Anche i padri e le madri soffrono. Ma come ci sentiamo, noi, bambini, di fronte al dolore di chi crediamo non possa mai essere scalfito? Il senso di impotenza dei figli nei confronti di genitori infelici è il cuore del nuovo testo di Lucia Calamaro, “Da lontano”. Il genitore in questione è, come spesso nei lavori dell’autrice e regista romana, la madre. Una madre umanissima nei suoi dispiaceri e nelle sue tribolazioni, ma la cui tristezza si riversa come uno tsunami nell’animo della figlia.
In scena c’è una donna cresciuta, interpretata da una potentissima Isabella Ragonese, una figlia diventata terapista e ora decisa ad aiutare la madre e, al contempo, pronta a scrollarsi di dosso l’angoscia delle mancanze passate. Un dialogo-monologo profondo, toccante, che analizza il senso di colpa filiale, trasformato col tempo in una zavorra esistenziale. Metabolizzare la propria involontaria inettitudine, che sia da figlia o da madre, può essere straziante e richiede una buona dose di sostegno e autoassoluzione. La pièce ci accompagna con cruda bellezza in questo difficile e delicato processo, alla ricerca di liberazione.
Scritto da Emilia Agnesa