Chi la ferma, Arooj Aftab? Chi mai ci riuscirà? Di certo non il chiacchiericcio del mondo, il vociare di sale da concerti o da riunioni, la distrazione delle paura che rappresenterebbe l’antagonista naturale per un’arte così delicatamente puntuale. Perché nel suo tratteggiare grande musica, ciò che rende straordinaria Aftab è la sua capacità di cantare il silenzio, recitandolo come fosse una poesia, inserendolo come una strofa in canzoni che adottano la forma dei ghazal al solo scopo di abbandonarla.
È così che Aftab si getta come una palombara nelle profondità più insondabili, nelle oscurità della morte, della notte, dell’amore. Inarrestabile. Di certo non la fermerà l’orecchio monodimensionale dell’Occidente, per il quale la musica di Aftab, nata in Arabia Saudita da una famiglia pakistana e trasferitasi ormai da 20 anni negli Stati Uniti, è principalmente un prodotto esotico. Arooj Aftab è in realtà una straordinaria autrice di musica pop, dove con pop dovremmo indicare Cole Porter o Billie Holiday, continuando a guardarci l’ombelico, o altresì Begum Akhtar (che Aftab stessa definisce la sua Billie Holiday) o Hariprasad Chaurasia.
Un’autrice pop dalla creatività e dall’energia inarrestabili, la cui poetica non è più soltanto un ponte tra più mondi, ma proprio un mondo nuovo, in cui convivono tradizione e futuro, individualismo e divertimento. E una volta che lo si è plasmato un mondo non si può distruggerlo, al massimo solo rovinarlo. Per questo Arooj Aftab non la ferma nessuno, perché anche con tutte le luci e tutti i rumori non si possono fermare la notte e il silenzio: hanno sempre qualcosa da dire.
Scritto da Filippo Cauz