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MAZZO

Il 27 aprile festeggerà i suoi primi cinque anni uno dei nostri ristoranti preferiti di Roma: Mazzo. Più che un'intervista, un dovuto omaggio a Francesca Barreca e Marco Baccanelli.

Scritto da Nicola Gerundino il 23 aprile 2018
Aggiornato il 27 aprile 2018

Luogo di nascita

Roma

Luogo di residenza

Roma

Attività

Chef

Piccolo, dal volto umano, amante della musica, della grafica, del gin e dei sapori importanti. Cinque anni fa nasceva in uno dei quartieri meno presenti tra le agende gourmet di Roma, Centocelle, uno spazio dedicato a un passione semplice e genuina: quella per il cibo e la cucina. A cinque di distanza MAZZO è diventato un punto di riferimento sia per la città che per l’estero, visto che il suo nome è rimbalzato tra tantissimi media di settore, dal New York Times a Munchies. E se di strada ne è stata fatta, si può dire con altrettanta certezza che lo spirito di Francesca Barreca e Marco Baccanelli, i due fondatori, è rimasto lo stesso, basti pensare alla modalità con cui sarà possibile accedere al secret party in cui festeggeranno i primi cinque anni di attività: comprare una busta a sorpresa all’indirizzo http://thefooders.bigcartel.com/product/busta-sorpresa-gadget. In questa intervista abbiamo ripercorso con loro un po’ di momenti passati, con tanto di “rubrica” dedicata ai clienti vip. Auguri MAZZO and may the pannicolo always be with you!
mazzo

ZERO: Iniziamo dalle presentazioni
MAZZO: Francesca Barreca, nata a Melito di Porto Salvo (RC) il 09/12/81; Marco Baccanelli, nato a Roma 23/01/1981.

Torniamo indietro di cinque anni. Primo giorno di apertura: chi sono stati i primi clienti e cosa vi hanno detto a fine pasto?
Abbiamo aperto MAZZO che eravamo già abbastanza conosciuti nella scena romana grazie a serate ed eventi di underground eating, organizzati negli anni immediatamente precedenti all’inaugurazione. Molti tra coloro che partecipavano a quegli eventi volevano fortemente un posto in cui mangiare tutti i giorni i piatti che proponevamo con il nostro primo progetto, Fooders. Quindi i primi ad assaggiare i piatti di MAZZO sono stati amici e vecchi clienti.

Che piatti avete servito in quella prima settimana, ve lo ricordate?
Sì che ce lo ricordiamo! Eravamo in due fra sala e cucina, a turni, e cucinavamo veramente come a casa. Nonostante le nostre esperienze, le beghe burocratiche ci soffocavano e quindi la cucina era semplice, fatta di getto in base a quello che offriva il mercato. Eravamo aperti da colazione a cena (!!!), quindi proponevamo torte e biscotti per la colazione, panini a pranzo – fra cui una leggendaria ciriola con frittata di zucchine espressa – a cena baccalà, trippa fritta, primi della tradizione romana e il rosti coi friggitelli e pecorino di Picinisco. Pensa che della versione invernale di quel piatto, col broccolo romanesco, ne parlarono pure sul New York Times.

Quelli serviti in questa settimana, alle porte dell’anniversario del quinto anno?
Questa settimana in menu abbiamo trippa fritta, ruote pazze con genovese di pannicolo, fettuccina con pollo alla cacciatora, pollo fritto, pancia di maiale, lingua con salsa verde, crumble di cacao amaro con chantilly alla ricotta, frutti rossi e olio evo.

Come avete trovato il locale che attualmente vi ospita?
Tramite un banale annuncio, anche perché Centocelle non era un quartiere così ambito cinque anni fa. Prima c’era un ottico.

Cosa vi ha convinto a scegliere quelle mura? A mia memoria siete stati i primi a pensare che Centocelle potesse essere un quartiere dove poter per provare un certo tipo di cucina.
Non sappiamo se siamo stati effettivamente i primi. Magari tra i primi, quello sicuramente sì. In ogni caso, il locale non stava in centro, pensavamo che la zona si sarebbe sviluppata presto e poi si trattava del quartiere in cui Marco era nato e cresciuto. Venendo da quartieri popolari come Centocelle (Marco) e Pietralata (Francesca), non volevamo prendere le misure con il nostro primo ristorante mettendoci al centro di Roma. Abbiamo fatto una scelta più di cuore che di testa: tutti ci dicevano che eravamo matti, invece col cazzo!

Straight Outta Centocelle.
Straight Outta Centocelle.

La scelta del tavolone unico era un’idea che avevate già prima dell’apertura oppure è stata una conseguenza?
Lo spazio, minuscolo, ci avrebbe permesso di fare una sala miserrima con solo tre o quattro tavolini, quindi abbiamo scelto di evidenziare questa singolare ristrettezza di spazi con un unico tavolo. Peraltro fatto da Marco.

Avete più clienti che vengono da altre zone di Roma o c’è uno zoccolo duro di buongustai di quartiere?
Purtroppo ancora pochi locals. Pochi, ma buoni. Per il resto vengono da tutta Roma e c’è uno zoccolo duro di clientela internazionale.

Dopo cinque anni di lavoro a Centocelle che cambiamenti avete notato?
La metro, molte coppie di giovani professionisti che si sono trasferite nel quartiere e un aumento del numero di attività legate alla gastronomia.

Quello che è successo a Centocelle è un po’ emblematico di un cambiamento che c’è stato in tutta Roma, con un esplosione di nuovi bar e nuovi ristoranti che sono diventati un traino per l’economia della città. Che ne pensate e come vi ci ritrovate in questa situazione, voi che siete una realtà sostanzialmente “piccola”? Senza troppi giri di parole, c’è da fronteggiare la concorrenza di investimenti che a volte sono veramente ingenti.
Una realtà piccola come la nostra ha pregi e difetti molto ben definiti e rischi differenti: pochissimi dipendenti, non ci sono sostituzioni se uno ha un’influenza etc. Però hai più controllo su tutto, riesci a dare dei risultati che posti più grandi difficilmente riescono a dare. Per fronteggiare la concorrenza la nostra unica arma è proprio questa: MAZZO è un posto unico, impossibile da replicare perché si regge su equilibri tutti suoi e questo è l’unico modo che abbiamo per rispondere al fuoco.

Resterete ancora a Centocelle o avete intenzioni di spostarvi? O magari aprire anche una seconda sede.
Siamo cresciuti a Roma Est, qualcosa bolle in pentola, ma sarà una lunga cottura.

Tornando ai fornelli, come scegliete i piatti che poi finiscono nel menu? Ci sono lunghe sessioni di assaggio?
I piatti che inseriamo nel menù vengono scelti in base a quello che comunicano: se esprimono la nostra identità vanno bene, altrimenti sono un piatto qualsiasi in un ristorante qualsiasi. Le sessioni di assaggio sono sostanzialmente brevi, tranne per i piatti più semplici, come la pasta al pomodoro o il pollo fritto, che devono risultare un vero e proprio “punch in the face”: essendo potenzialmente patrimonio di tutti, devono essere piatti inattaccabili, a partire dalla materia prima, passando per la tecnica di realizzazione e finendo con l’impiattamento. Ci fidiamo ognuno del giudizio dell’altro.

Quali sono gli ingredienti con cui preferite lavorare? Dai piatti che ogni tanto compaiono sui vostri social si evince una certa passione per il quinto quarto e le parti meno nobili degli animali…
Ahia… Sì, in effetti ci piacciono i sapori forti. Vuoi mettere una lingua di un bel manzo piemontese con la salsa verde contro la bistecchina di vitello? In generale amiamo lavorare con tutto ciò che è davvero fresco, stagionale e di cui sappiamo la provenienza certa. Nello specifico, ci concentriamo molto sul riutilizzo di alcune parti “della bestia” che negli ultimi anni erano state lasciate un po’ in secondo piano o addirittura quasi scomparse. Dal pannicolo di manzo alla pajata di vitello, tutte le trippe del bue e tanti altri tagli secondari che, se saputi cucinare, non risultano né pesanti né forti.

Quali sono gli ingredienti più ostici o assurdi che vi è capitato di cucinare?
L’esperienza più ostica e anche abbastanza assurda che ricordiamo risale a un bel po’ di anni fa. Lavoravamo in un paesino in Maremma, un agricoltore chiamò la nostra chef per dirle che aveva abbattuto un cinghiale che si era introdotto nella sua proprietà. Dopo un paio d’ore ci siamo ritrovati in questa casetta di legno in mezzo ai campi con questo cinghiale enorme legato al soffitto. All’inizio l’abbiamo vissuta un po’ come uno snuff video, poi ti rendi conto che la cucina è anche questo. Un cuoco dovrebbe sapere come si accende un fuoco in mezzo a un bosco, come si pesca, come si caccia: si dovrebbe ripartire da lì.

Riuscite ad andare al mercato quotidianamente a fare la spesa?
Da un anno a questa parte la spesa di tutti i giorni avviene attraverso i nostri fornitori e per gli ordini utilizzano mail e whatsapp. Lo sappiamo, è molto meno romantico, ma a monte c’è un lavoro di selezione che facciamo comunque sul posto, periodicamente.

Preferite preparare i piatti di carne o quelli di pesce?
Lavorare pesce di livello a Roma non è facile, sia per i prezzi che per quello che arriva nei mercati rionali, ma ci stiamo riuscendo. Anni fa abbiamo lavorato in altre città d’Italia dove il mercato ittico era di primissima qualità e quello è rimasto il nostro standard. Per la carne ci affidiamo principalmente a Roberto Liberati e possiamo dire con certezza di lavorare con aziende serie. Quindi ci piace lavorare tutto, basta che sia buono e sano.

I primi o i secondi?
Non abbiamo preferenze.

I crudi o le cotture lunghe?
Sono due cose completamente diverse, ci piace esprimerci con tutti e due. Fra i crudi, in assoluto amiamo fare quello di pecora. Invece a lunghe cotture siamo messi peggio: abbiamo fatto duemila piatti con lunghe cotture dall’apertura a oggi, vedi, su tutti, genovese tradizionale e di pannicolo, pancia, lingua o la terrina di coda con giardiniera e salsa verde.

Quando non siete ai fornelli in che ristoranti vi piace mangiare qui a Roma e in quali bar andare a bere?
Ne diciamo solo alcuni dai, non sono mica pochi! Sora Maria e Arcangelo, Retrobottega, Sonia, Farinè, Artisan Pub, Pizzarium, Trapizzino e Mordi & Vai a Testaccio, Vigneto, Caffè Sospeso, Mezzo, il Sorì. Purtroppo siamo orfani di Primo al Pigneto e del DalVerme.

A proposito di bevande, i vini in carta li scegliete voi o c’è qualcuno che vi cura la carta?
Scegliamo noi con l’aiuto di Antonio (il responsabile di sala, nda), che ci dà feedback minuto per minuto su cosa gradiscono i clienti.

La passione per il gin, invece, quando e come nasce?
Eh… Nasce tre anni fa circa da una sana dipendenza da Gin Tonic e Martini Cocktail. Per un anno intero, cinque giorni su sette, appena chiuso MAZZO andavamo a bere e quindi abbiamo assaggiato di tutto. Così abbiamo pensato di creare un gin corner e ora abbiamo più di 20 gin in carta. E poi il gin è il distillato più gastronomico che si possa bere.

Tra i tanti piatti serviti da MAZZO in questi anni ce n’è uno a cui siete più legati?
Marco: La quaglia.
Francesca: La pancia, il ceviche di manzo e il crudo di pecora.

Uno che invece considerate totalmente rappresentativo della vostra filosofia di cucina?
In realtà negli anni ce ne sono stati molti, forse addirittura tutti hanno avuto la loro importanza, ma facciamo così, ora ne scegliamo uno solo: Lingua, uovo e salsa verde. È un piatto apparentemente semplice, ma che richiede molta precisione nella preparazione.

Un post condiviso da Mazzo (@mazzo_roma) in data:

Il piatto che in assoluto preferite preparare?
Marco: Io amo la pasta fresca e tutte le preparazioni che richiedono molto tempo.
Francesca: Il caffè a casa. Non è un piatto, lo so. Per il resto mi piace cucinare tutto, anche se smontare pesci, polli, abbacchi etc. è un po’ una droga.

Quello che preferite mangiare?
Marco: Il pollo fritto, i tortellini e il cheeseburger del Mc.
Francesca: Tutto il cibo cinese, spaghetti al pomodoro e il timballo di pasta al forno. Ma ogni giorno ho una fissa nuova, anche se il cibo cinese è una costante.

Uno strumento senza il quale non potreste cucinare?
I nostri coltelli, la bilancia e le pinze lunghe.

Cosa non deve mancare mai nella cucina di MAZZO?
La musica, l’aglio e l’olio buono.

A proposito di musica, se doveste riassumere MAZZO in cinque canzoni o cinque artisti?
Stai per entrare in una valle di lacrime. Da accaniti ascoltatori di musica potremmo metterci ore per rispondere. Facciamo i primi cinque che ci vengono in mente: Thelonious Monk, Snoop Dogg, The Beastie Boys, Kyuss, The Greatful Dead.

Tra i tanti giri culinari fatti in questi anni al di fuori di Roma, c’è una città o una regione che più vi ha colpito?
Ci affascina ogni luogo, la tradizione culinaria di ogni paese è importante e vorremmo viverle tutte. Il Delta del Po ha lasciato sicuramente il segno: il mare, la laguna, il fiume, pesci gatto, anguille, folaghe, fischioni, lepri, fagiani… Una realtà variegata e molto interessante.

Le ultime domande sono per l’evento con cui festeggerete i 5 anni: potete raccontare come sarà?
Assolutamente no, è segreto! Possiamo anticipare che sarà una festa e non una classica cena. Ci saranno tanti guest sia per il food che per il beverage, questo è sicuro, fra loro fornitori storici di MAZZO, amici e colleghi. Oltre che alla parte gastronomica, abbiamo lavorato alla grafica e alla comunicazione, creando per l’anniversario una busta sorpresa che contiene contributi “mazzocentrici” creati da noi e da artisti come Scarful e Sparla: Scarful per l’immaginario, nel quale ci siamo sempre rispecchiati – infatti è uno dei nostri tatuatori di fiducia – Sparla perché con i suoi sticker è una presenza storica nelle strade di Roma e di Centocelle. Dopo anni di ristorazione tradizionale abbiamo pensato di festeggiare tornando lì dove tutto è iniziato: organizzando un evento di underground dining.

Sarful si arrabbia se ci rivelate il suo piatto preferito?
Scarful se magna tutto, pure i serci.

La grafica è stata da sempre uno dei tratti distintivi di MAZZO: è una passione che avevate anche prima dell’apertura?
Assolutamente sì. Per me era anche un lavoro prima (Francesca, nda) e l’illustrazione è una passione che ho coltivato sin da piccola. Comunicare per immagini è la cosa più immediata che puoi fare ed è uno dei punti cardine della street culture, dalla quale veniamo. Prima di MAZZO l’avevamo anche messa nel nostro live itinerante The Gastronauts Italian Project: musica, cucina e illustrazioni. Era il 2006.

Se doveste invece usare solo cinque parole per descrivere MAZZO?
Incubatore. Improvvisazione. Calore. Essenziale. Unico.

A proposito, ma il nome MAZZO da dove viene?
Marco ha proposto questo nome perché suonava bene, gli piacevano le lettere ed era corto. Come fosse una tag.

Chiudiamo con un aneddoto: il cliente più assurdo che avete avuto in questi primi cinque anni?
Ne abbiamo un po’… Nancy Silverton, gli interior designer della Casa Bianca, Aziz Ansari, The Alchemist, Meyhem Lauren e Action Bronson. Questi sono quelli famosi in modo assurdo, ma ne mancano tanti che non vogliamo rivelare per rispetto della loro privacy. Poi quello che succede da MAZZO rimane da MAZZO!