Se questi muri potessero parlare, racconterebbero di feste incredibili, morti ammazzati e giochi di potere. Ci sono passate le famiglie più potenti di Roma, a cominciare dai Pamphilj, che la costruirono nel XVII secolo. Poi vennero i Colonna, fino al 1806, quando la tenuta diventò proprietà di Giovanni Torlonia che ne affidò il restauro a Valadier. Ebbe allora inizio una fase di deliro acuto, durante la quale spuntò di tutto: la Capanna Svizzera, l’anfiteatro, il caffè-house, i finti ruderi e due obelischi alla memoria degli avi (avranno apprezzato?). Negli anni Venti, poi, la villa diventa la residenza del Duce che, in uno slancio di italico umorismo, per tutta la baracca decide di pagare una lira all’anno di affitto. Qualche anno dopo, eccolo a costruirvi dei bunker sotterranei, mentre donna Rachele sistema gli orti di guerra. 25 Aprile, decadenza, restauro e nascita del complesso museale, poi aperto al pubblico, con la Scuola Romana (Ziveri, Guttuso, Vespignani) nella Casina Nobile e il Museo della Vetrata nella Casina delle Civette. E, ancora, i saloni, i mosaici, il laghetto con i pesci rossi. Per arrivarci bisogna affrontare la Nomentana e i suoi incroci infiniti.