Chiese, preti, arte e arte di arrangiarsi, inventiva, luce, stupore. Oltre a essere bello, il lavoro che Gianmaria De Luca sta realizzando da qualche mese a questa parte nella Chiesa Nuova di Corso Vittorio Emanuele II è un breviario della città: c’è tutto quello che una persona immagina di poter associare a Roma, nel bene (tanto) e anche un po’ nel male. Gianmaria ha 34 anni e parecchi li ha spesi all’estero. Poi si è ritrovato qui durante la pandemia e il primo lockdwon e qui è rimasto a lavorare. Non con il massimo dell’entusiasmo confessa, perché qui chi fa a arte – che sia figurativa, video o fotografica – non è che viene preso subito il serio, né tantomeno remunerato per quel che merita: “sì ok, ma di lavoro che fai veramente?”. Ecco, quelle frasi lì.
Poi, d’improvviso, diversi tasselli che camminavano paralleli si sono finalmente ricongiunti in un puzzle e hanno generato un’idea. Mesi passati a guardare fuori dalla finestra o verso il soffitto, una città vissuta negativamente, da liberi professionisti prima e da cittadini imprigionati poi, il ritorno nel luogo di nascita, la riscoperta del proprio passato fino ad arrivare al primo sguardo, alla prima volta che gli occhi si sono aperti e hanno visto questa città. Trasformare la sua architettura in camera oscura e imprimere su pellicola la sua luce, quella sì, sempre stupenda. “Roma: Camera Oscura”. Non solo un’idea artistica, ma anche la dimostrazione che in una città fatta di sabbie mobili un progetto, anche se difficile, può essere realizzato. “Con tenacia, perseveranza e le persone giuste al tuo fianco si riesce a fare tutto”, dice Gianmaria.
E la camera oscura è stata trovata forse in uno dei luoghi più impensabili: il tetto della Chiesa Nuova, scrigno troppo spesso dimenticato che custodisce opere di Rubens e di Pietro da Cortona e fa parte di un complesso in cui c’è anche lo storico Oratorio di San Filippo Neri – al quale la chiesa fu affidata a metà XIV Secolo circa – e la Biblioteca Vallicelliana – il nome originario dell’edificio è infatti Santa Maria in Vallicella.
E se pensate che riuscire a trovare uno spazio tramite intercessione clericale sia stata la parte più difficile, sappiate che vi sbagliate, perché Gianmaria non ha camminato su e giù lungo la volta della navata centrale per stampare delle vedute di Roma in formato cartolina. Se si pensa in grande, si stampa in grande: non centimetri, ma metri di carta fotografica gelatinosa, appoggiati meticolosamente sopra una sorta di cavalletto gigante autocostruito di quasi nove metri per quattro e mezzo. In più, uno studio tanto artigianale quanto attento della luce e dei tempi d’esposizione, in modo da ottenere immagini pulite, nitide, con una defezione alta e soprattutto senza bruciature da sovraesposizione – quindi sì, immaginate Gianmaria e altre persone fare ombra sulla carta con superfici ritagliate improvvissando e poi arrotolare tutto di corsa per andare a sviluppare dei “rullini” di dimensioni industriali.
Il risultato è stupefacente, perché è difficile credere che da un foro quasi minuscolo possa arrivare una luce tanto potente da imprimersi su diversi metri quadri di pellicola. Le immagini finali, inoltre, sono in bianco e nero e sono a testa in giù, proprio per restituire la naturalezza del processo fotografico, perché è così che gli occhi umani funzionano, ci pensa poi il cervello al “raddrizzamento” definitivo e in tempo reale. Come è facile intuire, aprire il tetto di una chiesa secolare e permettere di camminarci a un gruppo, seppure ristretto, di persone non è un qualcosa che si possa fare quotidianamente, ci sono comunque dei giorni in cui è possibile partecipare a delle visite guidate, vedere le immagini scattate e farsi raccontare tutte le fasi del lavoro – nonché sbirciare la città dall’alto e vedere degli scorci interni della Chiesa Nuova altrimenti imperscrutabili. Tenete quindi d’occhio il profilo Instagram @gianmaria.deluca o il sito gianmariadeluca.com, perché lì avrete sicuramente notizia delle prossime visite e anche delle prossime tappe del progetto. Gianmaria ripete spesso che senza l’aiuto manovale (e non) di suo padre, Maurizio, cosi come dei suoi collaboratori e di Padre Maurizio, non sarebbe mai riuscito a realizzare tutto questo. Roma: nel bene e nel male.