Dune, diretta da Maria Luisa Frisa, è monotematica e dedica il primo numero alla dark room: «intesa nella sua accezione di luogo d’incontro in cui si sperimenta la promiscuità e, nello stesso tempo, di luogo in cui agisce il fotografo. Ma anche il luogo buio, il deposito dove si conservano oggetti e manufatti. Lo spazio oscuro della creazione […] o un pretesto per interpretazioni più astratte e cerebrali: la dark room come paradigma espositivo che coabita con letture più immediate e fisiche, che accoglie l’identità fluida e queer nell’esperienza del clubbing».
La rivista è un saggio accademico multi-autore. La dark room viene analizzata come luogo di registrazione e produzione di realtà
La rivista è un saggio accademico multi-autore. La dark room viene analizzata come luogo di registrazione e produzione di realtà, atmosfera dove si attivano sensibilità particolari, luogo della fluttuazione dei confini corporei e vestimentari. Ogni contributo mette in sequenza passaggi autoriali e campionature estratte dai riferimenti bibliografici. Il ruolo delle fotografie passa da quello espanso che prende la forma di saggio visivo fino a contrarsi in miniatura nella struttura dei paragrafi dei saggi. Il ritmo del montaggio complessivo è una delle caratteristiche della rivista, sostenuta dal progetto grafico di Think Work Observe.
Nel mio contributo non sono rimasto sulle possibilità di questo spazio nero, scegliendo di uscire in un parco, il Giardino Eden alla Giudecca. Il giardino era stato incluso in Cruising Pavilion, mostra dedicata alla appropriazione di spazi semi-pubblici dedicati alla ricerca di partner sessuali da parte della cultura LGBTI, perché caricato dalla tensione erotica espressa da Rainer Maria Rilke, Henry James, Marcel Proust e Jean Cocteau, che lo avevano scelto come luogo di incontri tra la Belle Époque e la Seconda guerra mondiale. Nel saggio breve seguo una tradizione poetica per cui un pomeriggio naturale può essere anche una condizione pericolosa e suggerire una gamma di pratiche di esposizione e coinvolgimento che usano luminosità e penombra.
La necessità di un gruppo di autori di produrre contenuti complessi che usano integralmente il campo espressivo che si stabilisce tra argomenti aperti e luminosi e altri compressi e scuri
Questo sembra anche il gradiente attraverso cui Dune supera i fascini specifici del tema scelto, degli oggetti e delle pratiche della promiscuità, per presentare – in un primo numero – la necessità di un gruppo di autori di produrre contenuti complessi che usano integralmente il campo espressivo che si stabilisce tra argomenti aperti e luminosi e altri compressi e scuri. Il sentimento condiviso dal comitato editoriale (Marta Franceschini, Saul Marcadent, Gabriele Monti) sembra essere la definizione stessa di contenuto complesso: interpretazioni che pure espresse chiaramente devono mantenere una vibrazione ambigua e pericolosa.
Per il secondo numero, Dune invita a proporre contributi sul tema Manifesto e sulle sue possibili relazioni con le culture progettuali e visuali, su questo link.