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Star Wars: a musical journey

3/6/2015, Auditorium di Milano Fondazione Cariplo Largo G. Mahler • Milano

di Emilio Cozzi

Fu un disastro. Tanto che sua moglie, Marcia – ai tempi astro del montaggio hollywoodiano – uscì dalla sala piangendo. In effetti, durante la lavorazione di Guerre stellari, George Lucas stava rischiando tutto. Rovina finanziaria e infarto compresi. Stava investendo ogni dollaro rimastogli e tutta la sua credibilità di giovane autore per quel film di cui ora mostrava un montaggio preliminare ai boss degli Studios, alla moglie e agli amici di sempre, Brian De Palma, Martin Scorsese e Steven Spielberg (l’ex socio Francis Ford Coppola non era più gradito da quando aveva smesso di pagare le bollette della fu impresa comune). I boss degli Studios – tutti tranne uno – andarono in subbuglio al minuto 2. Quella roba sembrava Il mago di Oz fatto male. Ma il primo a sbottare sul serio fu Scorsese. Cominciò a chiedere ad alta voce cosa fosse “la Forza”. Nulla rispetto alle risate – dal terzo minuto, circa – di De Palma. Addirittura diventate un raglio alla comparsa di Darth Vader e della principessa Leia: «Questo sarebbe il tuo cattivo? Ma soprattutto lei cos’ha in testa?». I boss – tutti tranne uno – non abbandonarono la sala solo per educazione. Marcia la lasciò fra le lacrime. Scorsese diede una pacca sulla spalla dell’amico in rovina. De Palma non smise di percularlo nemmeno accese le luci. Al solito, George non reagì. In fondo era dal primo giorno di riprese che le cose andavano male. Sul set anche gli attori – Ford e Fisher in primis – si davano di gomito quando entrava. Si limitò a tagliare 20 minuti di film, finì di montarci gli effetti speciali – eh, sì, mancavano, caro De Palma – e aggiunse l’ultimo dettaglio: la colonna sonora di John Williams, fresco di Oscar per Lo squalo. A Williams, George aveva commissionato qualcosa fra Il mago di Oz, appunto, e Flash Gordon. John aveva affittato la London Symphony Orchestra per 12 giorni, preferito rifarsi a Debussy, Korngold e Cicognini e in piena primavera era tornato con quella che l’American Film Institute oggi considera la musica da film più bella di sempre. Dura non essere d’accordo, soprattutto se – come stasera – se ne ascolteranno tutti i brani in versione originale eseguiti dal vivo – dalla Verdi – con la prima direzione assoluta del pianista Simone Pedroni. E con contorno, in costume, dei figuranti della 501 Italica Garrison e della Rebel Legion Italian Base. A proposito, Spielberg dopo la proiezione prelimare si era avvicinato a Lucas: «Scommettiamo che il film supererà i 100 milioni, George?». Rimaneva quell’ultimo boss degli Studios, Alan Ladd Jr., in fondo il capo da cui tutti gli altri, gli schifati, dipendevano. «Se al ritorno di Han Solo scatterà l’applauso, di questo film non ci dimenticheremo facilmente» sentenziò. Due mesi dopo, al debutto in sala, la folla applaudì all’entrata del lungo incrociatore imperiale. Poco dopo i titoli di testa. Due ore prima del ritorno di Han Solo. E con l’orchestra di John Williams ancora in sottofondo. Ladd e Spielberg se lo ricordano ancora. E anche Marcia. Per decenni, fu il più grande successo del cinema.

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