Incendio Doloso ha un titolo che sembra dire già tutto e obbliga a pensare quel che vuole lui. Quel baluginio di fiamme che fa correre freneticamente le ombre, quel baluginio improvviso, troppo veloce e frettoloso che prima di tutto spaventa, ma anche quel baluginio che subito fa intendere il dolo. Qualcuno di avverso ha appicciato il fuoco. Un nemico invisibile ha dato alle fiamme. L’immagine è violenta: non c’è dialogo ma soltanto incenerimento. Ogni parola è data alla cenere, si bruciano immagini e luoghi, e il bruciore del fuoco altro non è se non l’intenzione ad annichilire, alla scomparsa.

Ci sembrano questi i presupposti da cui partire per raccontare Incendio Doloso, il libro risultato dall’omonimo progetto fotografico di Lorenzo Li Greci. Scattato interamente a Milano, con un vissuto in retroscena che si muove tra le crew del writing, con quella topografia di rovine, cantieri, reti metalliche e treni, il libro è una specie di viaggio diaristico per fotografie che tratta l’immagine come una fiammata: scatti che vanno e vengono a una tale velocità che è praticamente impossibile soffermarsi su l’una o sull’altra, e risulta più semplice prenderle per intero. Vien da pensare che qui le fotografie abbiano qualche cosa a che vedere con i meccanismi della memoria, del come si ricorda – che come si sa sono immagini che passano come saette e soltanto ogni tanto lasciano un segno. Le immagini sono così macerie: già e sempre cenere, il residuo di qualcosa che è passato ed è bruciato altrove, in un altro momento e in un’altra vita.

Un racconto per baluginii e sobbalzi, sospiri, per cui guardare e parlare per immagini, per cui portare alla memoria, è forse un atto doloso: qualcosa viene sempre dato alle fiamme.  Bisogna quindi trattenere il fiato fintanto che la brace non è spenta e ogni immagine consumata.