Copiare è creare. Questo è sempre stato un fatto acclarato nel mondo artistico, fino all’avvento delle avanguardie che hanno imposto il dogma dell’originalità assoluta. Retrospettivamente abbiamo poi applicato l’orrore per la copia all’intera storia dell’arte, ma in questo modo abbiamo perso la comprensione del lavoro di bottega, del senso delle collezioni, delle libertà che il mondo premoderno si prendeva nella manipolazione degli oggetti d’arte antichi e moderni, ricomponendoli nei modi più barocchi. Soprattutto non capiamo niente dell’arte antica, dove la copia era un fenomeno così totalizzante che la riproduzione non era legata solo allo scopo di diffondere una forma esotica o più antica, ma gli stessi autori producevano in maniera seriale le statue o i dipinti.
Con una bellissima sequenza di discoboli e veneri accovacciate, penelopi e cariatidi dell’Eretteo di Atene, apolli di Kassel colorati di arancione e di bronzo e una sezione sulla tecnologia del calco in gesso, Salvatore Settis e Anna Anguissola mostrano in modo definitivo come i multipli e le serie siano stati il motore fondamentale dell’invenzione artistica decine di secoli prima dell’industria, di Benjamin, di Warhol, di Cattelan e di Sturtevant.
Scritto da Lucia Tozzi