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Trippa

Via Giorgio Vasari 3, Milano

di Sibilla Zandonini

Lo so che tutti hanno la mamma/nonna/zia più brava d’Italia a cucinare, da nord a sud ogni cuoco dello stivale deve lottare con l’attaccamento atavico dell’italiano alla cucina di casa, e non una casa qualunque: ognuno la sua. Si può dunque pensare di vincere questa sfida?
Ci provano Diego Rossi e Pietro Caroli con la loro Trippa, trattoria vecchio stile, ma molto social.
La genuinità del progetto di questi due ragazzi “che ci hanno voluto credere” mi ha conquistata fin da subito. Io che in cucina ci lavoro quando esco dalle quattro mura del mio ristorante cerco solo il calore di una casa, con la possibilità di non dover lavare i piatti alla fine. Ecco la casa perfetta: c’è il balcone (marciapiede) in cui rilassarsi le sere d’estate a chiacchierare con gli amici, l’amaro in una mano e le risate a riempire il silenzio di Milano. E poi c’è il salotto con caminetto (mannaggia manca solo quello alla mia sala!) in cui trascorrere le ore scoprendo la cucina delle nostre radici.
Diego, veneto verace con vizio di fotografarsi con il pesce in mano (d’altronde lo fece anche Cracco), ha passato quindici anni nelle cucine di grandi ristoranti gourmet e ora si diverte mettendo la tecnica al servizio del gusto. Un bravo cuoco si riconosce soprattutto quando sa esaltare le materie prime senza contraffarle, così il suo vitello tonnato è già una leggenda meneghina, ma io continuo a preferire la battuta di fassona piemontese di Martini con nocciole, tanto semplice quanto da bava alla bocca assicurata. Poi ci sono le zuppe con erbe antiche e ovviamente le frattaglie in ogni salsa, se la trippa fritta vi sembra troppo banale chiedetegli di stupirvi con matrice o lampredotto. O se si preferiscono i grandi classici, ogni giovedì gnocchi e tiramisù a chiudere. A seconda dell’offerta del mercato ogni giorno si trovano piatti speciali, che è un peccato farsi scappare, anche perché spesso sono riservati ai primi clienti furbi che se ne accaparrano una porzione.
In sala Pietro è sornione, disponibile a consigliare senza calcare la mano e sempre pronto a contenere l’estro veneto quando a fine cena lo chef inizierà ad animare la sala.
E chi non si accontenta del buon cibo troverà il giusto apporto alcolico dall’aperitivo col vermouth italiano, fino al dopocena a base di gin tonic defaticante.

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