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Paolo Sanna

"Penso che la miscelazione, se presa seriamente e se fatta bene, sia una delle basi principali del lavoro dei bar. Ci sono le mode, ma le mode passano, ci saranno sempre i drink, ma spero che il bere bene prevalga sulle mode."

Scritto da Nicola Gerundino il 17 febbraio 2015
Aggiornato il 21 marzo 2017

Data di nascita

5 marzo 1976 (48 anni)

Luogo di nascita

Roma

Attività

Bartender

Mixologist e addetti ai lavori lo citano spesso come uno dei posti dove hanno piacere di bere quando non sono in servizio. Per raccontarvi la storia del Banana Republic, abbiamo chiamato in causa colui che ha messo la quarta al suo bancone, facendo dei cocktail un punto di forza: Paolo Sanna.

ZERO: Come ti chiami e quando sei nato?
Paolo Sanna, nato a Roma il 03/05/1976.

Quando hai iniziato ad avvicinarti al mondo della miscelazione?
Ho iniziato a lavorare al Banana Republic quando avevo 20 anni, quindi nei 90, quando a Roma non c’era una grandissima cultura sulla miscelazione. Ho iniziato ad appassionarmi a questo mestiere proprio in questo locale.

Ti ricordi il primo cocktail che hai preparato? Era buono?
In quegli anni andavano molto di moda l’Havana 7 e il Pampero. Ho preparato un Cuba Libre con Havana 7 e tre cubetti di ghiaccio, tanto rum e poca cola, come mi aveva chiesto il cliente, che mi rispose: «Bravo pischello! Farai strada». Sicuramente per me non era buono, ma nel ’96 era così.

Ci racconti la storia del Banana Republic e di come sei arrivato al suo bancone?
Nel 1993 tre fratelli aprono uno dei primi pub del quartiere Prati: Mizzi, Brambro e Titti. Un locale completamente diverso dalle birrerie del tempo che proponevano quasi esclusivamente birra, panini e patatine. Il Banana si distingueva per l’ottima cucina, al tempo romana e non solo, le ottime birre, una bella lista di vini e distillati, e qualche drink classico. Il tutto in un ambiente ospitale e informale, dove si può mangiare bene fino a tarda notte. Io arrivo dopo un po’. Inizio facendo la vera gavetta di una volta: da portapiatti a cameriere a direttore di sala e del personale. Poi inizia la mia passione per la miscelazione e da lì il mio percorso di studio: varie scuole, il flair, la merceologia, lo studio dei prodotti, tanti seminari e diversi viaggi. Insomma, ero deciso a fare un cambiamento e a credere che il banco del Banana Republic potesse trasformarsi in un vero cocktail bar. Nel frattempo il locale aveva già compiuto 14 anni ed era il momento di rinnovarlo. Così, dopo una splendida ristrutturazione, sono entro a far parte del gruppo – ormai ero come un quarto fratello. Nasce il nuovo Banana Republic, cocktail bar e ristorante, con il bancone che diventa un punto di forza.

Banana Republic

Ci racconti la carta dei drink?
Dopo tanti anni di ricerca, studi e seminari sui drink classici, sui punch, sugli home made, su libri impossibili da tradurre; dopo viaggi dove l’obiettivo primario erano i bar e i drink, piuttosto che fiere e bar show, ho capito che una cosa molto importante per me era la riscoperta della liquoristica italiana, degli usi e costumi, della musica, dell’abbigliamento, del cinema, della cucina, eccetera. Tutto questo mi ha portato a studiare una carta “In Perfetto Stile italiano”, che adesso si può trovare al Banana fissa, e che ogni mese propone nuovi drink classici reinventati con prodotti esclusivamente italiani. Inoltre, ogni lunedì al Banana c’è una serata chiamata, per l’appunto, “In Perfetto Stile Italiano”, dove abbiamo ospitato i migliori bartender e bar italiani.

Al Banana si bevevano buoni cocktail prima che la ricerca sul drink esplodesse in tutta Roma: pensavi che si sarebbe arrivati a una tale diffusione?
Penso che la miscelazione, se presa seriamente e se fatta bene, sia una delle basi principali del lavoro dei bar. Ci sono le mode, ma le mode passano, ci saranno sempre i drink, ma spero che il bere bene prevalga sulle mode. Sono molto felice di questa diffusione della miscelazione perché il fermento porta a crescere e migliorare. E a tal proposito il mio ringraziamento va ai ragazzi del Jerry Thomas Project, che a Roma sono stati un caposaldo di questo movimento.
sanna

Che cocktail consiglieresti di provare a chi viene per la prima volta al Banana?
Quello che faccio abitualmente con ogni cliente nuovo è fargli delle domande per capire i suoi gusti per poter lavorare su un drink specifico per lui, ognuno ha il proprio gusto e il proprio palato. Però, se mi chiedono la mia specialità, vado diretto con una buona coppetta classica, rivisitata “In Perfetto Stile Italiano” con un ingrediente fondamentale che è la mia passione ed è il single malt scotch whisky.

Il cocktail che preferisci bere?
Quando vado in altri bar provo un drink consigliato dalla casa, ma poi bevo Scotch & soda e Gin & tonic.

Quello che preferisci preparare?
Amo sperimentare, non ho un drink preferito da preparare, adoro preparare le cosiddette coppette “da caminetto”, cioè da degustazione.

Ci dici cinque locali dove ti piace andare a mangiare quando non sei al bancone del Banana?
Sono un amante della cucina e mi piace cucinare, quindi quando sono di riposo o cucino io oppure vado a mangiare sushi. Vado pazzo per il sushi e a Roma posso consigliare Zen Sushi, Sushisen e Hamasei.

Un luogo, o anche più di uno, che consiglieresti per appassionarsi definitivamente all’arte della miscelazione?
Ci sono tantissimi bravi colleghi a Roma, anche nuovi locali dove si beve bene, ma l’unico che cito è il Jerry Thomas.
Giro di shot: intervista con Paolo Sanna