Dice Sarah sul ruolo dell’artista: “Dovrebbe essere una sorta di mago, capace di spostare le prospettive, idealmente con un fine emancipatorio e critico nei confronti del sistema sociale. Io, ad esempio, lavoro molto sulle ideologie occidentali, i valori e i modelli di percezione”. E quando si tratta di percepire in maniera altra le cose, spesso e volentieri entrano in gioco le droghe, intese da Sarah come qualcosa di sciamanico ed esperienziale. Non a caso uno dei suoi lavori più chiacchierarti ha coinvolto il Berghain, dove ha raccolto per diversi giorni le urine dei clubber – in quanto lascito degli stati di e(c)stasi da loro provati – e, contemporaneamente, ha invitato gli astanti ad asciugarsi il viso su dei panni di stoffa trattati poi chimicamente per rivelare forme e colori delle sostanze sudate. Qui a Roma porterà alcuni lavori che vanno in questa direzione: un mantello da sciamano sui cui sono dipinti dei riferimenti a “Guerre stellari”, in un cortocircuito di valori e simboli; installazioni e fotografie. Un’artista da tenere d’occhio. O con cui fare serata nel week end.