Il monologo di Mauvigner (tratto dal racconto “Quello che io chiamo Oblio”) è una storia di indignazione e di pietà, un flusso di parole che restituisce allo spettatore tutta la crudezza e crudeltà di cui è capace il genere umano. Un uomo entra in un supermercato in una città francese e viene bloccato da alcuni addetti alla sicurezza per aver tentato di rubare una lattina di birra.
Questo sarà l’incipit della storia e allo stesso tempo la fine per quell’uomo. Il regista Roberto Andò ci guida attraverso la voce, il corpo e la potenza di Vincenzo Pirrotta negli angoli più remoti della grettezza umana, nel cercare di trovare un senso all’oblio nel quale non solo il protagonista ma tutti i protagonisti di molte storie simili e diverse finiscono, mentre chi resta cerca di trovare un senso (esiste davvero?) o un motivo per andare avanti, comprendere o giustificare. Un ritratto agghiacciante di come a volte la “banalità del male” esista e resista, annidandosi in posti che spesso frequentiamo e su cui volgiamo il nostro sguardo con poca attenzione.
Scritto da Andrea Di Corrado