusto estetizzante. Zen. Ma mentirei, perchè volte è grassa, pesante, piena di fritti. Tanta varietà, insomma. La cucina italiana? Pizza? Pasta? Coda alla vaccinara? Troppa varietà anche qui. Riassumendo, direi semplicemente: sono diverse, ma simili.
Quando non sei tu a cucinare, in che ristoranti di Roma ti piace andare a mangiare?
Mangio dove si mangia bene. Adoro la cucina indiana. vado matto per la thailandese. Non faccio i salti di gioia per la fusion asiatica oggi tanto in voga, ma se è buona, non mi tiro indietro. Quando non cucino io… Ci pensa mia moglie! Credo sia la miglior cuoca giapponese che io conosca!